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Il doppio ex

Atalanta-Sassuolo, il passato di Gregucci: “Due splendide realtà della serie A”

Quando ricorda “l’Atalanta B. C.” (la chiama proprio così, ndr) gli viene un po’ il magone. Perché l’uomo, al di là del ruolo di allenatore di calcio, è sicuramente molto sensibile e attaccato a valori morali fondamentali per una persona. E non dimentica.

“So cosa vuol dire lavorare per quella squadra, per quei colori a cui tuttora sono molto attaccato anche se purtroppo per me e ne sono dispiaciuto, è stata un’esperienza breve. Ma intensa”. Angelo Gregucci è sempre lui, con quella faccia un po’ così che sembra sofferente ma sempre pronto a lottare fino in fondo. E a gioire, a prendersi qualche soddisfazione, come la bella favola della sua Alessandria, dalla Lega Pro alla semifinale di Coppa Italia facendo tremare anche il Milan.

Una rivincita anche per lui?

“Assolutamente no. Io cerco di vivere nel calcio mettendoci il mio contributo, sono sereno, lavoro, faccio la mia parte sempre. E il primo obiettivo è lasciare una traccia dal punto di vista umano”.

Ma giocando anche un bel calcio, visto che la sua Alessandria, magari sconosciuta ai più, in tv si è fatta apprezzare anche più di squadre di serie A. Il segreto di questa bella favola?

“Il lavoro, l’umiltà, l’orgoglio di portare a Torino oltre ventimila persone che vuol dire un quarto di una città come Alessandria. Per seguire la nostra squadra, questi colori che conosco bene avendo indossato questa maglia da calciatore e quindi so di cosa stiamo parlando. E oggi al di là del fatto tecnico nel calcio non te la cavi, se non riesci a dare un’impronta e un contributo dal punto di vista morale. Bel calcio? Non si improvvisa niente, ognuno mette un mattone tenendo conto che la squadra viene al primo posto, oltre l’aspetto individuale. Certo c’è anche un pezzo di Atalanta, il nostro Michele Marconi è un figlio di Zingonia…”.

A proposito: Atalanta-Sassuolo vuol dire anche un po’ della carriera di Angelo Gregucci, passato agli emiliani proprio la stagione successiva alla sfortunata esperienza bergamasca. Una sfida tra…

“Due belle realtà del nostro calcio. Partite anche molto bene, il Sassuolo tuttora è settimo, l’Atalanta è scivolata un pochino più indietro. Da una parte c’è l’organizzazione degli emiliani, una società che non a caso è in quella posizione perché ha anche la disponibilità per realizzare certe operazioni e se è il caso coltivare ambizioni, rafforzare la squadra. L’Atalanta sempre molto battagliera, si è ritagliata un ruolo importante, con una storia mobilissima. Certo è una sfida tra due provinciali di lusso”.

Sassuolo rivelazione della serie A?

“Solo chi non conosce la situazione può pensare che sia solo una rivelazione: la proprietà è solida e non lesina investimenti e la squadra sta ottenendo risultati e sta consolidando il proprio valore. Dall’altra parte… Bergamo è l’Atalanta che chiede sempre tanto al proprio settore giovanile, fondamentale per la sua crescita, nella storia della società, nella sua tradizione, con tanti giovani fatti in casa, ne abbiamo avuto un esempio anche con Grassi”.

Che sfida sarà allora?

“Il Sassuolo fa un calcio propositivo, ha una classifica invidiabile e quindi può giocare in maniera spensierata. E’ una squadra pericolosa. L’Atalanta non è nel suo momento migliore, ma è fisiologico un calo dopo la bella partenza. Ora bisogna avere pazienza, dopo il mercato e alcune partenze come Moralez, lo stesso Grassi, Denis. Bisognare dare il tempo ai nuovi come Diamanti di inserirsi, occorre ritrovare gli equilibri. Però c’è Edy Reja che è un punto di riferimento per noi allenatori e non dimenticherei il suo staff di grandissima professionalità con un tecnico come Alberto Bollini. Reja e il suo staff sono il valore aggiunto dell’Atalanta”.

Se la vedrà in tivù, Gregucci?

“Per forza, devo preparare la prossima sfida a Cremona: sarà dura come ogni partita in questo campionato dove tante squadre blasonate rappresentano l’ambizione di città che vogliono tornare sui grandi palcoscenici. Perciò bisogna sempre lavorare intensamente”.

In bocca al lupo ad Angelo Gregucci, se lo merita. E anche un arrivederci a Bergamo.

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