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Il riconoscimento

Le Mura di Bergamo, Peschiera, Palmanova sono Patrimonio mondiale Unesco fotogallery

Le opere di difesa veneziane sono il 53° sito Unesco italiano: un percorso transnazionale, che comprende Zara e Sebenico in Croazia e Cattaro in Montenegro

Le Mura di Bergamo, Peschiera e Palmanova sono da domenica 9 luglio 2017 Patrimonio mondiale dell’Unesco: proprio pochi minuti fa è arrivato l’annuncio ufficiale nell’ambito della 41ª sessione che si sta svolgendo in questi giorni a Cracovia.

UNESCO ha infatti accolto la candidatura “Opere di Difesa Veneziane tra XVI e XVII secolo. Stato de Terra- Stato de Mar”, di cui Bergamo è stata capofila e sede del segretariato per tutto il percorso del progetto: si tratta di una candidatura transnazionale che abbraccia un territorio che si estende per oltre 1000 km e comprende le fortificazioni veneziane di Bergamo, Peschiera, Palmanova, Sebenico e Zara in Croazia e Cattaro in Montenegro. Si tratta del 53mo sito UNESCO italiano (primo paese al mondo per numero di siti patrimonio dell’Umanità), l’11mo in Regione Lombardia.

“È un giorno molto importante per la nostra città – spiega il Sindaco di Bergamo Giorgio Gori, che ha raggiunto venerdì sera la delegazione bergamasca a Cracovia per la discussione finale – un giorno per il quale abbiamo lavorato con impegno. Vorrei ringraziare tutte le persone, a partire dai sindaci Bruni e Tentorio, che in questi dieci anni hanno creduto in questo sogno: vedere riconosciuto come Patrimonio di tutta l’Umanità quello che da sempre è il gioiello e il tratto distintivo della nostra città, e che si sono messe al servizio del progetto.
Grazie al successo della candidatura delle Opere di difesa veneziane l’Italia rimane il Paese con il più alto numero di siti UNESCO al mondo.

“Per le Mura di Bergamo – prosegue Gori – si apre ora una nuova stagione, sotto l’egida dell’UNESCO, con un piano di gestione e valorizzazione ben definito e del quale abbiamo già avviato l’attuazione. Abbiamo aggiunto oggi un fondamentale tassello al disegno di promozione e di internazionalizzazione della nostra città: le Mura, che una volta rappresentavano la chiusura e la difesa della comunità, sono oggi il simbolo dell’apertura di Bergamo al mondo.”

LA FESTA IN CITTA’: BANDIERE E PROIEZIONI SU PORTA SAN GIACOMO
Bergamo si veste a festa per celebrare l’ingresso nella lista dei siti Patrimonio dell’umanità UNESCO: la città festeggia oggi il prestigioso riconoscimento delle proprie Mura con una serie di iniziative semplici e pensate per informare i bergamaschi del successo del progetto iniziato nel 2007.
I ponteggi posati per i lavori di consolidamento del viadotto di San Giacomo diverranno cornice per un telo di 13 metri di lunghezza che sarà visibile anche da viale Vittorio Emanuele e Bergamo Bassa: “Siamo Patrimonio mondiale UNESCO” è il messaggio che da stasera sarà esposto su quello che è il più coreografico e suggestivo punto d’accesso a Bergamo Alta.
Su Porta san Giacomo sarà proiettato il logo UNESCO, che da oggi sarà accostato alle Mura di Bergamo. Le lettere UNESCO saranno visibili anche sui propilei a Porta Nuova, sui quali sventoleranno in questi giorni le bandiere dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

LA STORIA DELLA CANDIDATURA: UN LAVORO LUNGO UN DECENNIO
Un percorso lungo un decennio, che ha attraversato tre amministrazioni di Bergamo e sostenuto da tre diversi sindaci, ma che ha avuto origine addirittura negli anni ’90, da un’idea di Gianni Carullo, storico del Comune di Bergamo.

