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La reazione

Pedemontana, Legambiente: “Di Pietro presidente? Un ritorno al passato”

Dopo la nomina dell'ex pm di Mani Pulite, Antonio Di Pietro, a presidente di Pedemontana, Legambiente va all'attacco: "Non è completando i sogni di federalismo stradale di Maroni che si risolvo i problemi della Lombardia".

Secondo Legambiente Roberto Maroni gioca l’ultima disperata carta su un’opera impossibile divoratrice di suolo, stretta dalla morsa dei debiti e raggiunta in questi giorni da una seconda indagine della Magistratura di Roma pe le nomine dei vertici e l’appalto Strabag, dopo la prima avviata nel 2013 dalla Procura di Milano.

“Il totononomine non cambia la mission impossible di colmare la voragine di un’autostrada inutile, poco frequentata e con molte ombre, soprattutto sul futuro. Primo fra tutti lo scoglio dell’attraversamento insensato del territorio di Seveso, sul Bosco delle Querce. Ci pare che più che di Di Pietro, ci vorrebbe San Gennaro!” dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia.

Una situazione ben diversa da quella che Di Pietro, da Ministro dei Trasporti, ha accettato oggi rispetto a quando, 9 anni fa, firmò la convenzione per la realizzazione dell’autostrada, il 1 Agosto 2007. Si tratta di un vero e proprio azzardato tuffo nel passato.

“Il nuovo Presidente dovrà prendere atto che quella convenzione non è stata rispettata da Pedemontana – sottolinea Dario Balotta, responsabile trasporti di Legambiente Lombardia – Non sono state messe le risorse previste, sono stati firmati contratti che non dovevano essere firmati, assunto personale che non doveva essere assunto e la struttura vigilante il Concessioni Autostrade Lombarde (Stato e Regione Lombardia) non ha controllato su 9 anni di pessima gestione, di tentativi di privatizzazione falliti – che dimostrano che il mercato non si fida – e di costi schizzati alle stelle”.

Inoltre da tre anni le banche socie non investono soldi ma incassano interessi, che si mangiano tutto quel poco che incamera la Pedemontana. Un miliardo di risorse pubbliche già spese e da recuperare sul mercato e una quota di traffico sul troncone già aperto inferiore ad una strada di campagna, dovrebbero indurre Maroni ad altre scelte: completare i sogni del federalismo stradale dell’ex Governatore Roberto Formigoni può essergli fatale.

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