• Abbonati
La storia

G7: la bella idea di aiutare i piccoli produttori birmani di riso e… la sua sconfitta

Nella lotta contro la fame del mondo gioca un ruolo di primissimo piano il riconoscimento e la tutela dei piccoli agricoltori locali: una sfida per la quale non sembrano bastare nemmeno incentivi e facilitazioni.

Mercati aperti, riconoscimento e sostegno ai piccoli agricoltori, dare voce agli anelli più deboli della catena: dal G7 dell’Agricoltura di Bergamo è emerso con chiarezza l’indirizzo da prendere per favorire l’instaurarsi di un nuovo modello, più equo e inclusivo, che possa investire il settore agricolo di un ruolo di primo piano nella lotta alla fame del mondo che oggi coinvolge 815 milioni di persone.

Dalle parole ai fatti, però, il passo non è così breve, né tantomeno semplice: la comunione di intenti accelera il processo che in alcuni casi è già ben avviato ma con risultati differenti da quelli che ci si aspetterebbe.

Il caso più eclatante è rappresentato dal riso birmano che dal giugno 2013 gode di un sistema tariffario a dazio zero introdotto dall’Unione Europea per favorire i Paesi che operano in regime “Everything But Arms” (Tutto tranne le armi ndr): un’iniziativa che ha prodotto, purtroppo, un effetto contrario e ancora più dannoso per i piccoli produttori locali e non solo.

Fatta la legge, infatti, ecco trovato l’inganno: le facilitazioni che avrebbero dovuto favorire gli agricoltori su piccola scala hanno invece provocato un accanimento nei loro confronti da parte di chi dispone di terreni, mezzi e capacità finanziarie decisamente maggiori.

Così la minoranza etnica Rohingya, che vive nella regione del Rakhine al confine con il Bagladesh, è rimasta vittima di violenze e discriminazioni che, secondo fonti delle Nazioni Unite, avrebbero provocato oltre 700mila rifugiati: contadini cacciati con la forza dai propri campi e messi in fuga dal Paese o sottoposti a lavoro forzato.

“Del loro lavoro dovrebbero poter vivere e non sopravvivere – ha denunciato dal palco dell’Aula Magna di Sant’Agostino il segretario della Cei Monsignor Nunzio Galantino – In questo sistema del libero commercio assistiamo a una devastante contraddizione che da un lato vede l’impegno a raggiungere obiettivi di natura ambientale mentre dall’altro si siglano accordi che creano guerre commerciali e condizioni di lavoro feudali. A vincere è ancora solo il prezzo, una logica perversa che può essere invertita solo con accordi più ampi e inclusivi”.

E oltre al danno pure la beffa: secondo dati Coldiretti l’accordo ha provocato una vera e propria esplosione delle importazioni, aumentate dell’800% nel 2017 rispetto allo scorso anno fino ad arrivare a 7 milioni di chili solamente nei primi sei mesi, con conseguente penalizzazione del prodotto italiano.

L’invito di monsignor Galantino non è stato ignorato dal ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina che ha incassato la critica e promesso impegno: “La contraddizione del riso birmano esprime bene le difficoltà entro le quali siamo chiamati a operare – ha sottolineato – Si immagina di sviluppare cooperazione a dazio zero con Paesi emergenti e si scopre invece che quella politica produce poco sostegno ai produttori locali e crea un grosso problema agli agricoltori italiani. Cavalcando il momento sarebbe semplice alzare muri e imporre dazi ma io preferisco continuare a lavorare sul terreno della cooperazione, del rapporto tra popoli, della vicinanza, degli scambi e del dialogo”.

Equità e dignità umana dei lavoratori: la battaglia contro la fame del mondo è ancora in salita ma parte da qui, con la consapevolezza che incentivi e facilitazioni da soli potrebbero non bastare.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
G7 dell'agricoltura
L'incontro
Il G7 della speranza: “Sì, possiamo essere la prima generazione del mondo a fame zero”
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI