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La star

Alessandro Barbero all’Università: “La storia ci fa capire che non esistiamo solo noi al mondo”

Lucia Cappelluzzo ha seguito la conferenza presso l'Università degli Studi di Bergamo su Costantino il Grande di Alessandro Barbero. Ecco la sua intervista

15 marzo 2017, Aula Magna dell’Università degli Studi di Bergamo, sede Sant’Agostino. Lezione sull’Imperatore Costantino, il Vincitore.

Ma facciamo come si fa a scuola: un breve ripasso della lezione precedente per arrivare preparati al giorno della conferenza (sia mai che il professore si inventi anche una verifica programmata).

Chi era Costantino? Uno dei grandi uomini della storia, figura iper-dialogica in cui hanno convissuto molteplici anime: Oriente – Occidente, Pagano – Cristiano, Romano – Bizantino. Il grande imperatore dell’editto di Milano (313 d.C) che, per primo, definì il cristianesimo “Religio licita.” Usurpatore del regno, assassino, figlio di Costanzo Cloro e Elena. Il predestinato, il vincitore, il mai sconfitto sotto il “signum celestem dei.” Creatore del primo concilio ecumenico e fondatore della più grande megalopoli del Mediterraneo, Costantinopoli.

Il relatore della conferenza? Alessandro Barbero. E non servono presentazioni. Un volto noto, anzi notissimo, della televisione di programmi come il Tempo e la Storia e Superquark e uno dei massimi nomi nel campo della divulgazione storica.
“Costantino – racconta Barbero nel corso dell’intervista – mi ha permesso di fare l’esperimento del mio mestiere, lo storico, in un infinità di campi diversi e tutti collegati tra loro. Studiarlo per me ha significato misurarmi con una serie di fonti diversissime: noi storici siamo predisposti a prediligere le fonti scritte, di tipo narrativo, ma studiare un imperatore che ha governato per trent’anni significa studiare più di mille epigrafi, migliaia di monete e molto altro.”

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Alessandro Barbero ha trascorso dieci anni della sua vita con Costantino e il risultato è un volume di circa 800 pagine dal titolo “Costantino. Il vincitore”, presentato all’Università di Bergamo nel pomeriggio di mercoledì 15 marzo. Con la sua passione e ironia nel raccontare la storia affascinante e sfaccettata del grande imperatore ha di certo ammaliato la platea che, a fine incontro, non ha perso l’occasione di portarsi a casa un autografo o un selfie con il professore piemontese.

La storia bisogna saperla raccontare; Barbero lo sa bene e non ha mancato nel suo intento: “Le parole non fanno la storia, ma sono ciò attraverso cui noi riusciamo a coglierla e a raccontarla. Lo storico si occupa delle parole e fare questo mestiere significa sapere spiegare e convincere, e quindi saper maneggiare le parole continuamente. Le fonti con cui lavoriamo sono fatte in gran parte di parole e io credo che se uno fa lo storico, anzi, io faccio lo storico – sottolinea sorridendo – perché a me è congeniale percepire la realtà attraverso le parole. Ho la sensazione di saperne molto di più su Costantino e Carlo Magno dopo aver letto tanto, piuttosto che su Donald Trump dopo aver visto un servizio in Tv. Per me la percezione attraverso le parole è la più sicura e anche la più emozionante.”

Tanto è vero che è proprio alle parole che Barbero ha dedicato il suo ultimo libro e l’incontro tenuto presso il Museo Archeologico di Bergamo, nella serata di mercoledì 15: “Le parole del papa – da Gregorio VII a Francesco”. “Mi interessava indagare quanto è cambiato il linguaggio dei papi nel corso dei secoli. La Chiesa ha prodotto una grandissima quantità di parole ed è proprio attraverso di esse che si è presentata e continua a presentarsi al mondo”, racconta.

La vita di Barbero è emozionante. Può considerare suoi amici i grandi uomini e le grandi donne della storia perché ha il privilegio di studiarli ogni giorno e dialogare con loro, tanto da arrivare a considerare Costantino “un compagno con cui ho trascorso dieci anni della mia vita”. Attraverso le fonti lasciateci dagli antichi può rivivere le loro vite e conoscerli a fondo ed è questo, secondo Barbero, la bellezza dello studiare la storia e del perché “si deve studiarla” – anche se al professore non piace il verbo dovere-.

