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L'intervista

Gori: “Sondaggi confortanti, in Lombardia partita difficile ma giocabile”

Il 2018 sarà l'anno che lo vedrà di nuovo scendere nell'arena elettorale. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori batte già i territori più remoti della Lombardia. Ha in mano dei sondaggi che definisce "Confortanti". Sarà una "partita difficile, ma giocabile", come la definisce e spera di vincerla per una regione che oltre all'efficienza e alla laboriosità, sappia "fare meglio" anche "nell'inclusività".

Il 2018 sarà l’anno che lo vedrà di nuovo scendere nell’arena elettorale. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori batte già i territori più remoti della Lombardia. Ha in mano dei sondaggi che definisce “Confortanti”. Sarà una “partita difficile, ma giocabile” e spera di vincerla per una regione che oltre all’efficienza e alla laboriosità, sappia “fare meglio” anche “nell’inclusività”.

Per la campagna elettorale di Bergamo aveva proposto lo slogan “Cambio di passo”. Per la campagna elettorale per la guida della Regione Lombardia che cosa propone?
“Non è molto diverso, perché anche la Bergamo che abbiamo ereditato non era malgovernata, ma era una città seduta, una città che non sfruttava le sue potenzialità, e questo vale per la Lombardia, dove si vive bene perché ci sono i lombardi che sono straordinariamente operosi e dove c’è un tessuto associativo che garantisce forte coesione sociale, ma dove manca una guida dinamica, una voglia di fare meglio, un’efficienza della macchina regionale che è quello che noi ci candidiamo a portare in regione. Quindi non useremo cambio di passo come slogan, ma fare meglio, anche se diciamo che il metodo non è molto diverso da quello adottato da Bergamo.

L’opposizione l’attacca, l’accusa di abbandonare Bergamo per un incarico più importante. Che cosa risponde? E che vantaggi potrebbe avere invece Bergamo nell’avere un presidente di Bergamo?
“Posto che il presidente della Regione Lombardia non può fare dei favoritismi, diciamo che quanto meno avrei uno sguardo attento alle necessità di questo territorio: penso alle infrastrutture, ai trasporti, al modo in cui Bergamo è rimasta indietro rispetto ad altre città nella progettazione del trasporto ferroviario…”

Sta dicendo che le piacerebbe fare il Presidente della Lombardia facendo il pendolare e utilizzando il treno?
“Mi piacerebbe andare in treno a Milano, e non in auto con dei tempi impossibili come capita alcune volte, mettendoci il tempo giusto. Se riuscissimo a garantire efficienza  ai pendolari bergamaschi già avremmo dato molto alla città”.

Seguendo il suo slogan “fare meglio”, che cosa farebbe meglio per un settore che è un fiore all’occhiello della Lombardia: la sanità?
“C’è una sanità di buona qualità per quanto riguarda la cura delle acuzie nei grandi ospedali, pubblici e privati. Questo è incontestabile. Ma non esiste la sanità di territorio in Lombardia. Che è scritta sulla riforma, ma a due anni di distanza di quel testo non è stata nemmeno avviata e, invece, è stata ha preso il via una riforma della cronicità molto pasticciata, molto elettorale, che secondo me creerà problemi, confusione. Una riforma che emargina il ruolo della medicina generale, che secondo me è l’innervatura che andava responsabilizzata, coinvolta integralmente, mentre solo una parte di medici aderisce a questa riforma. I pazienti saranno sballottati da una parte all’altra. Concretamente ci sono delle cose che i cittadini misurano ogni giorno che vanno in ospedale: affollamento dei pronti soccorsi e liste d’attesa che vanno affrontati e risolti. In particolare le liste d’attesa diventano un problema di equità nel momento in cui le stesse cure mediche, gratuite richiedono 18 mesi di attesa, a pagamento nello stesso ospedale magari dieci giorni. Quindi diventa una discriminazione di accesso al sistema sanitario pubblico”.

Lei crede di riuscire a fare meglio?
“Sì, certo. Così come sono convito che si debba fare meglio rispetto alla non autosufficienza delle persone anziane che sono 400mila in regione. Solamente una piccola parte delle persone può accedere pagando molto alle case di riposo. Per tutti gli altri non c’è nulla, se non le famiglie che si arrangiano”.

