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La storia

“Da Marte con amore”: i racconti a puntate del giovane scrittore bergamasco

Prosegue la sezione di BGY dedicata alla raccolta di racconti di Emanuele Mandruzzato, scrittore 20enne bergamasco, intitolata "Da Marte con amore"

Non capisco, non era così quando l’avevo tradotto… È cambiato qualcosa, il rapporto è completamente diverso! La pubblicazione non sarebbe dovuta avvenire, è stato un errore.

Oggi è il 31 maggio 2019 e questo è il mio quinto rapporto riguardante il pianeta terra.
Mathilda dorme, è stato un mese davvero pesante, ma lei mi permette di andare avanti. Come mai questo mondo è così ostile? Quale sentimento spinge gli uomini a non collaborare per un bene universale? Come mai più assomiglio a loro e più mi sento un verme sudicio?
In questo rapporto vorrei parlarvi della cupidigia umana. I Terrestri, per quanto possa risultare difficile da comprendere, non si pongono un limite, se vogliono qualcosa fanno di tutto per averla. Mi sono documentato, nella storia ci sono stati parecchi Umani che hanno compiuto follie in nome del potere, in nome dell’arte, in nome di una donna… Pazzi vi dico, sono veramente pazzi questi Terrestri. Bramano qualunque cosa passi sotto gli occhi, il loro istinto da dominatori è implacabile. Il bello è che quando ottengono il loro oggetto del desiderio, cambiano obiettivo e continuano in questo continuo processo di sottomissione dell’altro. La loro storia potrebbe essere descritta come un effetto domino innescato e mantenuto vivo dalla cupidigia. Come mai dico questo? Be’, adesso ve lo spiegherò e, fidatemi di me, è meglio per voi, e per tutta la nostra razza, che leggiate fino in fondo.
Dopo quella discussione a proposito dei suoi sentimenti, io e Mathilda, avevamo ripreso a vivere serenamente. Un giorno scoprii che le ragazze, su questo pianeta, hanno l’obbligo di frequentare la scuola fino a 16 anni.
“No, non ci voglio andare.”
“Non sei tu che decidi Mathilda,” stavo guidando lungo Via Borgo Palazzo ed il traffico, quella mattina, era davvero infernale.
“Constantin mi ha iscritto contro il mio volere, non ci voglio andare, quel posto fa schifo!”
“Non dire così, sono sicuro che stai esagerando. Io sono andato a scuola per una trentina d’anni e non mi sono mai lamentato, anzi, continuo tutt’ora a studiare.”
“Sì, ma da noi è diverso,” mi misi a ridere a causa della sua voce infantile, “no, dico sul serio, i professori aprono le loro bocche ed iniziano con i loro bla bla bla bla… E ti giuro che vanno avanti tutto il tempo così. Io non ho 98 anni, come diavolo pensi che possa apprezzare quella specie d’ospizio? E poi le mie compagne? Tutto il tempo con il viso attaccato al telefono, mentre i ragazzi non fanno altro che tentare di guardarmi sotto la gonna. Giuro che li ammazzerei tutti quei perverti maledetti.”
Mi misi a ridere anche se non mi andava giù l’idea di mandare Mathilda in un postaccio di quel genere.
“Senti, tu, per ora, fatti andare bene questa scuola, oramai l’anno è finito, poi penserò io a sistemarti per bene.”
Accompagnai Mathilda di fronte al suo liceo in Via Angelo Maj… Lussani? No, non si chiamava così, va be’, era un liceo.
“Non farmi questo David.”
“Niente discussioni,” le diedi un bacio sulla fronte e lei scese dalla macchina.
Schiacciai il piede sull’acceleratore e sfrecciai lontano in cerca di un po’ di pace. Gli uomini in giacca e cravatta non si facevano vedere da un pezzo ed io cominciai a perdere le speranze di ritrovare Clara. Mi sentii privato d’ogni obiettivo valido per continuare a vivere, molti Umani quando giungono ad un certo livello di disperazione decidono di togliersi la vita, questo però, ovviamente, non è il mio caso. Decisi che la priorità, in quel momento, era prendersi cura di Mathilda, così, dopo tanto vagare, tornai al liceo. Volevo capire se quello che mi aveva raccontato era vero o meno. Chiesi alla preside d’essere ricevuto.
