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La recensione

Al cinema “Suburra”: la grande bellezza a tinte noir di Stefano Sollima

Tratto dall'omonimo romanzo scritto da Giancarlo De Cataldo (Romanzo Criminale) e Carlo Bonini, Suburra è il film che colloca Stefano Sollima nell'esclusivo olimpo dei registi italiani noti a livello internazionale.

Titolo: Suburra

Regia: Stefano Sollima

Genere: drammatico/gangster

Durata: 130 minuti

Interpreti: Pier Francesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi, Greta Scarano, Giulia Elettra Gorietti, Adamo Dionisi, Giacomo Ferrara, Antonello Fassari, Jean-Hugues Anglade.

Voto: 7,5

Attualmente in visione: Capitol Multisala, Uci Cinemas

Malfamato quartiere dell’antica Roma che dalle pendici dei colli Quirinale e Viminale si estendeva fino alle propaggini dell’Esquilino, il più alto e vasto dei sette colli romani. Questo era Suburra.

Alle prese con il suo secondo lungometraggio – dopo il coraggioso esordio con A.C.A.B. – Stefano Sollima ne rispolvera il significato aggiornandolo ai nostri tempi, precisamente al 2011.

La Suburra non è più confinata ai poco abbienti sobborghi della periferia imperiale; al contrario, la Suburra è ovunque: dalle segrete stanze del Vaticano a quelle dei grandi palazzi della politica.

Tutto ciò, in una Roma che sembra essersi scordata di dolci vite e grandi bellezze.

In quella livida e grigia di Suburra regnano vizio, denaro, potere e corruzione: tutti fattori veicolanti dell’hybris di cui si macchieranno i personaggi. Come Filippo Malgradi, parlamentare corrotto avvezzo a squillo di lusso e cocaina; come Sebastiano, p.r. della Roma ‘da bere’ che eredita le grane del padre indebitato fino al collo con il barbaro capo clan degli zingari, Manfredi Anacleti.

O come Numero 8, rampante boss della malavita che mira a trasformare il litorale di Ostia in una sorta di Las Vegas.

Ma anche Sabrina, l’escort prediletta di Malgradi; Viola, la compagna tossica e fedele di Numero 8.

E il Samurai: figura potente, enigmatica e ‘diplomatica’ che funge da trait d’union tra le varie cosche malavitose.

Tutti personaggi legati dal filo invisibile degli eventi, che lentamente (ri)porteranno a galla i rapporti d’equilibrio e convivenza che intercorrono tra mafia, potere politico e istituzioni religiose.

Del resto, si possono facilmente scorgere una serie di similitudini tra i personaggi del romanzo e del film e alcune figure storiche della mala romana e della politica italiana.

Tratto dall’omonimo romanzo scritto da Giancarlo De Cataldo (Romanzo Criminale) e Carlo Bonini, Suburra è il film che colloca Stefano Sollima nell’esclusivo olimpo dei registi italiani noti a livello internazionale.

La scena della sparatoria al centro commerciale – giusto per citarne una – potrebbe strappare applausi a gente come Michael Mann e Nicolas Winding Refn.

Un film dai tanti pregi e dai pochi, pochissimi difetti: fotografia e regia sono esemplari, sostenute da un ritmo narrativo pazzesco, che tiene incollati allo schermo.

Attori in stato di grazia – Pierfrancesco Favino e Claudio Amendola su tutti – e scelte stilistico/visive altrettanto azzeccate: dall’incessante pioggia tipica dell’immaginario noir allo scuro quasi ‘caravaggesco’ che pervade gli ambienti di una Roma triste, rassegnata e marcia nelle fondamenta.

Colonna sonora di buon gusto, con le musiche del gruppo dream-pop francese M83.

Romanzo Criminale, Gomorra, A.C.A.B., Anime Nere e Suburra… Sono solo alcuni degli esempi che confermano l’ottimo stato di salute del noir all’italiana: un genere vivo e vegeto, che può vantare un folto e nutrito pubblico di riferimento.

Che sia l’inizio di una nuova alba cinematografica? Speriamo. Magari con meno panettoni e più ‘garra’. Più Gomorra e più Suburra.

Fabio Viganò

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