Uno dei temi per cui si è battuto durante la campagna referendaria per l’autonomia della Lombardia era l’ambiente. Che idea e proposte ha per questo tema a livello Lombardo?
“Credo non si possa più andare avanti così, con misure difensive ed estemporanee che si adottano solo quando le polveri sottili raggiungono certi limiti. Sono convinto che si debba fare come avviene in altre città europee di provare, con un progetto  di lungo periodo, che abbia come obbiettivo il rinnovo del parco circolante dei veicoli con delle alimentazioni più sostenibili, con caldaie meno inquinanti che riducano le polveri sottili”.

C’è una misura che adotterebbe subito?
“No. Non sono cose che si fanno in due giorni. Sono cose che vanno messe in cantiere perché possano dare risultati tra dieci anni”.

Nella sua campagna elettorale c’è molto la lista Gori, poco Pd. Anche se Angelo Capelli ha deciso di sostenerla mentre ieri stava con Maroni. C’è una compagine molto variegata che sostiene la sua candidatura. 
“Direi molto ampia. Ed è fatta di forze civiche e di forze politiche. Tra quelle politiche c’è il Partito Democratico che sulla mia candidatura si è trovato all’unanimità, ci sono poi anche molte altre forze. Bisogna vedere anche che cosa succede a livello nazionale. Ci sarà poi il Campo Progressista, che non corre a livello nazionale, ma che ha espresso il suo sostegno alla mia candidatura. Ci saranno i socialisti, i radicali, l’Italia dei Valori, ci saranno anche quella parte di centristi che ha deciso di proseguire il progetto del Governo e del Partito Democratico e probabilmente sono minoritari in Lombardia, ma secondo me sono un apporto prezioso. Infine c’è tutta la parte del civismo. Accennavo prima, che nella mia elezione a Bergamo pesò moltissimo, perché tra Lista Gori e Patto Civico raccolsero circa il 20% al primo turno e furono determinanti. E sono convinto che anche questa volta saranno decisivi”.

Le prossime tappe della campagna elettorale che cosa prevedono? 
“Ho un calendario di incontri nei territori lombardi, anche quelli più periferici, costruiti proprio con la società civile e fuori dal perimetro della politica tradizionale. Sono incontri organizzati anche da gruppi di lavoro ad hoc che non fa leva sui partiti e che consente – per quello che abbiamo sperimentato in Valtellina e in Val Seriana – di avvicinarci a cittadini che normalmente non frequentano queste occasioni di dialogo politica”.

Salvini ha presentato il nuovo simbolo della Lega. È sparita la parola Nord e non c’era alla presentazione Maroni. È l’occasione di mandare un messaggio ai leghisti che non si trovano con questa nuova Lega?
“Ce ne sono molti di leghisti che non si ritrovano in questo progetto di grande Nord che esprime in qualche modo l’identità della Lega più  genuinamente Lombarda che rischia di avere un buon seguito, e che ha un suo candidato che non è Roberto Maroni. Dopodiché stiamo parlando di culture che non sono la mia, condivido assolutamente l’istanza autonomista ma con forme e modi che non sono quelli su cui la Lega ha fatto la sua propaganda”.

Ci sono dei sondaggi?
“Sì, ci sono dei sondaggi e sono confortanti. Nonostante i sondaggi nazionali registrino una flessione del Partito Democratico nelle ultime settimane. Certo è una partita difficile quella della Lombardia, ma giocabile. Ce la contenderemo fino all’ultimo voto, poi io spero di vincere”.

Gori come sindaco sui temi di sinistra, ovvero quelli dei diritti, ha un po’ anticipato la politica nazionale. Pensiamo alle Unioni Civili, al testamento … Una regione di sinistra come si può caratterizzare?
“Lo dico sempre, quindi non è un discorso strumentale. C’è un tema di inclusività dello sviluppo. La Lombardia è andata avanti in questi anni sacrificando territori, fasce di popolazione. Oggi alcuni cittadini che vivono una situazione di marginalità o di grave difficoltà economica. Il fatto poi che il Lombardia ci siano due ragazzi su dieci che non studiano e non lavorano è una cosa inaccettabile per me, ci sono oltre il 6% delle famiglie in povertà assoluta, il Rei non basta, è una coperta troppo corta. Pensiamo di fare piazza pulita di alcune misure a spot create dal centrodestra e invece puntiamo ad allargare il Rei, una protezione attiva di chi vive una condizione di difficoltà economica”.

C’è anche un competitor sul territorio, Dario Violi del Movimento 5 Stelle. 
È una persona che io rispetto, affronta il suo compito politico credendoci. Ciò detto credo stia in una compagine del tutto inaffidabile per cui non metterei mai in mano le chiavi della Regione Lombardia”.

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