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Per la prima volta Facebook ammette: usati per diffondere fake news a vantaggio di politici

E decide di correre ai ripari: ci riuscirà?

Massimo Gaggi sul Corriere della Sera racconta del rapporto messo a punto da Facebook in cui il social network ammette di essere stato manipolato per diffondere false notizie. Ecco l’articolo.

Facebook lancia una task force di esperti di sicurezza informatica e di studiosi delle forme di manipolazione del web per combattere la diffusione delle fake news e delle strumentalizzazioni politiche nella sua rete sociale.

E pubblica un rapporto di 13 pagine nel quale riconosce di essere stato involontario veicolo di campagne politiche coordinate per influenzare la sua sterminata platea di utenti con notizie false o fuorvianti.

Manovre sviluppate durante la campagna elettorale che ha portato Trump alla Casa Bianca e ripetute in occasione delle elezioni francesi: il primo caso nel quale Facebook ha cominciato a reagire con una certa tempestività, eliminando più di 30 mila account, utenti-robot usati per far rimbalzare post propagandistici calunniosi o basati su accuse infondate.

Un cambio di linea tanto netto, l’ ammissione di essere stata sistematicamente strumentalizzata da governi e partiti, fanno sembrare lontani anni luce i tempi in cui il fondatore, Mark Zuckerberg, negava ogni responsabilità. E, invece, sono storie di ieri: era l’ 11 novembre quando – con tutto il mondo della tecnologia stupito per l’ elezione di Trump e impegnato in un esame di coscienza per aver sottovalutato quanto accaduto su Internet – Zuckerberg definì «a pretty crazy idea», una follia, pensare che le falsità veicolate attraverso Google durante la campagna elettorale potessero aver influenzato l’ esito del voto.

Più che un’autodifesa parole autolesioniste, rese ancor più grottesche dalla sortita del suo portavoce il quale, dimenticando che Facebook si vanta (a ragione) di essere il veicolo attraverso il quale quasi la metà degli americani riceve la sua dieta di notizie, aveva minimizzato: «Siamo solo uno dei tanti canali usati dalla gente per informarsi». Da allora molto è cambiato: sepolto da un uragano di critiche, Zuckerberg ha deciso di destinare più risorse ai controlli per evitare che Facebook sia usata come megafono di campagne o traffici illeciti. Nel manifesto pubblicato il 17 febbraio, poi, il fondatore riconosce che Facebook è stata strumentalizzata e promette di correre ai ripari.

Il rapporto presentato ieri cerca di dare sostanza alla nuova strategia. Un’azienda che fin qui si è affidata soprattutto alle buone intenzioni dei suoi utenti e ha sempre affermato di non poter né voler intervenire sui contenuti in rete (salvo casi estremi) per non limitare la libertà di espressione, ora riconosce di essere diventata il campo di battaglia di governi e organizzazioni politiche che cercano di manipolare l’opinione pubblica.

Accusata di combattere con efficacia solo la pornografia ignorando le manovre politiche più sporche, Facebook fino a ieri spiegava che i suoi algoritmi intercettano facilmente le scene di nudo, mentre faticano con le fake news . Lì ci vuole un esercito di controllori umani. Difficilmente la società ne metterà in campo uno, ma il suo security team ha alzato il livello di vigilanza.

Sarà efficace? Lo vedremo con le elezioni britanniche e tedesche. In Germania le campagne digitali di destabilizzazione di Angela Merkel sono iniziate da tempo. Alimentate, dicono gli analisti, dalla Russia.
Qualche sito specializzato come The Verge è scettico sull’efficacia della nuova strategia, ma Facebook sta assumendo gente esperta e sembra cambiare prospettiva anche sul piano culturale: dei tre firmatari del suo rapporto uno solo è un computer scientist. Gli altri due – provenienti da aziende di cybersecurity – sono studiosi di politica internazionale e government .

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