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Il processo d'appello

“Yara, uccisa da un deviato sessuale”, ma la difesa di Bossetti non ci sta

Andrea Pezzotta, legale dei Gambirasio, è tornato sul movente dell'omicidio: "Quelle sevizie dicono molto". Ma Salvagni lo attacca

“Un comportamento di natura sadica che altro non é che una devianza di natura sessuale”. Andrea Pezzotta, legale di Maura Panarese, ha sentenziato in questo modo dopo la sua arringa al processo d’Appello contro Massimo Giuseppe Bossetti al tribunale di Brescia.

L’avvocato della mamma di Yara Gambirasio, parte civile al procedimento contro il carpenetire di Mapello, condannato un anno fa all’ergastolo per il brutale delitto della ragazzina, è tornato a parlare del possibile movente, mai chiarito del tutto: “Non può essere che di natura sessuale – le sue parole, prima di confermare la richiesta di condanna all’ergastolo -. Ci sono le sevizie inferte alla vittima: una serie di lesioni, tagli ai polsi e al collo che nell’intenzione dell’autore dovevano essere letali. Prima di queste però ce ne sono altre, inferte in vita. Sono tagli superficiali sul tronco e alla schiena, idonei a provocare dolore e sanguinamento.

Tanto che in questo processo c’è l’aggravante delle sevizie. Una violenza gratuita che va oltre l’intenzione di uccidere. Era per far soffrire la vittima prima di ucciderla e, da mente deviata, provare piacere”.

Pezzotta in aula ha citato anche le ricerche trovate sul computer portatile di Massimo Bossetti su “ragazzine con vagine rasate” e “ragazze vergini rosse”: “Yara poteva rappresentare – ha concluso – la preda perfetta per chi ha la passione insana per questo genere di cose”.

Una tesi a cui la difesa di Massimo Bossetti ha cercato di ribattere. Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, che avevano chiesto alla Corte d’Assise e d’Appello di Brescia di accompagnare la loro requisitoria con la proiezione di alcuni video e slide, ma il collegio presieduto da Enrico Fischetti, che non era stato preavvisato, ha deciso di non acconsentire.

“Il procuratore generale Martani ha detto che sono state fatte 101 ripetizioni dalle quali emerge Ignoto 1, poi si è corretto dicendo che sono oltre 70”, ha sottolineato Salvagni attaccando dicendo “analisi eseguite correttamente non c’è n’è nemmeno una”.

Discutibile, per il legale, è anche “l’unica ricerca effettuata sul computer della famiglia Bossetti non a carattere pedo pornografico” finita al centro delle indagini, ha spiegato Salvagni. Si tratta di una ricerca fatta su Google digitando le parole “ragazzine rosse tredicenni, vergini” poco prima dell’arresto del muratore di Mapello, finito in carcere nel giugno del 2014.

La sentenza della Corte d’Assise di Bergamo parla di “ricerche latatamente pedo pornografiche – ha spiegato il legale – ma qui è latatamente il suo Dna, le fibre sono latatamente quelle del suo furgone, le sfere tre sono latatamente le stesse, tutto qui è latatamente. Se Massimo Bossetti sarà altamente colpevole sarà per una prova latamente scientifica”.

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