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Chiesa

Papa Francesco: “L’offerta della vita è una nuova forma di beatificazione”

«L’offerta della vita è una nuova fattispecie di beatificazione e canonizzazione, distinta dal martirio e dall’eroicità delle virtù». Lo stabilisce Papa Francesco nel motu proprio «Maiorem hac dilectionem», datato e diffuso l’11 luglio 2017

«L’offerta della vita è una nuova fattispecie di beatificazione e canonizzazione, distinta dal martirio e dall’eroicità delle virtù».

Lo stabilisce Papa Francesco nel motu proprio «Maiorem hac dilectionem», datato e diffuso l’11 luglio 2017: «Sono degni di speciale considerazione e onore quei cristiani che, seguendo da vicino le orme e gli insegnamenti del Signore Gesù, hanno offerto volontariamente e liberamente la vita per gli altri e hanno perseverato fino alla morte. L’eroica offerta della vita, suggerita e sostenuta dalla carità, esprime una vera, piena ed esemplare imitazione di Cristo ed è meritevole di quella ammirazione che la comunità riserva a coloro che volontariamente accettano il martirio o esercitano in grado eroico le virtù cristiane».

Sancisce il documento: «L’offerta della vita, affinché sia valida ed efficace deve rispondere ai seguenti criteri: a) offerta libera e volontaria della vita ed eroica accettazione propter caritatem (per l’amore di Dio e del prossimo) di una morte certa e a breve termine, cioè il nesso tra l’offerta della vita e la morte prematura; b) esercizio delle virtù cristiane prima dell’offerta della vita e fino alla morte; c) fama di santità e di segni, almeno dopo la morte; d) necessità del miracolo dopo la morte del Servo di Dio e per sua intercessione».

Come mai questa svolta? Intervistato da «Radio Vaticana», mons. Enrico dal Covolo, rettore della Pontifica Università Lateranense, risponde: «La scelta è dovuta al fatto che alcune volte ci si è trovati in difficoltà nel processo canonico: si è partiti con il martirio e poi si è dovuti passare all’eroicità delle virtù, cose molto diverse, perché non si capiva bene se si trattasse dell’eroicità delle virtù o del martirio. È il caso di Massimiliano Kolbe che fu beatificato per l’eroicità delle virtù e fu poi canonizzato per martirio: c’era qualche difficoltà nel procedere. La terza via consente di risolvere molti casi ambigui, perché non c’è bisogno che ci sia un persecutore o che ci sia l’”odium fidei” e soprattutto non c’è bisogno che ci sia l’”effusio sanguinis”, come sarebbe previsto per il martirio. Basta dimostrare il nesso profondo tra l’offerta della propria vita e la morte prematura e accettata per amore di Dio e dei fratelli. Questo si potrebbe sostenere in alcuni casi di morte volontariamente accettata andando in soccorso di appestati, mettendo a rischio la propria vita per il prossimo».

Il caso forse più eclatante è quello del vice-brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto che immola la vita per salvare 22 innocenti dalla fucilazione. Nasce a Napoli il 7 ottobre 1920. Nel 1939 si arruola nell’Arma ed è vicecomandante della stazione di Palidoro (Roma). Il 22 settembre 1943, pochi giorni dopo l’armistizio, le SS occupano una caserma abbandonata e, rovistando in una cassa, provocano lo scoppio di una bomba a mano: un tedesco è ucciso e altri due gravemente feriti. I nazisti accusano i partigiani di attentato e ordinano ai Carabinieri di individuare i responsabili, pena una rappresaglia.

I nazisti rastrellano 22 cittadini, li caricano su un camion, li trasportano alla Torre di Palidoro, li sottopongono a interrogatorio e li costringono a scavarsi la fossa. Sostengono i testimoni: «Quantunque malmenato e bastonato, D’Acquisto serbò un contegno calmo e dignitoso. Nell’interrogatorio tutti gli ostaggi si dichiararono innocenti. All’ultimo momento, contro ogni nostra aspettativa, fummo rilasciati, eccetto il vicebrigadiere D’Acquisto» che si offre al posto degli ostaggi. Il sottufficiale, dentro alla fossa, dinanzi al plotone d’esecuzione: una scarica di colpi, il grido «Viva l’Italia», il colpo di grazia. Le SS riconoscono: «Il vostro brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte». Salvo ha 23 anni.
La motivazione della medaglia d’oro al valor militare dice: «Esempio luminoso di altruismo, spinto fino alla suprema rinunzia della vita, sul luogo stesso del supplizio dove, per barbara rappresaglia, erano stati condotti dalle orde naziste 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, non esitava a dichiararsi unico responsabile d’un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così da solo, impavido, la morte imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma». Il 4 novembre 1983 l’ordinario militare mons. Gaetano Bonicelli apre la causa di beatificazione che dal 1991 approda alla Congregazione per le cause dei santi.

La novità modifica regole in atto da secoli. Finora la Chiesa prevedeva due vie: il martirio o le virtù eroiche. Spiega su «L’Osservatore Romano» mons. Marcello Bartolucci, segretario della Congregazione: «C’è una terza via, meno conosciuta e meno battuta: è la via dei cosiddetti “casus excepti”, così chiamati dal Codice di Diritto canonico del 1917. Il loro riconoscimento porta alla conferma di un culto antico, successivo al pontificato di Alessandro III (1181) e antecedente al 1534, come stabilì Urbano VIII (1623-1644). La conferma del culto antico è chiamata anche “beatificazione equipollente”».Il Papa approva, con decreto, un culto spontaneo esistente da tempo, senza indagini specifiche e senza attendere il miracolo. Si distingue quindi dalle beatificazioni e canonizzazioni formali, per le quali la Chiesa prevede un processo e un miracolo per il beato e un secondo miracolo per il santo.

Addirittura la riflessione su questa fattispecie risale a Benedetto XIV «il Magister» che non esclude dagli onori degli altari quelli che avevano dato la vita in un estremo atto di carità che causa la morte. Benedetto XIV (1740-1758) affronta e risolve positivamente il problema della santità adolescenziale.

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