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Il compleanno

I 100 anni di Capovilla: da segretario di Giovanni XXIII a cardinale di Francesco

Il cardinal Loris Francesco Capovilla, segretario di Angelo Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia (1953-1958) e poi Giovanni XXIII (1958-1963) compie oggi cento anni.

«Eminenza» rispose il vicario, «è un buon prete, bravo, non gode però di buona salute e avrà vita breve». E subito il cardinale commentò con quel suo fare che conquistava immediatamente: «Be’, se non ha salute, verrà con me e morirà con me». Quel «buon prete» che doveva morire giovane, oggi compie cento anni. È Loris Francesco Capovilla, il segretario di Angelo Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia (1953-1958) e poi Giovanni XXIII (1958-1963).

La conversazione tra il cardinale Roncalli e il vicario capitolare di Venezia mons. Erminio Macacek – incaricato di gestire la diocesi in sede vacante – è riportato da Capovilla nel bel volume pubblicato nel 2013 da Rizzoli: «Loris F. Capovilla. I miei anni con Papa Giovanni XXIII», conversazione con Ezio Bolis, prete della diocesi di Bergamo e direttore della Fondazione Giovanni XXIII.

Loris Francesco Capovilla è nato a Pontelongo (Padova) il 14 ottobre 1915. Il padre, impiegato amministrativo in uno zuccherificio, muore quando è ancora piccolo, lasciandolo solo con la mamma e la sorella. Nel 1929 i tre si stabiliscono a Mestre e Loris entra nel Seminario di Venezia. Si alimenta di teologia e di spiritualità, di storia, sociologia, letteratura.

Deve la formazione alla famiglia, in particolare alla mamma, donna forte, molto religiosa, cristiana tutta d’un pezzo. Importante è anche l’esperienza nell’Azione Cattolica.

Viene ordinato sacerdote con altri dieci nella basilica della Salute il 23 maggio 1940, solennità del Corpus Domini, dal cardinale Adeato Giovanni Piazza, patriarca di Venezia. Assolve vari incarichi nelle parrocchie, in Curia, nella scuola, nell’Azione Cattolica, nell’Onarmo, nel carcere minorile, negli ospedali. Durante la guerra con uno stratagemma salva la vita a dieci avieri italiani sotto il naso dei tedeschi, impresa che gli vale la Croce al merito.

Nel 1949 il patriarca Carlo Agostini lo nomina direttore del settimanale diocesano «La voce di San Marco» e redattore della pagina veneziana de «L’avvenire d’Italia»: don Loris dal 1950 è iscritto all’albo dei giornalisti.

Dopo la morte di Papa Giovanni, il 3 giugno 1963, resta altri quattro anni in Vaticano accanto a Paolo VI, che nel 1967 lo nomina arcivescovo di Chieti e Vasto e poi prelato e delegato pontificio del santuario di Loreto: in questa veste accoglie il grande convegno della Chiesa italiana «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini» del 9-13 aprile 1985. Dal 1989 si è ritirato a Camaitino, Sotto il Monte Giovanni XXIII (Bergamo) ed è il solerte custode delle memorie roncalliane- giovannee. Creato cardinale da Papa Francesco nel Concistoro del 22 febbraio 2014, per l’età non se l’è sentita di andare a Roma ma ha ricevuto la porpora il 1° marzo dal decano del Collegio cardinalizio Angelo Sodano, nel paese natale di Roncalli.

Segretario dal 15 marzo 1953 al 3 giugno 1963, ha curato la pubblicazione di numerosi scritti di Papa Roncalli: «Il giornale dell’anima», «Lettere ai familiari», «Lettere 1958-63», la trilogia «Questo è il mistero della mia vita», «Giovanni XXIII, un santo della mia parrocchia» e «Mi chiamerò Giovanni». Porta il titolo arcivescovile di Mesembria (Bulgaria) assegnatogli da Paolo VI in memoria di Giovanni XXIII, che ne fu insignito dal 1934 al 1953.

Con sconcertante semplicità Roncalli racconta sul suo diario la memorabile elezione: «Festa dei Santi Apostoli Simone e Giuda. Santa Messa nella Cappella Matilde, con molta devozione da parte mia. Invocati con speciale tenerezza i miei santi protettori: San Giuseppe, San Marco, San Lorenzo Giustiniani, San Pio X perché m’infodano calma e coraggio.