“Lei è…”
“David Starbuk…”
“Sì, certo, ma intendo, lei è il padre di…”
“Mathilda, Mathilda Fischer…”
“E lei fa Starbuk di cognome?”
“Nome d’arte,” sono diventato piuttosto bravo a mentire.
“Va bene mi dica pure quello che desidera.”
“Vorrei sapere come va la mia Mathilda.”
“Oh, non deve parlare con me allora, deve andare dal suo coordinatore, dovrebbe trovarlo proprio ora nella classe di sua figlia. Secondo piano, terza porta a sinistra.”
Mi congedai e mi diressi verso la classe indicatami. Non bussai e quando entrai vidi Mathilda alla lavagna intenta a scrivere. Il suo professore, un uomo alto, pelato e con la faccia da cretino, stava seduto alla sua cattedra intento ad osservarle il sedere e sbavare.
“Che diavolo sta facendo?”
L’uomo rinvenne dal suo sogno erotico.
“Chi diavolo è lei?”
Mathilda si voltò e quando mi vide esordì con un grande sorriso.
“Sono il padre di Mathilda,” quasi la ragazzina si mise a ridere.
“Non è orario di ricevimento.”
“Lei fa così con tutte le ragazze?”
“Di che parla?”
“Parlo di quello sguardo da pervertito che aveva stampato in faccia quando sono entrato.”
“Se ne vada immediatamente, non m’importuni oltre.”
Ero furioso, tante settimane di frustrazione a causa della scomparsa di Clara avevano contribuito ad aumentare il mio livello di stress.
“Io la importuno quanto mi pare,” mi avvicinai all’uomo,sollevai la cattedra e la scagliai contro il muro. Poi presi l’insegnante per il colletto della camicia, lo appesi al gancio nel muro che sosteneva la lavagna.
“Se per sbaglio rivedo la tua faccia, giuro che ti rompo il culo.”
Tutti gli studenti della classe non facevano altro che ridere, all’improvviso entrò una docente: era piccola, aveva i capelli neri e la pelle della faccia era talmente rinsecchita che sembrava un cadavere in stato di putrefazione avanzata.
“LA VOGLIAMO SMETTERE? IO STAREI FACENDO LEZIONE QUI ACCANTO!”
“Ce ne stavamo giusto andando,” dissi io in maniera piuttosto pacata.
Quando vide il suo collega penzolare emise un urlo stridulo e mi guardo terrorizzata, “che ha fatto mostro?”
Le mostrai la lingua, aprii più che potei le palpebre degli occhi ed urlai: “SONO PAZZOOOOOOO,” la donna scappo dall’aula, io mi girai verso gli alunni di quella disgraziato liceo e dissi: “Forza, tutti quanti, seguitemi.” Si levò un gran boato. Un’orda di adolescenti su di giri capeggiata da un Falcon infuriato si rovesciò in strada. Presi Mathilda per un braccio e la trascinai fuori dalla ressa. Tonammo a casa.
“Senti, volevo dirti che mi dispiace,” dissi io sorseggiando un po’ di minestrone.
“Di che?”
“Non avrei dovuto reagire così, lui non ti ha toccata, adesso dovrai ripetere l’anno.”
“Quella scuola è un incubo, sai, sono in grado di rendere qualunque cosa noiosa e stressante. Anche le cose divertenti, credono che l’unico modo per insegnare sia annoiare. Alcuni professori entrano, iniziano a parlare, lo fanno per un’ora, e poi se ne vanno. A volte, in quel posto, mi sento come un fantasma.”
“Sul nostro pianeta è tutto molto diverso.”
“Come?”
“Un giorno te lo mostrerò,” sollevai la testa dal minestrone le sorrisi e poi continuai, “promesso, comunque come pensi di fare per l’anno perso?”
“Troveremo una soluzione, piuttosto guarda qua,” Mahilda mi mise sotto gli occhi il suo smartphone.
“Cos’è questa roba?”
“È il rapporto di un alieno sbarcato sulla Terra da Marte, me l’hanno fatto vedere i miei compagni.”
“A me che importa?”
“Parla di te, anzi è stato scritto da te, o da qualcuno che ti conosce molto bene.”
“Io non scrivo nella vostra lingua, non preoccuparti.”
“Infatti qui dice che è stato tradotto.”
Presi lo smartphone della ragazza e… Non volevo credere ai miei occhi, avevo tra le mani il mio primo rapporto tradotto in italiano.
“Dove sono gli altri?”
