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Bravine le Hinds: ragazze spagnole alle prese col rock’n’roll

In meno di sei mesi le Hinds sono passate dal più assoluto anonimato alle pagine delle più autorevoli riviste musicali. E tutto sommato "Leave Me Alone" se lo merita, commenta il nostro Brother Giober. Dureranno?

Giudizio:

* era meglio risparmiare i soldi e andare al cinema

** se non ho proprio altro da ascoltare…

*** in fin dei conti, poteva essere peggio

**** da tempo non sentivo niente del genere

***** aiuto! Non mi esce più dalla testa

ARTISTA: Hinds

TITOLO: Leave Me Alone

GIUDIZIO: ***

Nell’attesa (quasi spasmodica) di poter ascoltare il nuovo album di Lucinda Williams o della Tedeschi Truck Band, di cui si dice un gran bene, una sera, finito di lavorare mi trovo, a navigare nel web alla ricerca di qualche uscita discografica della quale valga la pena scrivere.

Poco è uscito dall’inizio dell’anno, la maggior parte delle notizie più importanti ricordano ancora David Bowie, il duca bianco, il cui decesso ha avuto veramente un eco vastissimo. Martedì la notizia funesta della morte di un altro grande: Glenn Frey membro fondatore degli Eagles.

Di un disco la maggior parte delle riviste on line scrive in questi giorni ed è quello delle Hinds, band tutta al femminile, spagnola, composta da quattro ragazzine (Ana Garcia Perrote, Carlotte Cosials, Ade Martin e Amber Grinbergen) tra i 19 e i 24 anni che prima si facevano chiamare Deers, nome che hanno dovuto modificare per diritti di copyright.

In meno di sei mesi le Hinds sono passate dal più assoluto anonimato alle pagine delle più autorevoli riviste musicali e nell’estate scorsa hanno partecipato a festival importanti come quello di Austin e di Glastonbury, via Ypsirock considerato non a torto il miglior festival indipendente italiano.

Ovvio che qualche mano invisibile dell’industria discografica ci sia.

Il look è fresco, il titolo dell’album azzeccato, la freschezza una caratteristica della loro musica.

Oddio il pregiudizio prima dell’ascolto è stato forte: passi che gli spagnoli abbiano tutte le prime pagine nel calcio, ma nel rock no, questo non sono disponibile ad accettarlo! Se poi si parla di quattro giovinastre che dalla copertina del disco guardano con fare misto tra la sfida e l’ammiccamento , allora proprio no! Figuriamoci!

Però, mi ripeto, granché non c’è in giro e quindi mi sono alla fine convinto ad ascoltare “questa roba”, non aspettandomi nulla di buono e pronto a scriverne malissimo.

E invece tutto sommato…. Già il primo ascolto mi ha sorpreso, il secondo intrigato e i successivi convinto che Leave Me Alone sia un discreto album. Diciamo tre stelle ma con buone potenzialità, soprattutto per quanto concerne il songwriting.

Perché le Hinds fanno sano rock& roll, mischiato al pop più puro, che quando prevale con evidente insistenza avvicina le nostre a certa bubblegum music.

Prendete i primi Blondie, Jonathan Richman, Suzie 4, i Beach Boys (con le dovute proporzioni), gli Strokes e i Velvet Uunderground (ancora con le dovute proporzioni) e qualche altro esperimento low-fi e – voilà – avrete un’idea della musica delle Hinds, che è fresca, estiva, votata alla ricerca della melodia facile ed orecchiabile, del ritmo coinvolgente, obiettivi più volte raggiunti nel corso delle 12 tracce di cui si compone il lavoro.

Certamente le Hinds non sono grandi musiciste e sui testi meglio calare un velo pietoso, ma insomma, il disco si fa ascoltare con un certo piacere.

