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Le indagini

Non solo stranieri: anche 3 bergamaschi sfruttati a domicilio dall’azienda di Adrara

Per poco più di un euro all'ora rifinivano guarnizioni in gomma: la Guardia di Finanza di Sarnico è risalita a loro analizzando appunti scritti a mano rinvenuti nel capannone che fa capo a un'impresa con sede legale a Sirmione.

Per scovare la rete di lavoratori in nero che, per poco più di un euro all’ora e per un massimo di 400 mensili, prestavano servizio all’interno o per conto di un’azienda di Adrara San Martino, operante nel settore della lavorazione della gomma e con sede legale a Sirmione, la Guardia di Finanza di Sarnico ha condotto indagini per circa un mese e mezzo.

Da un controllo su strada le Fiamme Gialle, coordinate dal comandante Stefano Slavazza, sono risalite a tutta l’attività illegale: su un furgone, infatti, avevano trovato un uomo che stava trasferendo a casa propria delle guarnizioni in gomma senza dare spiegazioni convincenti.

Risalendo a ritroso i suoi collegamenti si è arrivati al capannone di Adrara San Martino dove la Guardia di Finanza ha fatto il suo ingresso il 27 giugno: qui, su un totale di 17 lavoratori, ne ha scovati 8 in nero, uno dei quali clandestino sul territorio nazionale e per il quale è già stata avviata la procedura di espulsione.

Il capannone scovato ad Adrara San Martino è sostanzialmente l’ultimo passaggio della filiera della gomma, punto di forza riconosciuto del distretto che si estende tra Sebino e Val Cavallina: ai lavoratori viene chiesto un lavoro di stretta manovalanza che va dalla sbavatura alla cernita dei pezzi in gomma che escono dagli stampi.

L’azienda, al fine di far revocare il provvedimento di sospensione dell’attività emesso dall’Ispettorato del Lavoro, ha invece regolarizzato la posizione degli altri sette lavoratori, tutti stranieri, quattro donne e tre uomini, pagando un piccolo acconto di 1.500 euro su sanzioni complessive di 84.000.

Ma la rete illegale dell’azienda si estendeva ben oltre i muri del capannone: dall’analisi di alcuni documenti i finanzieri hanno rinvenuto diversi appunti scritti a mano che facevano pensare che si avvalessero di altra manodopera.

Nomi, paghe e pezzi completati sono stati gli unici elementi a disposizione delle Fiamme Gialle per risalire ad altre 18 persone che venivano sfruttate e lavoravano totalmente in nero a domicilio tra le province di Bergamo e Brescia e i comuni di Adrara San Rocco, Viadanica, Villongo, Capriolo, Coccaglio, Palazzolo sull’Oglio e Rovato: tre bergamaschi, due bresciani, senegalesi, marocchini, pakistani e indiani, 13 donne e 5 uomini, che lavoravano, chi da pochi giorni e chi da un anno, 7 giorni su 7 per almeno 10 o 12 ore al giorno, pagati per ogni singolo pezzo prodotto.

Dalle visite a domicilio i finanzieri hanno scovato gente disperata, consapevole della propria condizione di schiavitù ma bisognosa di un lavoro: qualcuno si è sfogato di fronte alle Fiamme Gialle, altri, la maggior parte, sono parsi quasi sollevati.

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