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Il libro

Nelle memorie di Ferruccio de Bortoli il terrorismo e il giudice bergamasco Guido Galli

In "Poteri forti (o quasi)", Ferruccio de Bortoli, nel suo stile asciutto, critico (anche autocritico) e preciso, dedica uno spazio particolare al magistrato e docente bergamasco Guido Galli, ucciso il 19 marzo 1980.

Ci sono quaranta e più anni di storia d’Italia (e del mondo), raccontata da uno che le vicende, economiche e politiche soprattutto, le ha vissute da vicinissimo, nel libro “Poteri forti (o quasi)” di Ferruccio de Bortoli che è stato per due volte direttore del Corriere della Sera, per un totale di 12 anni, e direttore del Sole 24 Ore. Si racconta, dei giornali e dei giornalisti, del capitalismo italiano, degli attentati che cambiarono il mondo alle Torri Gemelle di New York… E degli anni di piombo, in particolare delle vittime dimenticate di quel periodo. Tra queste Ferruccio de Bortoli, nel suo stile asciutto, critico (anche autocritico) e preciso, dedica uno spazio particolare al giudice bergamasco Guido Galli, ucciso il 19 marzo 1980, quando lui era giovane cronista al Corriere.

Ne riportiamo alcuni passaggi annunciando che Ferruccio de Bortoli sara a Lovere lunedì 5 giugno per un incontro pubblico, a celebrare i trent’anni di Araberara.

… Potremmo dire che li hanno uccise due volte. Chi? Le vittime del terrorismo che insanguinò l’Italia. In due decenni è stato calcolato che i morti siano stati 429. Dimenticati in fretta. Eppure un sano esercizio della memoria aiuterebbe a rafforzare una slabbrata identità nazionale….

… Era un bel pomeriggio di marzo con un vento di tramontana che faceva risaltare i profili delle montagne. L’aria pulita, tersa come è raro che accada a Milano. Venni inviato di corsa all’università Statale in via Festa del Perdono. Avevano ucciso un magistrato. Proprio nella facoltà – oggi si chiama dipartimento – di giurisprudenza nella quale avevo studiato e frequentato le lezioni. Raggiunsi facilmente, e prima degli altri, il luogo del delitto. Non c’era angolo della Statale che non conoscessi. Sono nato in via Francesco Sforza, a due passi.

L’università l’avevo sempre avuta davanti alle finestre di casa. Mio padre lavorava da anni, come bidello, proprio alla facoltà di giurisprudenza prima di passare al rettorato, con Giuseppe Schiavinato, rettore negli anni di piombo. La Statale, ancora oggi, è un po’ la mia casa.

Il corridoio al secondo piano era immerso in un silenzio irreale. il corpo di Guido Galli, 47 anni, magistrato e docente di criminologia, era a terra nel sangue, non ancora coperto da un lenzuolo. Sentii la voce concitata di un agente che aveva spinto contro il muro un ragazzo. Un testimone o un complice degli assassini? Bianco in volto, rispondeva a fatica, incespicava nelle parole, forse rendendosi conto che così non avrebbe fatto altro che aumentare i sospetti.

I tre terroristi di Prima Linea avevano avvicinato il giudice Galli mentre era seduto fuori dall’aula 309, nella quale avrebbe dovuto fare lezione, intento a leggere un testo sull’ordinamento penitenziario. Gli avevano sparato tre colpi, due alla nuca. Il codice che aveva in mano era scivolato via e si era simbolicamente aperto a pochi metri dal corpo. Ne scriverà sul “Corriere” il giorno dopo proprio partendo da questo particolare, Giovanni Testori con tutto il suo apocalittico portato intellettuale. Poi gli attentatori avevano estratto un fumogeno, di quelli in uso ai tempi sulle barche, ed erano corsi via gridando: “La bomba, la bomba”.

All’università, Galli c’era andato con la figlia Alessandra, studentessa di legge e oggi magistrato, come la sorella Carla. Toccò a lei, avvertita dagli spari, accorrere subito. Con il cuore in gola. Un brutto presentimento. E riconoscere e abbracciare il padre.

libro de bortoli

Arrivò, trafelato, al secondo piano, anche Giampaolo Pansa, che aveva lavorato al “Corriere della Sera” e poi era approdato alla “Repubblica”. Un mito per i giovani giornalisti di allora. Aveva in mano il suo blocco degli appunti. Come il mio. E si mise a raccogliere le informazioni con umiltà. La lezione di un grande cronista. Il suo articolo il giorno dopo era straordinario. Andrebbe riletto. Il mio, scritto con Paolo Chiarelli, dignitoso e informato. Nulla di più..

… Galli lasciò la moglie Bianca e cinque figli. In una lettera pubblicata il 25 marzo 2005 nella rubrica Dalla parte del cittadino – tenuta ancora oggi da Giangiacomo Schiavi nella cronaca milanese del “Corriere” – il figlio Giuseppe parlò delle passioni del padre. Gli piacevano la montagna e i fumetti. Macché eroe, definizione frusta, inflazionata e vuota. Era un padre e un magistrato che faceva il proprio lavoro…

Nella foto qui sopra: un momento della presentazione del libro a Milano 

 

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