“La storia serve perché moltiplica la nostra esperienza, un po’ come la letteratura. Se uno ha letto molti romanzi si è abituato all’idea che nel mondo ci sono tante persone, tutte diverse. Hai l’opportunità di vivere altre vite e, al di là del fatto che sia bello e basta, una persona che ha letto tanti romanzi è più attrezzata per sapere che al mondo non ci sei solo tu, ci sono anche gli altri, e questi altri sono diversi da te. La storia fa lo stesso effetto, con la differenza che invece di essere una storia inventata da uno scrittore, la storia è un immenso repertorio dove gli essere umani si sono ritrovati davvero. Prima di noi sono vissuti millenni di altri essere umani: sapere cosa sono stati capaci di fare (dalle piccolezze alle grandi azioni), i problemi che si sono trovati davanti e le soluzioni che hanno trovato, questo è il motivo principale per cui serve studiare la storia. E uno che l’ha studiata, non è che prevede il futuro e forse non capisce neanche fino in fondo il presente, ma ha uno strumento in più per orientarsi nella vita.”
Grandi e importanti parole, specialmente per i giovani (anche se non solo), da cui prendere esempio: “Non ci sei solo tu, ci sono anche altri, e questi altri sono diversi da te”.

Dalla storia si impara: sì, no, forse. Anche Barbero su questo è dubbioso. Quello che è certo è che gli uomini sono sempre gli stessi: “Ogni epoca pensa ‘viviamo in brutti tempi’, ‘una volta era meglio’, ‘viviamo in un epoca senza valori, tutto è in crisi’, ‘non ci sono più le stagioni’, ‘i giovani d’oggi…’– afferma Barbero – e Costantino ci dà insegnamenti molto attuali. Ci insegna che quando senti fare l’elogio di un politico in un discorso non è che devi credere a tutto quello che senti dire, ma devi chiederti chi è? Perché lo dice? Ci insegna che il potere è una cosa che ti influenza tanto, al di là delle epoche e che il potere si è sempre basato in larghissima misura sulla propaganda e che bisogna saperla decodificare.”

La massiccia propaganda di Costantino e il potere assoluto conquistato dopo l’uccisione di tre imperatori (ai tempi vigeva la tetrarchia) ha permesso all’imperatore di riuscire a rendere “licita” la religione cristiana che, successivamente, negli anni dell’imperatore Teodosio, verrà imposta come religione di Stato. “Non escludo che l’imposizione di una religione di Stato possa ripresentarsi come fenomeno storico. Io sono ateo e figlio di una civiltà che è arrivata a decidere che la Chiesa e lo Stato debbano essere cose separate, e io indubbiamente lo preferisco.”

Si sente spesso dire che la nostra epoca è paragonabile alla decadenza della fine dell’Impero Romano, ma Barbero, più che al tardo impero, vede somiglianze dell’epoca dei regni romano barbarici: “Quando gente che era andata a scuola e che sapeva mettere due pensieri in ordine era proprio pochissima. Qualche piccolo aspetto di tardo impero ci può essere nelle crescenti disuguaglianze sociali, nel lusso sfrenato e ostentato, ma ciò che può essere davvero da basso impero sono i numerosi ricchi e arroganti che spendono per una cena ciò che un operaio guadagna in dieci anni. Ecco, quello ricorda l’immagine che abbiamo dell’impero.”

Ho concluso la piacevole e davvero interessante intervista con il professor Barbero – è bello a volte tornare alle origini dei propri studi – interrogandomi insieme a lui su quanto siano importanti i mass media nella divulgazione storica: “La televisione è molto importante per la divulgazione – afferma – basta non confondere la divulgazione con la ricerca e con la comunicazione tra specialisti. In altre parole, la divulgazione è un appendice del lavoro di ricerca, in qualunque campo la cosa che conta di più è che ci siano studiosi che studiano che, parlando fra loro, fanno andare avanti la conoscenza e questo sarebbe già sufficiente. Poi la nostra epoca ha deciso che è anche bene che gli specialisti raccontino al grande pubblico quello che fanno; e la ritengo una buona cosa, purché non si confondano le due cose. E una volta che alcuni specialisti decidono di spendere un po’ del loro tempo, anche molto, nel parlare ad un pubblico più ampio, allora è chiaro che la televisione a modo suo, e ancora di più i social network, sono fondamentali.”

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