Dodici le tracce dicevamo, la più lunga raggiunge i 3,50 minuti, tutte potenziali hits o quasi. Il sound è prettamente chitarristico, la produzione volutamente povera risalta le melodie: si pesca a piene mani dal suono delle garage band, di un certo indie pop degli anni ’90 che sembra essere tornato di moda. Le parti cantate sono affidate a Anna e a Carlotta e l’avvicendarsi garantisce una maggiore varietà anche se i timbri delle due non sono così distanti essendo entrambi acerbi e tipici della giovane età.

L’album esordisce con il singolo Garden che evidenzia da subito le caratteristiche del sound delle Hinds: una bella schitarrata all’inizio a cui si contrappongono voci aspre, tardo adolescenziali , tentate dal perpetrare suoni e miti delle rrriot girl, da una parte, piuttosto che proporre romanticherie dall’altro. Cercano di darcela a bere proponendosi come ribelli , ma forse sono solo ragazzine viziate, però il risultato finale non è male, un po’ confuso, ma non male.

Meglio Fat Calmed Kiddos, surreale e sghemba canzoncina, dove le voci si sovrappongono, si rincorrono, tra loro. Però il sound è quello giusto e la riuscita del brano sorprende ma è innegabile.

Dove il pop emerge prepotente, le Hinds ricordano qualche teen band del passato (ma anche le famigerate Spice Girls): ascoltate per esempio Warts, immaginatela con qualche sforzo di produzione maggiore che potrebbe farla divenire una hits per masse che pensano che i Beatles siano una cover band dei Mungo Jerry.

Più adulta pare essere Easy, giocata su un sottile suono di chitarra, mentre Castigadas en el Granero, è una bella pop song dal ritmo più sostenuto che altrove che in qualche modo potrebbe ricordare alcuni suoni del primo album dei Cure e che secondo il sottoscritto risulta essere il brano più convincente dell’intero lavoro.

Solar Gap risulta languida anche se il fatto che si tratti di uno strumentale aggiunge una certa dose di monotonia , sconosciuta alle altre parti del disco.

Chilli Town e Bamboo, brani posti in sequenza, probabilmente non a caso, nella loro semplicità colpiscono al primo ascolto e restano anche nelle orecchie. Qui il modo di cantare, soprattutto nel primo brano, ricorda in qualche modo alcune cose, le più commestibili, di Patti Smith. Ovviamente siamo distanti anni luce in quanto a intensità e pathos, per in qualche modo il richiamo potrebbe essere quello.

Niente male è San Diego, di fatto una 99 Luftballons (ricordate di una tale Nena, oggi desaparecida) di una ventina di anni dopo, resa in modo più ruvido e leggermente rallentata mentre I will send your Flowers Back è una sorta di ballad, introspettiva e, tutto sommato, noiosa.

Deliziosamente sussurrata è invece I’ll Be Your man, che ha dalla sua una melodia accattivante, con in sottofondo delicate trame sonore, semplici ed efficaci, ma non così banali ed un ritornello che ti entra in testa e no ti esce più.

Chiude il tutto Walking Home, brano serrato, ancora chitarre e proclami giovanilisti (almeno musicali).

Le musica delle Hinds è caratterizzata dalla presenza di riffs indubbiamente graziosi e da melodie accattivanti. Beninteso non siamo di fronte ad alcunché di nuovo, anzi tutto quello che sentirete in questo disco non vi suonerà sconosciuto e d avrete la sensazione di averlo ascoltato già nel passato in mille altri dischi. Però alla fine il tutto funziona, il suono , leggero, potrebbe aiutarvi a vincere la calura estiva che arriverà (da qui non si capisce la scelta di marketing di fare uscire il lavoro a gennaio).

Ciò detto difficile dire se le Hinds sopravvivranno alla prova del tempo o se invece si scioglieranno al sole come tanti altri gruppi del genere. Propendo più per questa seconda soluzione, ma per ora me le tengo strette e le ascolto, con piacere, almeno fino a settimana prossima.

Se non si vuole ascoltare tutto il disco: Castigadas en el Granero

Se non ti basta ascolta anche:

The Strokes – Is This It

The Modern Lovers – The Modern Lovers

The Vaccines – Come of Age

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