Quell’idea fu raccolta da Francesco Macario nel 2007, allora assessore della Giunta Bruni: prese allora avvio il lavoro che portò il progetto ad espandersi inizialmente fino a Cipro, per attestarsi poi al Montenegro.
Undici luoghi per altrettante città, in tre Regioni italiane (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia) e tre diverse nazioni europee (Italia, Croazia e Montenegro): sviluppato per oltre mille chilometri – da Bergamo alle bocche di Cattaro -, il sistema difensivo “alla moderna” della Serenissima Repubblica è il tema del sito culturale seriale transnazionale denominato “Le opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo. Stato de Terra – Stato de Mar” proposto al riconoscimento dell’UNESCO. Ci sono volute 4.253 ore di lavoro per la stesura del dossier definitivo, decine di iniziative per far conoscere la candidatura.
Bergamo è sempre stata capofila del progetto: nella sala del Consiglio Comunale di Palazzo Frizzoni viene lanciata ufficialmente nel 2010 la candidatura. Per appoggiare la candidatura viene creata l’Associazione Terre di San Marco, con l’obiettivo di coinvolgere il più possibile la cittadinanza sui temi del progetto.
Dopo anni di esclusione dalla lista dei siti da sottoporre all’UNESCO, negli ultimi anni arriva l’accelerata: nel 2014 la candidatura viene iscritta nella Tentative list di Italia, Croazia e Montenegro. Nel 2016 l’Italia decide che le “Opere di difesa veneziane” saranno l’unica candidatura italiana dell’anno, quella su cui convergeranno gli sforzi del Ministero e della diplomazia del nostro Paese. Nel 2016 agli uffici Unesco viene consegnato il dossier di candidatura, oltre 1.000 pagine di lavoro realizzato con la collaborazione del SITI di Torino. Nel 2016 parte la valutazione di ICOMOS sui siti della candidatura.
Sempre nel 2016 viene promosso l’Abbraccio delle Mura, un evento da Guinness dei primati (ne otterrà due e ne detiene ancora uno) per sostenere il progetto coinvolgendo il maggior numero di persone, uno dei requisiti fondamentali richiesti da UNESCO.
A maggio 2017 il responso di ICOMOS, che ammette la candidatura delle opere di difesa veneziane, ma ne riduce i luoghi da 11 a 6: rimangono Bergamo, Peschiera, Palmanova, Zara, Sebenico, Cattaro; grande esclusa Venezia.

L’IDEA DELLA CANDIDATURA
“Abbiamo gettato dei semi senza avere coscienza di quanto sarebbe cresciuto il nostro progetto”: l’idea di una valorizzazione complessiva delle Mura di Bergamo, germoglio della candidatura che oggi diventa patrimonio dell’umanità, risale al 1988. La ebbe l’arch. Gianni Carullo, che allora era alla Commissione urbanistica del Comune di Bergamo guidato dal sindaco Zaccarelli.
L’occasione fu il progetto del neonato Ministero dei beni Culturali, “Memorabilia”, un investimento di diverse centinaia di miliardi di lire per la riqualificazione e il restauro di documenti, monumenti, paesaggi di valore storico che andavano deperendo e che si trovavano al di fuori delle previsioni di intervento di Ministero e Soprintendenze.
Carullo ebbe l’idea di non presentare un monumento in particolare (il prof. Passerini Tosi e l’architetto G.De Carlo puntarono sul complesso di Sant’Agostino perché potesse divenire un giorno Osservatorio sulla città) e propose lo scenario di Bergamo Alta e delle fortificazioni veneziane.
“Ho passato 4-5 mesi recandomi 2-3 volte a settimane a Trastevere a seguire questo progetto, – sottolinea Carullo -, abbiamo fatto una grande mostra nell’ex orfanotrofio di Roma e poi presentammo i progetti, sia Sant’Agostino che il Colle di Bergamo, alla Commissione di valutazione. Avevo pensato a un paesaggio, a un ambito urbano più ampio cogliendo le elaborazioni dell’ANCSA, l’Associazione Nazionale Centri Storici e Artistici, di cui faccio ancora parte. La commissione apprezzò il progetto e portò al primo posto tra le proposte lombarde Bergamo e il Suo Colle. Sfortunatamente la Giunta Galizzi lasciò decadere tutto. Italia Nostra e i Verdi si scagliarono contro il piano Memorabilia, perché era fuori dalle intenzioni di intervento diretto del ministero e delle soprintendenze. E mentre Bergamo stava ferma e lasciava decadere il progetto, Brescia ottenne fondi per riqualificare Santa Giulia, Lucca ristrutturò interamente le Mura e Ferrara non solo ristrutturò le Mura, ma anche il quartiere ebraico.”

“Continuammo a parlarne in qualche modo. Al di fuori delle sfere istituzionali. Era più volontariato culturale, mandammo a Roma anche alcuni documenti, io e Orazio Bravi, che era direttore della biblioteca Mai e si interessò alla questione. La cosa prese slancio istituzionale vero con il sindaco Bruni e l’allora assessore Francesco Macario. Entrambi credettero alla candidatura e andammo a Roma tutti e tre per avviare il percorso con il ministero. Incontrammo il ministro al terzo piano del collegio romano: fu colto immediatamente lo stimolo internazionale e seriale del progetto e la candidatura convinse proprio per il suo valore simbolico, a pochi anni dalla conclusione della guerra nella ex Yugoslavia. Ci presentò subito due funzionari del ministero, perché ci seguissero nel percorso di candidatura: uno dei due era l’architetto Adele Cesi, che ha accompagnato il lavoro fino a oggi.”

Da allora sono passati una dozzina d’anni. La candidatura prese corpo davvero nel 2007, vent’anni dopo la prima intuizione di valorizzazione delle fortificazione veneziane di Gianni Carullo.

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