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I dati

Evasione del canone Rai, in Bergamasca è al 24,6% Guarda la mappa dei Comuni

Il canone Rai provoca allergia anche a Bergamo. Quasi un quarto dei residenti dell'intera provincia, precisamente il 24,6%, non lo paga: una percentuale bassa se messa a confronto con altre zone d'Italia, ma pur sempre significativa. La mappa Comune per Comune.

Il canone Rai provoca allergia anche a Bergamo. Quasi un quarto dei residenti dell’intera provincia, precisamente il 24,6%, non lo paga: una percentuale bassa se messa a confronto con altre zone d’Italia, ma pur sempre significativa. Per capire meglio il fenomeno dell’evasione in Bergamasca vi proponiamo una mappa realizzata da Twig, società bergamasca che si occupa di raccolta, interpretazione e visualizzazione di dati. Già a prima vista si può constatare che nelle valli bergamasche, l’area colorata in verde scuro, quasi la metà dei cittadini non lo paga. “La prima ipotesi è che in molti di questi Comuni ci siano soprattutto seconde case di cui non si ha mai dichiarato il possesso del televisore – spiega Aldo Cristadoro, data manager di Twig -. Nella zona bassa della provincia invece si paga di più. Stupisce il dato della città di Bergamo: il 27,2% non paga il canone, appena sotto la media nazionale (30,5%). La virtuosa Bergamo ha anche qualche lato negativo. Si potrebbe fare meglio”. Curioso invece il dato di San Pellegrino Terme. E’ tra i paesi che storicamente hanno problemi nella ricezione dei canali eppure vanta una delle percentuali di pagamento più alte. 

LA MAPPA

In tutta Italia l’evasione causa un mancato introito di oltre 600 milioni di euro nelle casse della televisione pubblica. Le province più virtuose sono Ferrara, Rovigo e Bolzano, mentre quelle dove si registra il più alto tasso di evasione sono Crotone (56% di evasione), Napoli (55%) e Catania (53%).

Qui potete visualizzare la mappa nazionale

Anche grazie alle elaborazioni dei dati sarà possibile invertire la rotta. “Conoscere i numeri aiuta a pianificare le politiche di intervento, private e pubbliche – continua Cristadoro -. Queste elaborazioni non aiutano solo a conoscere meglio la realtà, ma anche a dare efficacia alle azioni future. Vale per le aziende, ma anche per chi si occupa della cosa pubblica. Spesso invece l’uso dei dati invece risulta ostico e passa in secondo piano”.

Twig è una realtà giovane, ma che ha già ottenuto brillanti risultati nel settore. “Siamo nati all’inizio del 2014, unendo le competenze di mondi che non si parlano molto: analisi dei dati, comunicazione. Lavoriamo con i numeri per raccontare storie in modo comprensibile. Ad esempio abbiamo lavorato per un consorzio autostradale per analizzare il tessuto economico e sociale del territorio. Il risultato è servito non solo a livello interno, ma anche per comunicare con i cittadini. Lavoriamo anche nel settore della sanità, in quello energetico e ovviamente per la comunicazione. L’area più in espansione è il monitoraggio dell’opinione sul web e i social network”.

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