“Mi ha detto che ha solo questo, su internet ho già guardato, non si trova nient’altro.”
Ero terrorizzato, la data della pubblicazione segnava l’anno 2017, non riuscivo a capire un accidente, l’unica cosa che avevo era un nome: Manuel Marazski.
Decisi che, dopo quella turbolenta giornata, sarebbe stato meglio rilassarsi sul divano davanti ad un buon film, così andai a noleggiarne uno alla Video T.I.M.
Presi “L’avvocato del diavolo”, inerii il DVD nel lettore e mi lasciai cadere sul tappeto.
“Mathilda…” Le dissi sollevando la testa, visto che lei stava sdraiata sul divano.
“Sì?”
“Cosa importa a quel tipo del suo record di casi vinti? La moglie lo ama, ha una casa fantastica, cioè… No, va be’, è solo un film giusto?”
“No, no, il regista ci ha preso, vedi, noi Umani siamo fatti così, non ci accontentiamo mai di quello che abbiamo, il nostro sguardo è costantemente rivolto verso il futuro, verso ciò che vorremmo possedere e verso ciò che un giorno, ci costasse la vita, avremo.”
“Sai, fate veramente paura.”
“Ci facciamo paura da soli, non preoccuparti, ma questa è la nostra natura.”
“Be’, tu non sei così.”
“Sì che lo sono, solo che sono una donna e non sono stupida come gli uomini, io mica sbandiero i miei progetti ai quattro venti,” si mise a ridere e mi diede una pedata sul sedere, “lo so che sembro una fatina buona, ma in realtà sono la più cattiva delle streghe.”
Mi misi a ridere ed anche lei mi seguì nella mia ilarità. Non ero sicuro che stesse scherzando, ma non m’importava. Questa ragazzina è come una figlia per me, potrebbe fare o diventare qualunque cosa, le vorrei sempre bene..
“Dai, vai a letto.”
Tutte le luci della casa si spensero ed il sonno calò sulle nostre menti stanche.
La sveglia suonò alle 8 del mattino… Odio le sveglie, sono la cosa più innaturale che esiste su questo pianeta: gli animali si svegliano quando gli occhi si aprono e non quando una scatolina di plastica inizia ad emettere un suono così fastidioso da farti accapponare la pelle. Eravamo entrambi piuttosto assonnati, mentre io facevo colazione, Mathilda si faceva la doccia, poi ci scambiammo i ruoli.
“Ehi, David, questo tipo è famoso.”
“Ah sì?” Mugugnai mentre mi stavo lavando i denti
“Vieni qua.”
Sputai un po’ di dentifricio e continuai a muovere lo spazzolino nella bocca.
“Linguista di fama internazionale scomparso, non si hanno sue notizie dal 2017.”
Andai in bagno, feci qualche gargarismo e tornai da Mathilda, “mi stai dicendo che siamo fregati.”
“Non possiamo certo prendere la macchina e metterci a cercalo così, a caso.”
“Forse hai ragione…”
“Forse?!?!?”
“Che ti devo dire Mathilda? Io devo trovare quell’uomo, lui sa tutto!”
Qualcuno bussò alla mia porta, non era mai capitato, a parte quando la signora Mussetti mi aveva chiesto un po’ di zucchero.
“Sarà ancora la vicina.”
“Impossibile, sono stato chiaro con lei.”
Mi avvicinai alla porta con passo felpato e misi l’occhio sullo spioncino. Sull’uscio stava un uomo con un naso enorme ed una folta chioma riccia. Aprii, d’un paio di dita, la porta, “che vuoi?”
“Sono Manuel Marazski, aprimi.”
Io e Mathilda ci guardammo stupiti… Feci entrare l’uomo.
Stavamo seduti tutti e tre al tavolo della cucina.
“Vuole un caffè signor Marazski?” Mathilda cercò d’essere gentile.
“No, ma dammi pure del tu.”
“Ok.”
Non sapevo davvero da dove cominciare, “Non hai niente da dirmi Manuel?”
“Sono qui per metterti in guardia.”
“Curioso pensavo volessi intervistarmi.”
“La storia è cambiata da quando hai letto quella roba.”
“Hai anche gli altri?”
“Sì, li avevo, ma il futuro è cambiato ed, inevitabilmente ha influenzato anche il passato, così i testi dei rapporti sono cambiati.”
“Quindi tu conosci il mio futuro.”
“No, quando sono arrivato al 5o ha fatto irruzione in casa mia il generale Shark e ha distrutto tutto. Poi mi ha preso, mi ha… Lasciamo stare, fatto sta che avevo lasciato una copia dei rapporti ad un mio collega che è riuscito a pubblicarli.”
