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La recensione

Dietro la porta, il “Rumoroso Silenzio” del passato

Rumoroso Silenzio, produzione del Teatro Nuovo Bergamo, andato in scena al teatro Gavazzeni di Seriate è uno spettacolo teatrale che prende spunto dagli storici fatti dell’esodo dei Giuliano Dalmati e dell’annessa strage delle foibe.

All’interno di questo ossimoro si dipana lo spettacolo teatrale del Teatro Nuovo Bergamo, produzione che venerdì 12 febbraio, ha vissuto una applaudita prima nazionale.

Rumoroso Silenzio, produzione del Teatro Nuovo Bergamo, andato in scena al teatro Gavazzeni di Seriate è uno spettacolo teatrale che prende spunto dagli storici fatti dell’esodo dei Giuliano Dalmati e dell’annessa strage delle foibe.

Questione che solo dal 2004 – quindi oltre 50 anni dopo i fatti che intende commemorare – ha ottenuto il riconoscimento di una solennità civile nazionale, denominata “Giorno del ricordo” e la cui ricorrenza cade il 10 febbraio di ogni anno.

Giorno e mese, in cui, nel 1947, vennero firmati i trattati di pace di Parigi, le cui numerose risoluzioni prevedevano fra l’altro, l’assegnazione dell’Istria e la più parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia. Piccole firme dal grande valore politico che andarono a disegnare immediatamente nuovi confini abbozzando contemporaneamente e per migliaia persone, l’inizio d’un destino da esuli.

E’ all’interno di questo spaccato che “Rumoroso Silenzio” fiorisce, distaccandosi in maniera netta e decisa da qualsiasi intenzione politica per concentrarsi – attraverso quella peculiare sintesi del teatro – sull’esistenza di poche ed emblematiche persone. Un simile approccio si traduce quindi in una drammaturgia attenta solo ai semplici ed ordinari fatti quotidiani, dove la politica e l’orrore che ne consegue, sono le scelte altrui a cui l’uomo comune è assoggettato. Allo sguardo del pubblico vengono pertanto rivelate le sole questioni private, i soli desideri e ricordi, conditi da quella voglia di vivere di chi giovane, reclama il diritto di poter esercitare spensieratamente, la propria gioventù.

Si tratta di un lavoro – e sono parole del regista ed autore del testo Luca Andreini – che esprime “una profonda richiesta d’amore” da parte di quelle vicende e di quei personaggi che dopo tanto tempo chiedono di essere ascoltati. Rumoroso  Silenzio è quindi l’onesta storia di due ragazzi: Ferdinando “orfano e disordinato accanito di libri” e  Norma “eterna ballerina in vestaglia da notte”, del loro amore e degli amici con i quali condivisero del 1947, la primavera.

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(Tutte le foto dello spettacolo sono di Daniele Magno)  

Vicende innescate da uno studente, che nella contemporaneità di una gita scolastica, si perde in un ambiente scenograficamente imprecisato – potrebbe anche essere quel Magazzino 18 che nel porto di Trieste conserva tutto ciò che gli esuli non riuscirono a portare con se – venendo immediatamente rimbrottato dal custode di quegli spazi. Costui, partendo dall’ingenua ignoranza storica del ragazzo, rivela dapprima l’essenza del luogo in cui si ritrovano, traendo da questo luogo-identità lo spunto per rammentare i fatti che visse in prima persona e rammendare così il suo passato. Parole che – nell’essenza magica che il teatro garantisce – sono in grado di far rivivere quanto accadde oltre 70 anni fa.

Da quelli che apparivano come semplici oggetti, si solleva – attraverso una trovata scenografica – il velo del tempo, rivelando complementi d’arredo, così come le viventi figure di uomini e donne, legate a tutte quelle “cose” per il ripetuto e normale uso. Dalle sedie rinascono quindi coloro che erano soliti sedervisi sopra. Gli attori finalmente prendono vita e cominciano, dialogo dopo dialogo, a costruire la vera sostanza di “Rumoroso Silenzio”.

La qualità del testo agevola la recitazione e permette di  assistere alle magnifiche interpretazioni dei due protagonisti e del custode – Andrea Salierno, Elisa Giorgio, Emilio Catellani – perfettamente centrati e capaci di trasmettere, ogni sfumatura presente nel testo.  Il disegno luci è tradizionale, solo azzardato verso la fine dello spettacolo, in una modalità che stride, pur non stonando. Azzardo, che si ripete anche dal punto di vista delle musiche, con una sola melodia che si discosta da una colonna sonora che possiamo definire coerente e mai invasiva, il cui valore aggiunto, risiede nell’essere suonata sempre in presa diretta da parte di Christian Paganelli.

Indubbiamente la scena più impattante, è quella in cui – rotta la quarta parete – il pubblico viene coinvolto, trafitto e contagiato dalla paura e dalla preghiera di una ragazza, Emma (Benedetta Biffi), braccata da quelle milizie che volevano infoibarla. Scelta che drammaticamente riversa sul pubblico quel senso di impotenza e di dolore che l’uomo comune sempre prova, nel momento in cui nulla vuole o può fare, per evitare che la violenza si abbatta sui suoi simili.

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Rumoroso Silenzio si sviluppa mantenendo sempre una certa tensione scenica, grazie anche alle performance equilibrate degli altri attori in scena – Gianluca Piretti, Michele Ulivieri, Ottavia Sanfilippo, Clara Conti– ed ai ricami delle due danzatrici – Jennifer Ravasio e Daniela Lecchi – le cui movenze in controscena sono sicuramente evocative.

Peccato invece che il teatro non supportasse microfoni direzionali, condizione questa che ha obbligato gli attori ad utilizzare individuali microfoni a bacchetta amplificati da un impianto non certo all’altezza della situazione: si è quindi vanificato quel lavoro vocale e quei dettagli dei toni, che si è potuto solo intuire e che ha reso vano il lavoro dei tecnici, Rossano Pasinetti e Lorenzo Polimeno.

A chiudere “Rumoroso Silenzio” v’è poi un finale inteso a riconciliare il passato ed il presente, in una maniera tenera, che coglie con commozione, lasciando spazio a tutta una serie di interpretazioni: chiusura “in levare” che prolunga la riflessione sulle vicende raccontate ancora mentre si sta applaudendo.

Rumoroso Silenzio è per concludere, un lavoro teatrale onesto e leale, realizzato con capacità, passione e professionalità, che spicca per quella peculiare generosità che solo l’ottimismo giovanile – non per si tratta della realtà più giovane d’Italia – è in grado di garantire. A sipario chiuso, quindi riaperto per i meritati applausi, viene spontaneo pensare e riconoscere una volta di più, che il teatro – fatto dai più grandi quanto da Luca ed alcuni suoi attori, ovvero da chi anela e può ambire a questa grandezza – è la sola occasione per mostrare che dietro ad ideologie e fenomeni di massa, ci sono in carne ed ossa, vere donne e veri uomini.

Di questa finzione scenica, resta pertanto la sua assoluta verità, che supera i nomi dei personaggi e degli attori, che va oltre quelle specifiche coordinate spazio-temporali. Verità che riconduce all’uomo, ad ogni singolo uomo  ed alle due sole scelte possibili. Togliere o dare vita, cancellare o ricordare la storia.

Queste le prossime repliche di un tour di lancio ricco di iniziative correlate:
20 febbraio teatro Don Bosco (BG)
26 febbraio teatro Villoresi (MB)
31 marzo teatro Stabile Di Trieste, Orazio Bobbio (TS)

Sempre nel 2016 il tour toccherà poi Verona e Roma.

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