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L'intervista

“Non sentiamo ma ci siamo fatti sentire”: Ilaria, bergamasca d’argento alle Olimpiadi per sordi fotogallery video

Ilaria Galbusera, 26enne originaria di Sorisole, è appena rientrata da Samsun in Turchia dove ha conquistato una storica medaglia d'argento con la Nazionale Italiana Sorde di Volley: "Speriamo di essere da esempio per tutti e che tanti ragazzi sordi o con altri problemi possano farsi forza e uscire dal guscio".

“Noi non sentiamo ma finalmente ci siamo fatte sentire”: è questo uno dei motivi d’orgoglio più grandi per Ilaria Galbusera, 26enne originaria di Sorisole, che con la Nazionale italiana sordi di volley femminile ha conquistato da capitano la medaglia d’argento alle Olimpiadi per sordi che si sono svolte dal 17 al 30 luglio a Samsun, in Turchia. 

Ilaria nella vita lavora in Ubi Banca a Bergamo e studia Economia e gestione dei beni culturali e degli spettacoli all’Università Cattolica di Milano: da quando ha 12 anni gioca a pallavolo, la sua grande passione, e nell’ultima stagione ha giocato in prestito al Lemen Volley dall’Excelsior Volley Bergamo.

In tanti, durante l’impresa delle ragazze della Nazionale italiana sorde di volley, si sono interessati al loro mondo, tifando e regalando quella visibilità che da sempre sognavano di avere.

Ilaria, per te era la terza Olimpiade: che emozione è stata essere scelta come capitano della squadra? 

Sinceramente non mi aspettavo che mi venisse concesso questo privilegio e per me è stato un vero onore dopo aver fatto un lungo percorso in Nazionale, dove ho esordito 10 anni fa. La fascia mi ha fatto tanto piacere ed è stata al tempo stesso una grande responsabilità: ho dato il massimo affinchè la squadra potesse arrivare il più in alto possibile e spero di essere stata all’altezza di questo ruolo.

Il vostro è stato un percorso davvero trionfale, iniziato e finito con due sfide al fortissimo Giappone: come è andata? 

Abbiamo iniziato con una sconfitta per 3-0 contro il Giappone ma subito dopo quella partita la nostra allenatrice Alessandra Campedelli ci ha detto di rimanere tranquille che avremmo avuto la rivincita in finale: parole che ci hanno un po’ spiazzato perchè non ci sembrava un risultato alla nostra portata, considerato che alle ultime due Olimpiadi ci siamo classificate seste e settime. Poi però siamo cresciute partita dopo partita, abbiamo vinto 3-0 con Canada e Turchia, abbiamo superato la Russia 3-1 e ci siamo qualificate come seconda forza del nostro raggruppamento.

Poi nei quarti di finale la sfida contro la Polonia, con la quale avevate un conto in sospeso proprio dall’ultima Olimpiade. 

Ci avevano battute quattro anni fa, sempre ai quarti: abbiamo giocato benissimo, vincendo 3-0, e in quel momento abbiamo capito che potevamo arrivare in zona medaglia.

In semifinale i pronostici erano tutti contro di voi e invece…

Affrontavamo gli Stati Uniti ed è stata forse la nostra partita più bella, tesa e combattuta: batterli è stato bellissimo, un’emozione grandissima. Alla fine della partita eravamo stanche ma felici perchè nessuna di noi si sarebbe mai aspettata di arrivare in finale.

Avete ritrovato il Giappone: troppo forte per voi? 

Loro sono una squadra che a livello tecnico e tattico non ha eguali, hanno chiuso la manifestazione senza mai perdere un set. Per questo la nostra medaglia d’argento assume ancora più valore. Noi siamo arrivate un po’ stanche e anche l’emozione ha giocato un ruolo fondamentale: c’è un po’ di rammarico per come è andata a finire ma siamo davvero felicissime di quello che abbiamo fatto perchè mai prima d’ora la nazionale di volley aveva conquistato una medaglia olimpica.

Qual è l’elemento che ha fatto la differenza? 

Durante il percorso l’allenatrice e lo staff ci hanno sempre spronato e trattato come delle professioniste: pian piano da 12 giocatrici ci siamo fuse in una sola persona, grinta e voglia di vincere sono state le caratteristiche della nostra squadra. Abbiamo sopperito così a una differenza fondamentale: noi, a differenza di altre nazionali, dobbiamo prenderci un periodo di ferie dal lavoro per andare a giocare e lo facciamo per passione, non per soldi.

Sin da piccola ha giocato a pallavolo: cosa significa per te questo sport? 

Ho iniziato seguendo le orme di mio fratello Roberto che giocava all’Olimpia Bergamo e a 16 anni ho fatto la mia prima esperienza in Nazionale: con quella maglia ho vissuto emozioni che niente è stato in grado di darmi, la mia vita ruota tutta attorno alla pallavolo che mi ha dato dei valori importanti e mi ha permesso di girare il mondo. Spero che un giorno, quando smetterò di giocare, avrò la possibilità di rimanere lo stesso in questo mondo.

La visibilità maggiore l’avete avuta con l’ormai famoso video in cui cantate l’inno con la lingua dei segni: da dove nasce questa iniziativa? 

La prima volta che l’abbiamo provato è stato in occasione di una partita amichevole e vedendolo mi sono emozionata: ci siamo preparate a lungo perchè non tutte le ragazze conoscono la lingua dei segni, così invece di stare al cellulare o a chiacchierare, negli spogliatoi l’abbiamo studiato. Alle Olimpiadi siamo state l’unica squadra ad aver cantato e segnato tutte insieme.

Dopo la vostra impresa avete ricevuto una valanga di complimenti: qual è stato il più bello? 

Uno dei messaggi più belli che ho ricevuto diceva che questa medaglia era come se fosse d’oro. Poi ho subito videochiamato i miei genitori che mi hanno sempre seguito a livello sportivo ma che questa volta non potevano esserci.

La medaglia d’argento è il momento più bello della tua carriera? 

Direi di sì, salire sul podio è stata un’emozione indescrivibile: trovarsi lì e realizzare di essere la seconda squadra più forte del mondo.

Il momento più difficile invece quale è stato? 

A 22 anni mi sono rotta per la seconda volta il crociato anteriore del ginocchio sinistro: mi sono fatta prendere un po’ dallo sconforto, in un primo momento volevo mollare tutto. Poi, per fortuna, ha avuto la meglio la mia testardaggine e oggi sono riuscita a realizzare il mio sogno, con tanti sforzi e sacrifici.

Messa in archivio l’Olimpiade quali sono i tuoi progetti? 

Innanzitutto spero di laurearmi, poi a livello sportivo mi preparerò al campionato europeo per club che si disputerà dal 22 al 26 novembre proprio a Bergamo. Nel frattempo speriamo di essere da esempio per tutti e che tanti ragazzi sordi o con altri problemi possano farsi forza e uscire dal guscio perchè anche se gli ostacoli sono tanti la vita è bella.

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