“Se riuscissi a reperirli quindi potrei conoscere cosa mi succederà nei prossimi mesi?”
“Shark non ha lasciato niente è inutile.”
“Chi diavolo è questo Shark?”
“Non lo sapevo quando ho tradotto i testi, te lo giuro, ma lui sta a capo di quelli che tu chiami: -gli uomini in giacca e cravatta,- devi sapere che quelli sono soldati addestrati appositamente per catturare forme di vita aliena. Lavorano nell’Area 51.”
“L’Area 51 non esiste,” disse Mathilda ridendo.
“Ti sbagli, io ci sono stato.”
“E cosa succede in quest’Area 51?” Chiesi io curioso.
“Fanno ricerche sugli alieni.”
Rimasi in silenzio qualche secondo, Mathilda mi prese la mano, io mi divincolai e mi feci coraggio, la verità stava per sopraffarmi, lo sentivo.
“Cosa diavolo vuole da me questo Shark?”
“Il tuo corpo, la tua mente, il tuo spirito, vuole tutto. Soprattutto vuole il vostro segreto.”
“Di che parli?”
“-Il Falcon che sogna di volare,- è una vostra favola popolare giusto?”
“Sì.”
“Come finisce?”
“Be’ il Falcon scopre di essere l’eletto e spicca il volo, ma ciò che c’entra?”
“Shark è convinto che dietro ad ogni favola popolare si nasconda un fondo di verità.”
Ora capite cosa intendevo quando parlavo di cupidigia? Questo uomo, questo Shark, deve aver scoperto, in chissà quale modo, l’esistenza della nostra favola ed ora desidera anche lui volare, proprio come il protagonista. Posso capire che gli Umani siano stanchi di dominare solo in terra, ma darmi la caccia solo per una misera favoletta, mi sembra eccessivo, non credete?
“Quell’uomo è pazzo, questo è un mondo di pazzi!”
Manuel e Mathilda rimasero in religioso silenzio.
“In ogni caso, quegli uomini non costituiscono un problema per me, mi sono stati vicini due volte, ma non sono mai riusciti a prendermi.”
“Io sono stato nella loro base, è da due anni che lavorano ad un modo per catturarti, credi davvero che si siano già arres., o che non abbiano qualche asso nella manica? Sei in grave pericolo.”
“Senti, ma perché i miei rapporti sono finiti nel passato?”
“Li ha fatti spedire Shark perché io morirò quest’anno e nessuno oltre a me è in grado di tradurli.”
“Mi sembra che quello in pericolo sia tu.”
“Per quanto ne so potresti essere anche tu il mio assassino, non sto cercando la tua protezione se è questo che intendi.”
Manuel uscì a fumare sul terrazzo, sembrò piuttosto stizzito.
Mathilda era piuttosto pallida, “la cupidigia…”
“Sì, quello Shark dev’essere uno di quegli uomini di cui parlavamo l’altra sera.”
“Devi stare attento David, quando un Umano vuole qualcosa non si ferma finché non la ottiene.”
Improvvisamente il mio smartphone squillò, “pronto?”
“Sono Clara.”
“CLARA?!?”
Balzai in piedi, “dove sei? Stai bene?”
“Tutto bene, ora non posso parlare ci vediamo tra due settimane da oggi al parco Suardi, non mancare, alle 23, ciao.” Chiuse la chiamata.
“Era davvero lei?”
“Sì”
Mathilda si alzò dal tavolo e corse nella sua stanza. Io uscii sul terrazzo, chiesi una sigaretta a Manuel ed iniziai a fumarla, il sapore era odioso, ma in qualche modo mi permise di rilassarmi.
“Scusami, non volevo offenderti, è che gli Umani mi fanno impazzire.”
“Tranquillo.”
“Se vuoi puoi restare con noi, abbiamo un fine comune, potremmo sostenerci a vicenda.”
Manuel accettò la mia proposta, comprai una piccola branda, e la piazzai in salotto, non gli dissi nulla della chiamata di Clara.
Se dovessi ragionare come un Falcon non dovrei andare all’appuntamento fissato da Clara, lei è una persona che m’influenza troppo. Purtroppo io oramai non sono più un Falcon, nel mio cuore s’è instillata la cupidigia e finché il mio desiderio, d’amore verso Clara, non verrà soddisfatto, io non smetterò di combattere su questo odioso pianeta. La riavrò, costi quel che costi.

David Starbuk 31/05/2019

Copertina a cura di Francesco Zarbà

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