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L'intervista

Sollima: “La musica deve essere lasciata libera, anche se imperfetta” fotogallery

Giovanni Sollima, violoncellista e compositore di fama internazionale, è stato protagonista del Festival violoncellistico internazionale che pita virtuosi musicisti da tutto il mondo nella Sala Alfredo Piatti di città alta. Lo abbiamo incontrato per un'intervista.

Giovanni Sollima, violoncellista e compositore di fama internazionale, è stato protagonista del Festival violoncellistico internazionale che pita virtuosi musicisti da tutto il mondo nella Sala Alfredo Piatti di città alta. Lo abbiamo incontrato per un’intervista.

Yoyo Ma ha affermato che “Giovanni Sollima non conosce la paura, e questo è davvero insolito nel mondo della musica classica. I musicisti hanno il terrore delle note stonate”. Esiste una legge non scritta fra i musicisti per cui è meglio suonare una nota stonata con sicurezza e carisma, piuttosto che con paura e vergogna. La paura è comunque un sentimento positivo per un musicista?
“Si, la paura è un sentimento positivo se viene tradotto in espressività. È questo lo step ulteriore che ogni artista deve compiere. La paura non deve bloccare, non deve essere un problema. Il musicista deve tradurre questo prezioso sentimento in espressività, al di là della nota, al di là della tecnica. Certa musica ha bisogno di essere lasciata libera, anche se imperfetta”.

Nella sua musica vi è una grande commistione di genere, dal classico, al jazz al rock. Alcuni, più conservatori e legati alla tradizione, sposano un’idea chiusa di musica, in cui trova posto solo la classica. Quale è la sua opinione in merito?
“È vero, spesso in ambienti più conservatori si trova un atteggiamento di chiusura mentale. Ma è anche vero che i tempi stanno cambiando. Non solo grazie al web, attraverso il quale i giovani e gli stessi professionisti possono arrivare a conoscere e così sperimentare nuovi generi di musica, ma anche la realtà dei conservatori italiani è in evoluzione, soprattutto dopo la riforma che ha istituto il cd nuovo ordinamento. Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di dipartimenti che coltivano la musica delle varie epoche, dal barocco al contemporaneo, al rock e al jazz. Hanno aperto gli occhi su una realtà che sta dando dei risultati positivi. Io amo sperimentare senza vincoli, la mia musica non ha barriere. Quando ero ancora un allievo vi era una chiusura mentale al contrario: mi veniva impedito di suonare la musica antica, di nascosto suonavo un violoncello barocco. Ancora oggi mi diverto a suonare musica dell’epoca con le corde in budello nudo. Mi interessa sperimentare e mi interessa farlo anche quando insegno, amo lavorare su tutti i fronti. Una visione ampia è necessaria ed inevitabile anche perché spesse volte si è difronte ad un pubblico che è molto al passo con i tempi e preparato, è avanti, l’istruzione non può stare indietro”.

Che cosa si sente di dire ai giovani che vogliono intraprendere una carriera nel mondo della musica?
“Quello che dico oggi ai giovani è quello che continuo a dire a me stesso. Bisogna avere un fuoco dentro, una passione da seguire. Inoltre è importante avere una figura di riferimento: anche io continuo a cercarla e spesso la trovo nei miei stessi allievi. È bello ricevere dei riscontri positivi durante le lezioni: è come se ricevessi un feedback e provo orgoglio quando tutto ciò arriva da giovani musicisti. La musica può davvero diventare occasione di riscatto per molti giovani, mi riferisco alla realtà dei 100 violoncelli di cui io ho fatto parte, ma anche all’Orchestra Sinfonica del Venezuela fortemente voluta dal Maestro Abbado. La musica è una grande opportunità, bisogna sfruttarla”.

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