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Economia crescita zero? Misiani (Pd): “Ora servono investimenti pubblici”

In un articolo pubblicato su l'Unità, il deputato bergamasco del Pd Antonio Misiani si esprime sulla situazione economica italiana.

In un articolo pubblicato su lUnità, il deputato bergamasco del Pd Antonio Misiani si esprime sulla situazione dell’economia italiana: “La crescita zero ci obbliga più che mai a utilizzare le poche risorse disponibili in modo mirato – sostiene Misiani – Non c’è spazio per sgravi fiscali generalizzati, bisogna scegliere di sostenere gli investimenti pubblici e privati e le famiglie con figli minori o a carico”.

Il suo intervento integrale:

“La crescita zero del Pil nel secondo trimestre è un campanello d’allarme che restringe gli spazi per la prossima manovra di bilancio e ci obbliga più che mai a utilizzare le (poche) risorse disponibili in modo mirato. La priorità deve andare, a mio giudizio, ad interventi per rilanciare gli investimenti e sostenere le famiglie. Per finanziarli, bisogna mettere sul piatto non solo spazi di flessibilità più ampi da negoziare in sede Ue ma anche la rinuncia alla riduzione dell’aliquota Ires, che libererebbe ulteriori risorse per 3 miliardi nel 2017 e 4 miliardi annui dal 2018. Gli investimenti sono il fattore chiave per rilanciare la produttività, che è ferma al palo da parecchi anni e zavorra la crescita dell’economia. Tra il 2009 e il 2014 – gli anni delle manovre lacrime e sangue – gli investimenti della pubblica amministrazione sono crollati del 32 per cento, con una ripresa solo marginale nel biennio successivo. Le decisioni del Cipe di pochi giorni fa pongono le premesse per un’accelerazione degli investimenti infrastrutturali. È però necessario dare una forte spinta anche alle spese in conto capitale degli enti locali, rendendo il fondo pluriennale vincolato pienamente valido per l’equilibrio di bilancio. Secondo il FMI un aumento permanente dell’1% degli investimenti pubblici in infrastrutture produrrebbe un aumento del PIL sia nel breve (+0,4%) sia nel medio e lungo periodo (+1,5% dopo quattro anni), effetti ulteriormente rafforzati se gli investimenti venissero attuati in periodi di bassa crescita e finanziati con debito. Sul versante degli investimenti privati – a loro volta letteralmente franati con la grande crisi – è sicuramente opportuno prorogare il superammortamento, magari con agevolazioni più generose per gli investimenti in tecnologie digitali, così come il bonus ristrutturazioni. L’ecobonus, a sua volta, potrebbe diventare il volano di un vasto programma di riqualificazione dei condomini, trasformandolo in un contributo a fondo perduto bancabile, stabile e pienamente fruibile dagli incapienti. Andrebbero infine finanziate la strategia nazionale per Industria 4.0 (cruciale per non rimanere indietro nella grande sfida della manifattura digitalizzata), una maggiore defiscalizzazione del salario di produttività e gli investimenti delle famiglie in capitale umano (leggasi: diritto allo studio universitario). Una dotazione di 3 miliardi sarebbe una buona base di partenza per questo “pacchetto investimenti”. Quanto ai redditi delle famiglie, anche in questo caso sono opportuni interventi mirati. Le proposte del governo in materia previdenziale vanno nella giusta direzione. La riduzione generalizzata delle aliquote Irpef costerebbe invece troppo, dati gli spazi di bilancio disponibili. Concentrare le risorse sulle famiglie con figli a carico sarebbe una scelta politica di grande forza, sicuramente preferibile dal punto di vista economico e sociale. La direzione da seguire dovrebbe essere quella indicata da molte proposte avanzate anche in Parlamento: una delega al governo per l’introduzione di un assegno per i minori e i figli a carico di carattere universalistico, selettivo attraverso l’Isee, differenziato a seconda della composizione del nucleo familiare. L’assegno per i figli sostituirebbe tutte le agevolazioni esistenti (detrazione Irpef, assegno per il nucleo familiare, ecc.), beneficerebbe di significativi stanziamenti aggiuntivi (almeno il 20 per cento in più a regime rispetto ai 14 miliardi attuali). Un investimento rilevante ed equamente distribuito in favore delle famiglie sarebbe una bella scommessa sul futuro dell’Italia. Un segnale forte di inversione di tendenza in un Paese in cui le nascite sono crollate al minimo storico e l’invecchiamento demografico è uno dei fattori più importanti (ma meno affrontati) della nostra ventennale stagnazione economica”.

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