«Gli uomini, passati i 50 anni, fanno sempre qualcosa di strano», racconta Beppe Severgnini. Sarà perché «a quell’età ci si accorge del rischio ripetizione: un peccato veniale in alcune professioni, ma mortale in quelle attinenti alla comunicazione». Per sfuggirivi, Severgnini si è messo alla prova con una sfida del tutto inedita per un giornalista in attività: interpretare un ruolo a teatro.
Aeroporto di Lisbona. Notte. L’inatteso sciopero dei voli costringe a terra i passeggeri. Pochi, a dire il vero. Il silenzio che avvolge l’ambiente è rotto dalla voce di una ragazza (Marta Isabella Rizi), piuttosto nervosa mentre cerca di spiegare al telefono la situazione al fidanzato. Parla inglese ma è italiana, e vorrebbe raggiungerlo in Brasile per aprire un chiringuito sulla spiaggia.

A pochi metri di distanza da lei, un signore dal capello brizzolato – anzi, “metallizzato” – (Beppe Severgnini) l’ascolta con attenzione e attacca bottone con lei. Si scopre così che è diretto a Boston, Massachussets.
Il ghiaccio è rotto ma, proprio come il volo che i due attenderanno tutta la notte, il feeling tra i due stenta a decollare: lei è scontrosa, inacidita dagli eventi e con l’aria di chi vorrebbe infilarsi un paio di cuffie nelle orecchie e isolarsi dal mondo; lui amicale per quanto insistente e pedante. E la differenza d’età (59 anni lui, 28 lei) non corre in loro aiuto. Soltanto la condivisione dell’attesa e delle esperienze di vita li porterà a conoscersi, stimarsi ed arricchirsi reciprocamente.
E’ così che va “La vita è un viaggio”, liberamente tratto dall’omonimo libro del giornalista e saggista cremasco per la regia di Francesco Brandi (a testimoniarne il legame anche l’enorme aereoplanino di carta – nonché immagine di copertina del volume – che domina la scena).
I due parlano del viaggio come dimensione interiore, delle regole che impone e delle porte che può spalancare quando in tasca si hanno le chiavi giuste. Lo fanno citando libri, canzoni e film, provocandosi l’un l’altro. Si parla dei sogni un po’ appassiti di lei (in fuga dall’impasse esistenziale che la vede attrice inespressa in un’Italia e un’Europa non sempre adatte ai giovani) e si parla di lui: sorta di padre improvvisato che dispensa consigli al figlio, con intelligenza e ironia mai banali.
Insieme ai due c’è una terza figura, Elisabetta Spada, in arte Kiss & Drive: silenzioso testimone dell’incontro munito di bagagli e, soprattutto, di una splendida voce che tra un dialogo e l’altro incanta il pubblico (magnifica, tra le tante, la cover in acustico di “Road to Nowhere” dei Talking Heads).
Il tema è senz’altro quello del confronto tra generazioni: l’alleanza e l’ascolto dei giovani che vivono un momento difficile e di frustrazione.
Del resto «mescolare età e talenti funziona», spiega Severgnini. Proprio come in quell’aeroporto, certo.
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