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Feste natalizie

L’Adorazione dei Magi di Bonifacio De Pitati al Credito Bergamasco

In occasione del periodo natalizio, presso il Salone principale di Palazzo Creberg (Largo Porta Nuova, 2 - Bergamo) sarà esposto il dipinto Adorazione dei Magi di Bonifacio De Pitati (Verona, 1487 – Venezia, 1553) facente parte della collezione del Credito Bergamasco/Banco Popolare.

In occasione del periodo natalizio, presso il Salone principale di Palazzo Creberg (Largo Porta Nuova, 2 – Bergamo) sarà esposto il dipinto Adorazione dei Magi di Bonifacio De Pitati (Verona, 1487 – Venezia, 1553) facente parte della collezione del Credito Bergamasco/Banco Popolare.

Bonifacio De Pitati, detto anche Bonifacio veneziano, fu allievo del grande Palma il Vecchio, ma subì l’influenza del Giorgione e del Tiziano. Del Giorgione, come nell’opera in questione, sente la cromatica e i suoi colori vivacissimi diventano piani di intersezione.

La figurazione è ampia e spazia lontano per ritornare in una sorta di gioco involutivo in primissimo piano. Quest’opera è bella anche nei particolari: diventano elementi tutti di gioco compositivo sì da creare fasci di contrazione e dilatazione al tempo stesso in una sorta di continuità cromatica pervasa di rara intensità di luce.
Ingresso libero.

Orari: da lunedì a venerdì, dalle 8.20 alle 13.20 e dalle 14.50 alle 15.50.

IL DIPINTO DI DE PITATI 

Il dipinto, per ragioni formali, è stato ascritto alla produzione del pittore veneziano, di origine veronese, Bonifacio De Pitati, un artista sulla cui biografia restano molti punti oscuri, ma che in anni più recenti, dopo la pubblicazione della prima monografia (Westphal 1931), è stato oggetto di nuovi interventi tesi a rivalutarne la produzione, assai spesso di alta qualità, ricercandone più puntuali e probanti confronti con la coeva pittura della Serenissima.

Di fatto, tale proposta metodologica, avanzata da Lucco (1996, p. 74), per il momento appare indubbiamente lo strumento principe per tentare di fissare alcuni estremi temporali nel catalogo dell’artista, sostanzialmente privo – salvo alcune eccezioni – di reali e soddisfacenti appigli cronologici. In assenza di ulteriori dati, tale approccio esegetico può essere esperito quale griglia di lettura anche per questa Adorazione dei Magi, tema nel quale Bonifacio si cimentò con varie versioni in formato orizzontale (Simonetti 1986, pp. 100, 114, 115).

In particolar modo, il dipinto in oggetto – per quanto in controparte – tenderebbe ad avvicinarsi alla redazione conservata alle Gallerie dell’Accademia di Venezia (Simonetti 1986, p. 114, cat. 53, che accettava una datazione 1545-1547), cui lo apparentano l’impaginazione architettonica circoscritta a fare da sfondo alla Sacra Famiglia nonché la posa stante dei Magi più giovani.

Tuttavia, dal confronto, la versione veneziana riesce nel complesso più stanca, specialmente per la predilezione della resa frontale e della narrazione meno vivace. Viceversa, la redazione che qui si presenta risolve in maniera più dinamica il soggetto, proponendo un’impalcatura in diagonale che segna la profondità del dipinto e, al contempo, ne pone accuratamente al centro il piccolo Gesù che accoglie l’omaggio del sovrano orientale.

Tale accorgimento, del resto, oltre a sottolineare quanto meditata, dal punto di vista formale, fosse stata l’orchestrazione visiva, sotto l’aspetto iconologico permette di accordare il rilievo maggiore al momento della rivelazione del Bambino, sottolineando il valore teologico dell’Epifania in accordo con le esegesi tradizionali dell’episodio evangelico.

In questo senso, dunque, anche le architetture malconce che circondano la capanna, lungi dall’essere una citazione di modalità rappresentative consolidate o un puro accorgimento gradito al pittore, servono per ribadire, con la loro rovina, il ruolo di Cristo, destinato a sostituire con la sua venuta le oramai fatiscenti strutture del mondo ante gratiam dei pagani (Aikema 1990, pp. 191-195).

Quanto alle fonti che ispirarono il pittore, vale la pena di porre il confronto con l’analogo soggetto eseguito da Palma il Vecchio (Milano, Pinacoteca di Brera), collocato nella chiesa veneziana di Sant’Elena fra il 1525 e il 1526 (Rylands 1988, pp. 243-244; Rossi 1990, pp. 442-446). Per quanto si tratti di un formato verticale, impostato sulla rappresentazione frontale, non mancano i punti di contatto con la versione di Bonifacio, che in effetti riprende l’abito della Vergine, l’accostamento con l’architettura e i due angioletti alla sommità dell’edificio.

Tutti elementi, questi, peraltro, che non sono semplicemente citati, ma che, anzi, vengono rivisitati in una chiave personale, da cui il pittore prende il via per offrire una narrazione più articolata. Se, dunque, la tela di Palma il Vecchio è il punto di riferimento più vicino, va altresì considerato come Bonifacio introduca una nota di dinamismo (e valgano in tal senso la posa delle gambe del Mago in primo piano, i gesti del sovrano moro e del pastore dietro Giuseppe) che anticipa il tono di molta sua produzione degli anni Quaranta, assestata su un fare più estroso e movimentato. Sulla scorta di tali considerazioni, pertanto, la cronologia può essere circoscritta entro l’inizio del quinto decennio del Cinquecento, preferendo tuttavia un ancoraggio verso gli anni Trenta, che –
anche sulla base dei rapporti professionali intercorsi fra lo stesso Bonifacio e Palma (Cottrell 2004, pp. 5-20) – consentirebbe di spiegare meglio non solo l’attenzione per il lavoro del
pittore bergamasco, bensì pure la sua rielaborazione da parte di De Pitati. Una versione con una resa analoga del gruppo centrale della Vergine e del re Magio si trova a Roma, presso il
Senato della Repubblica (in deposito da Brera: cfr. Roio 1990, 78-99).
D. Westphal, Bonifazio Veronese, München 1931; S. Simonetti, Profilo di Bonifacio de’ Pitati, in “Saggi e Memorie di Storia dell’Arte”, 15, 1986, pp. 85-133; P. Rylands, Palma il Vecchio: opera
completa, Milano 1988, pp. 243-244; B. Aikema, L’immagine devozionale nell’opera di Paolo Veronese, in Nuovi studi su Paolo Veronese, a cura di M. Gemin, Venezia 1990, pp. 191-201; N. Roio,
in Pinacoteca di Brera: scuola veneta, a cura di C. Pirovano, Milano 1990, pp. 78-99; F. Rossi, in Pinacoteca di Brera: scuola veneta, a cura di C. Pirovano, Milano 1990, pp. 442-446; M. Lucco,
Venezia 1500-1540, in La pittura nel Veneto. Il Cinquecento, a cura di M. Lucco, Milano 1996, vol. I, pp. 13-146; P. Cottrell, Unfinished business: Palma il Vecchio, Lorenzo Lotto and the early career of Bonifacio de Pitati, in “Venezia Cinquecento”, 27, 2004, pp. 5-34.
Alessandra Zamperini, 2009

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