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Il caso

Gli scivoloni di Tavecchio e le gravissime colpe che ha chi lo appoggia

Ci risiamo: una nuova bufera si abbatte sul numero uno della Figc che, dopo il tristemente famoso "Opti Pobà", questa volta insulta ebrei e gay con frasi odiose e inaccettabili. Le colpe, però, non sono tutte di Tavecchio: chi l'ha messo su quella poltrona e chi lo continua ad appoggiare è responsabile quanto lui.

Dopo Opti Pobà "che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare in Italia", dopo l’ingiuriosa frase sulle "quattro lesbiche" detta dal suo braccio destro Felice Belloli, una nuova bufera torna ad abbattersi su Carlo Tavecchio. Questa volta a finire sotto la pioggia di insulti del numero uno della Figc sono stati ebrei e gay, attaccati con frasi inaccettabili durante un’intervista registrata che lo stesso Tavecchio ha ribattezzato "una conversazione rubata durante un tentativo di ricatto".

Che si tratti davvero di un tentativo di ricatto non spetta a noi dirlo; quel che pare certo, invece, è che le frasi odiose e discriminatorie siano davvero uscite dalla bocca del presidente della Figc, colui che dovrebbe dare credibilità a quello sport seguito e amato da milioni di persone che non meritano di essere rappresentate da una persona che – ormai è impossibile nasconderlo – nel suo modo di parlare, in pubblico come in privato senza fare nessuna differenza, ricorda troppo spesso i discorsi da bar di provincia, quelle classiche litigate tra urli e pugni sul tavolo fatte dopo un bicchierino di rosso di troppo.

Chi lo intervista, nell’occasione, istiga e spinge alla frase ad effetto, consapevole di trovarsi di fronte un personaggio che non si fa troppi problemi ad andare sopra le righe. Tavecchio ci casca e risponde per le rime, forse figlio di una mentalità vecchio stampo che obbliga a dire quello che si pensa senza tener minimamente conto degli effetti collaterali, del peso delle parole che spesso possono essere dei veri e propri macigni. Soprattutto se dette da una persona che ricopre un ruolo di una certa importanza.

Quello che più indigna e lascia sbigottiti, però, non è l’orribile frase detta con incredibile leggerezza nei confronti di ebrei e gay (come successe con Opti Pobà, del resto), ma il fatto che i vertici del calcio, della politica e dello sport abbiano scelto ancora una volta di non intervenire, di lasciar correre, di non cambiare le cose. Così Tavecchio continuerà a rappresentare il nostro calcio come se niente fosse successo. 

Eppure basterebbe poco per cacciare via certi personaggi dalle poltrone più importanti della Figc, che non possono essere occupate da chi definisce le calciatrici "quattro lesbiche", da chi parla di giocatori di colore come "mangiatori di banane", da chi preferisce che i gay "restino alla larga" e da chi dichiara che gli ebrei, per quanto bravi, "vadano tenuti a bada". Senza dimenticare chi, operando nell’ombra sempre in nome della Figc, meno di un anno fa sparava insulti contro Carpi, Latina e Frosinone: "Se vengono in A chi c… ce li compra i diritti tv?".

Il nostro calcio ha bisogno di una riforma radicale, di un nuovo inizio che possa riportare credibilità, trasparenza, serenità. Pare incredibile, ma sembra di chiedere la luna.

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