Non credetti bene discendere a desinare coi cardinali. Mangiai in camera. Seguì un breve riposo e un grande abbandono. All’XI scrutinio, eccomi nominato Papa. O Gesù, anch’io dirò con Pio XII quando riuscì eletto Papa "Miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam". Si direbbe un sogno ed è, prima di morire, la realtà più solenne di tutta la mia povera vita. Circa 300 mila persone mi applaudivano. I riflettori mi impedivano di vedere altro che una massa amorfa in agitazione».

Ventitreenne don Angelo aveva scritto il 1°-10 agosto 1904 sul «Giornale dell’anima»: «Che cosa sarà mai di me nell’avvenire? Sarò un bravo teologo, un giurista insigne, un parroco di campagna, oppure un semplice povero prete? Un vescovo, un cardinale, un diplomatico, un papa? Che importa a me di tutto ciò? Devo essere niente di tutto questo ed anche di più di questo secondo le disposizioni divine». Eletto alla cattedra di Pietro, disse: «Mi chiamerò Giovanni», nome non più in uso da 600 anni.

Alle 17,08 di martedì 28 ottobre 1958 la fumata bianca di un Conclave iniziato nel pomeriggio di sabato 25; alle 18,05 il cardinale protodiacono Nicola Canali proclama l’«Habemus Papam»; alle 18,20 dalla loggia esterna di San Pietro la benevola e rotonda figura di Giovanni imparte la benedizione «Urbi et orbi». Tutti pensano e scrivono: sarà «un Papa di transizione» un uomo di 76 anni, 11 mesi e 3 giorni, ma Joseph Ratzinger era più vecchio – 78 anni e 3 giorni – quando fu eletto Benedetto XVI.

Mai previsione fu più errata: non fece ordinaria amministrazione ma traghettò la Chiesa nel XX secolo e oltre. Capovilla fu testimone della profonda amicizia, l’inattaccabile stima e la spontanea venerazione che legava Angelo Giuseppe Roncalli da Sotto il Monte e Giovanni Battista Montini da Concesio.

Nascono, rispettivamente, il 25 novembre 1881 e il 26 settembre 1897 in una terra da pochi decenni confluita nell’Italia unita (1861). Educati secondo i rigidi canoni della riforma tridentina e nutriti dalla solida «pietas» lombardo-veneta, coltivano rapporti di collaborazione. Il primo ha «l’intuizione dall’Alto» del Concilio Vaticano II; il secondo conduce in porto l’impresa con mano ferma. Di sé il centenario Capovilla offre questa stupenda descrizione.

«Vecchio uomo, vecchio italiano, prete da 75 anni. Prete sembra vocabolo scarno e povero. La qualifica di “presbyter” è tuttavia, carica di prestigio, collocata tra storia e leggenda. Sta innanzi a voi non il segretario particolare di Papa Giovanni. Direi troppo, in tono protocollare. Meglio chiarire che sono stato un suo “contubernale” – lo sono tuttora – com’egli stesso volle definirmi; uomo di fatica e di fiducia, tuttofare, esecutore di incombenze suggerite da pietà, carità, cortesia, “parresìa”; diciamolo alla buona: l’anonimo, che prega e soffre con suo “Dominus et Pater”, spezza il pane con lui ascolta, riflette, tace».

Racconta così l’incontro che gli ha cambiato la vita: «A me, giovane, pretino sconosciuto, raccontava della sua vita a Parigi, dei suoi incontri con le personalità della politica e della cultura. Udendo le sue parole, sentii risuonare nel mio animo una sorta di voce soave e celeste che diceva: “Questo è l’uomo”». Capovilla ricorda quello che gli disse il suo «Dominus et Pater»: «È solo quando avrai messo il tuo io sotto i piedi che potrai dirti davvero un uomo libero!». Tratteggia un ritratto appassionante di Roncalli, un resoconto che sfida l’oleografia di un Papa ricordato per la bonarietà più che per la portata rivoluzionaria delle scelte che seppe compiere il «Papa della bontà».

Pier Giuseppe Accornero

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