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La storia

Anna, uscita dall’inferno dell’anoressia – bulimia: “Ragazze, chiedete aiuto”

Anna (nome di fantasia) è una ragazza 25enne di Bergamo entrata nel tunnel dell'anoressia e bulimia. Porta la sua testimonianza a Bgy per cercare di essere d'aiuto a quelle ragazze come lei

“Ripensare al passato è difficile, ricordo quando trascorrevo le mie giornate passando dalla cucina al bagno una decina di volte in un solo pomeriggio, biscotti/gabinetto, formaggio/gabinetto, pane/ gabinetto e così via…”. Anna è uscita dall’inferno. Anna è una ragazza di Bergamo (il nome non è quello vero) di 25 anni entrata nel tunnel dell’anoressia e bulimia e porta la sua testimonianza su Bgy per cercare di essere d’aiuto a quelle ragazze come lei.

Anoressia e Bulimia. Ci sono milioni di ragazze che soffrono di entrambe le patologie infernali, eppure nessuno se ne accorge o meglio, troppi fingono di non accorgersene.

Ragazze stremate dall’ossessivo bisogno di riempire il loro stomaco di tutto ciò che fino a quel momento era mancato. Donne, bambine, adolescenti in cerca di un appoggio, una stampella, su cui sfogare le proprie frustrazioni, le proprie insicurezze e i propri passati inquietanti.

Si riempiono lo stomaco di dolci, pizzette, biscotti, di ogni genere di sostanza nutritiva, si abbuffano di cibo per non fermarsi a pensare, perché riflettere e ricordare sarebbe fatale per loro. Tutto ciò che desiderano è non pensare, dimenticare “mandando giù” e trascorrere sistematicamente la loro giornata in questa maniera.

Vanno avanti per anni ed anni ma ad un certo punto si arrendono, non combattono più e la prima cosa a cui pensano è quella di farla finita. Sembra l’unica via d’uscita. La mancanza di affetto, amore, la mancanza di un corpo perfetto, ossuto e scarno che concede così grande sicurezza, spesso può portare a conseguenze estreme.

Con l’avanzare della malattia e della propria insoddisfazione personale, si aspira a una liberazione: “L’inferno non sarà mai peggio di quello che viviamo ogni giorno quaggiù!”. In queste parole percepisco disperazione e tanta voglia di essere libere da queste terribili catene, essere libere in un posto dove il corpo non conta, non viene giudicato ma dove si ammira l’animo di una persona e l’amore che possiede.

Vorrei gridare a tutte queste persone di farsi aiutare, di contattare immediatamente strutture idonee a questo genere di malanno fisico e mentale.

Avevo un’amica, ora non la sento da un po’, era malata di anoressia e bulimia, una sera tentò di distruggere il dono più grande che sua madre le avesse mai dato. Accanto a lei c’era un ragazzo, l’unica persona che l’avesse mai amata per quello che era, l’unico che le stava vicino durante ogni estremo momento di logorazione e l’unico che quella sera le salvò la vita, permettendole di capire che il cammino era appena iniziato e questa sua grande rinascita l’avrebbe indirizzata a seguire una strada più sicura e più piacevole per lei.

bulimia

Le tragedie si posso evitare aiutando queste persone, portandole in strutture adeguate dove prevalgono amore e affetto, ciò di cui si sono sempre sentite private.

Mi permetto di scrivere tutto ciò, perché purtroppo, ho vissuto personalmente sulla mia pelle questa terribile malattia e posso dire che anche quando pensi di essere guarita, in realtà basta poco per farti rapire di nuovo dall’ombra, io la chiamo così, perché ti segue ovunque, non ti lascia respirare, ti perseguita in qualsiasi momento, qualsiasi cosa tu faccia.

Dopo molti anni di convivenza con la mia ombra, devo dire che quasi quasi mi sta anche un po’ simpatica, è diventata mia coinquilina, mia nemica/amica, mi aiuta a stare in equilibrio, non mi abbuffo più perché ciò implicherebbe di nuovo guardare il mio gabinetto da un’altra prospettiva e non mangio troppo poco perché so che diventerei stanca, affranta, debole e dovrei ricominciare a dipendere da altre persone, amici, famiglia, medici.

Ripensare al passato è difficile, ricordo quando trascorrevo le mie giornate passando dalla cucina al bagno una decina di volte in un solo pomeriggio, biscotti/gabinetto, formaggio/gabinetto, pane/ gabinetto e così via… bè quella non era vita e se mi guardo indietro, oggi, anche se non sono del tutto guarita posso dire che ho imparato ad arredare il mio tunnel e a conviverci tanto da poter avere una vita sociale e personale più che soddisfacenti.

Concludo qui il mio pensiero perché i ricordi che piano piano riemergono, scrivendo queste righe, iniziano a fare male.

Spero che le mie parole possano essere di supporto a qualcuno, non smettete mai di combattere per la vostra vita.

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