Non si è ancora concluso il percorso giudiziario per stabilire la verità sulla morte di Francesco Mastrogiovanni, il maestro elementare salernitano che negli anni ottanta insegnò a Sarnico, morto a 58 anni nel 2009 dopo essere stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio.
Martedì 3 novembre si è svolta un’altra udienza del processo di appello, con le arringhe conclusive degli avvocati della difesa che hanno sottolineato come le forze dell’ordine intervenute “avrebbero svolto un attento e sereno bilanciamento delle situazioni”, non continuando la terapia farmacologica in quanto Mastrogiovanni aveva già assunto 10 fiale di antipsicotico, fino alla scelta di adottare una “contenzione blanda, visto che il paziente poteva muovere tranquillamente gli arti e utile ad evitare una possibile caduta dal letto”. La prossima udienza è fissata per domani, venerdì 6 novembre.
Una vicenda lunga e complessa per la quale era già arrivata una sentenza di condanna, il 31 ottobre 2012, secondo cui a legare il maestro di Castelnuovo Cilento al letto del reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania dove fu ricoverato in seguito a un Tso, fu un vero e proprio sequestro di persona. Un sequestro che ebbe come conseguenza il decesso di Mastrogiovanni, un pezzo d’uomo di quasi due metri costretto caviglie e polsi alle maniglie del letto per 82 ore consecutive interamente registrate in un dvd – pubblicato integralmente sul sito dell’Espresso – dove si vede il paziente spegnersi lentamente tra rantolii e lamenti.
La sentenza del giudice monocratico di Vallo della Lucania Elisabetta Garzo, aveva condannato i medici che avevano avuto in cura Mastrogiovanni dal ricovero del 31 luglio 2009 fino al decesso avvenuto nella notte tra il 3 e il 4 agosto. Il giudice li ritenne responsabili di sequestro di persona, morte come conseguenza di altro reato e falso ideologico, per non aver annotato le contenzioni nella cartella clinica. Irrogando pene diverse a seconda delle funzioni e del tempo trascorso col paziente: quattro anni per Raffaele Basso e Rocco Barone, 3 anni e mezzo per il primario Michele Di Genio, 3 anni per Amerigo Mazza e Anna Angela Ruberto, 2 anni per Michele Della Pepa (l’unico che beneficiò della condizionale). Per gli infermieri il giudice aveva deciso l’assoluzione.
Una sentenza che fece a pezzi la tesi del pubblico ministero di Vallo della Lucania Renato Martuscelli, che in requisitoria aveva sostenuto l’insussistenza del sequestro di persona perché, legando Mastrogiovanni, era stato “esercitato un diritto medico”, trattandosi di un paziente con conclamati problemi psichici manifestati nelle ore precedenti al ricovero e già sottoposto in passato ad altri Tso.
Il pm Martuscelli, che dall’analisi di perizie e controperizie si era convinto che Mastrogiovanni fosse stato stroncato da un malore cardiaco e non da un edema polmonare come sostenuto dal consulente della Procura, aveva ridimensionato le accuse a omicidio colposo, chiedendo la condanna solo dei medici e degli infermieri che avevano curato il maestro nell’ultimo giorno, per aver sottovalutato l’emergere dei problemi al cuore.
Il giudice aveva invece accolto in sostanza l’impianto della fase iniziale delle indagini, condotte dal pm Francesco Rotondo, che sequestrò le immagini del sistema di videosorveglianza interno dell’ospedale di Vallo poche ore dopo la morte del maestro. Le telecamere ripresero l’agonia dell’uomo e i fermi applicati ai polsi e alle caviglie, mai slegati durante la ‘contenzione sanitaria’. Una prassi, in quel reparto di psichiatria (poi chiuso): l’accusa ha prodotto in aula le cartelle di altri 22 pazienti sottoposti alla contenzione. Una sentenza contro la quale i sei medici condannati si sono rivolti alla Corte d’appello.
Francesco Mastrogiovanni, originario di Castelnuovo Cilento (Salerno), quando morì aveva 58 anni e un passato burrascoso alle spalle. Era anarchico, aveva sofferto per una grave delusione d’amore, fu imputato negli anni ’70 in un processo per l’omicidio di un giovane missino dal quale uscì innocente ma segnato nell’animo. Nonostante il suo terrore delle divise e i periodi di depressione, Mastrogiovanni ebbe una vita normale. A metà degli anni Ottanta emigrò dalla sua terra d’origine, per insegnare a Sarnico. Poi tornò in Campania, dove le informative di polizia lo marchiano ancora come sovversivo. In realtà, senza rinnegare la militanza passata, Mastrogiovanni non svolse attività politica. Fino al Tso dell’estate del 2009 che gli risultò fatale.
Nel frattempo la vicenda di Mastrogiovanni diventa un film. Si intitola “87 ore” il film documentario di Costanza Quatriglio che racconta gli ultimi giorni di vita del maestro salentino. Verrà presentato a Roma in occasione della prima proiezione pubblica domani, venerdì 6 novembre al Teatro Palladium, in piazza Bartolomeo Romano 8, nell’ambito di ARCIPELAGO – Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini. Il film è una produzione Doclab, in collaborazione con Rai Tre e con il sostegno del MiBACT. Le musiche sono di Marco Messina e Sacha Rizzi (99 Posse).
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