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Coldiretti bergamo

Allarme uova contaminate con insetticida: “Servono controlli più severi”

“Il ripetersi di queste situazioni impone che venga al più presto tolto il segreto sull’import e sull’origine"

Lo scandalo delle uova olandesi contaminate con l’insetticida Fipronil e commercializzate in Europa preoccupa fortemente produttori e consumatori. Il comparto della produzione di uova in provincia di Bergamo conta 113 allevamenti di galline ovaiole per un totale di quasi 2 milioni di capi.

“Il ripetersi di queste situazioni – sottolinea Coldiretti Bergamo – impone che venga al più presto tolto il segreto sull’import e sull’origine dei prodotti trasformati a base di uova che arrivano dall’estero”.

Delle 215 uova consumate in media pro capite ogni anno in Italia, ben 140 sono costituite da pasta, dolci e altre preparazioni alimentari derivate per le quali non c’è ancora una chiara indicazione di origine.

Secondo Coldiretti Bergamo non si può trascurare neppure il ruolo delle triangolazioni di prodotti di paesi extra UE che vengono importati nell’Unione, diventano europei e poi vengono spediti nel nostro Paese, tanto nessuno può sapere da dove arrivano le uova utilizzate.

“Gli allevamenti italiani sono tra i più controllati – spiega Coldiretti Bergamo – ovviamente per garantire la qualità e la sicurezza dei nostri prodotti non si può scendere al di sotto di determinati costi, ma il consumatore deve poter scegliere anche in base alla sicurezza che un prodotto davvero italiano gli garantisce. Gli allarmi alimentari sono la prova che i controlli servono, ma purtroppo non sono uguali in tutta l’Europa”.

Coldiretti Bergamo ricorda che sul guscio delle uova di gallina c’è un codice che con il primo numero consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), la seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto (es. IT), seguono le indicazioni relative al codice ISTAT del Comune, alla sigla della Provincia e, infine il codice distintivo dell’allevatore. A queste informazioni si aggiungono quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso (XL, L, M, S).

Per Coldiretti Bergamo però è necessario migliorare la visibilità e la comprensione immediata di queste informazioni. “Non bastano quattro codici e una data sul guscio, bisogna scrivere chiaramente, anche sulle confezioni e sui cartoni, da dove arrivano e rendere riconoscibile ogni possibile informazione ai consumatori”.

L’Italia ha importato nei primi quattro mesi dell’anno 578mila chili di uova in guscio di gallina dai Paesi Bassi secondo una analisi della Coldiretti che sottolinea la necessità di considerare però anche i derivati delle uova usati a livello industriale e gli alimenti realizzati con le uova a rischio.

“Pensare – precisa Coldiretti Bergamo – che grazie a una produzione nazionale di 12,9 miliardi di pezzi con 49 milioni di galline l’Italia è praticamente autosufficiente. Quindi non c’è neppure la scusa che si deve ricorrere alle importazioni per soddisfare la richiesta del Paese. E ‘ solo una questione di dinamiche puramente commerciali finalizzate a spuntare i prezzi più bassi”.

Il fatturato delle vendite di uova in Italia è pari a 1,5 miliardi di euro con circa il 45% del prodotto utilizzato nell’industria alimentare per pasta, dolci e altri prodotti. La Lombardia rappresenta un terzo della produzione nazionale, con 4 miliardi di uova da più di 13 milioni di galline in 763 aziende fra le Alpi e il Po.

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