Rinascita. È la parola che spiega in modo perfetto gli ultimi due anni di Andrea Masiello. Un calciatore, ma prima di tutto un uomo, che ha commesso degli errori e ha pagato. Il calcioscommesse ai tempi di Bari, una brutta storia conclusa con due anni e cinque mesi di squalifica.
Il 15 gennaio 2012 l’ultima partita, sul campo della Lazio. Poi l’arresto, i domiciliari e lo stop prolungato. Nel frattempo il lavoro con l’associazione Araba Fenice di Viareggio e le partitelle con gli amici (tra cui ex calciatori) sul campo di Capezzano.
Fermarsi? Mai. Anche perché l’Atalanta gli aveva da poco rinnovato il contratto fino al 2018. E lui voleva tornare a giocare, con quella maglia che sentiva già un po’ sua. Succede il 13 gennaio 2015, tre anni dopo l’ultima volta. In panchina c’è Colantuono e Masiello torna subito titolare.
Il resto è storia recente. Con Gasperini è sempre stato titolare inamovibile, il capitano della retroguardia. Si è calato – di nuovo – alla perfezione nell’ambiente bergamasco. In punta di piedi, a testa bassa. Ma con tanta voglia di riprendersi ciò che uno sbaglio passato gli aveva tolto.
Il gol segnato contro l’Everton è l’apice di questo processo, il punto di arrivo. Quell’urlo sotto la curva dello stadio di Reggio Emilia. Un momento indimenticabile per migliaia di tifosi, ma soprattutto per lui.
Ma non è finita qui, perché c’è la voglia di crescere ancora. “Siamo lì a ridosso della zona coppe, vogliamo stare ancora lì davanti”: chiaro, dopo la partita con il Benevento. Il sogno dell’Atalanta – e di Masiello – può continuare.
commenta