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Chiesa

L’accoglienza alla vita e l’indulgenza nel giubileo di Papa Francesco

Papa Francesco scrive a proposito del prossimo Giubileo che si apre il prossimo 8 dicembre: "Uno dei gravi problemi del nostro tempo è il modificato rapporto con la vita. Una mentalità molto diffusa ha fatto perdere la dovuta sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita. Il dramma dell’aborto è vissuto da alcuni con una consapevolezza superficiale, quasi non rendendosi conto del gravissimo male".

«Desidero che l’indulgenza giubilare giunga a ognuno come genuina esperienza della misericordia di Dio», scrive Papa Francesco a monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, incaricato di organizzare il Giubileo straordinario della misericordia (8 dicembre 2015-22 novembre 2016).

Tre le novità introdotte da Bergoglio:

1) concede a tutti i sacerdoti «la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono»;

2) decide che l’indulgenza giubilare possa essere ottenuta non solo nelle basiliche romane, nelle cattedrali e nei santuari delle diocesi ma anche nelle cappelle di tutte le carceri del mondo;

3) stabilisce che «quanti durante l’Anno Santo si accosteranno per celebrare il Sacramento della riconciliazione presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X, riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei peccati».

La lettera è datata 1° settembre 2015. È evidente la volontà del Vescovo di Roma di permettere al numero maggiore di persone di riavvicinarsi a Dio attraverso la Chiesa. La prima novità – Tutti i sacerdoti del mondo, e non solo i «missionari della misericordia», potranno assolvere il peccato di aborto. La stampa laica ha subito e solo parlato della donna che abortisce. La lettera papale, giustamente, parla di «peccato di aborto procurato», coinvolgendo tutti gli «attori» di quello che il Concilio definisce «l’aborto come l’infanticidio sono abominevoli delitti» («Gaudium et spes» 51).

Francesco scrive cose molto belle: «Uno dei gravi problemi del nostro tempo è il modificato rapporto con la vita. Una mentalità molto diffusa ha fatto perdere la dovuta sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita. Il dramma dell’aborto è vissuto da alcuni con una consapevolezza superficiale, quasi non rendendosi conto del gravissimo male.

Altri, pur vivendolo come una sconfitta, ritengono di non avere altra strada da percorrere. Penso a tutte le donne che hanno fatto ricorso all’aborto. Conosco bene i condizionamenti che le hanno portate a questa decisione. So che è un dramma esistenziale e morale. Ho incontrato tante donne che portavano nel loro cuore la cicatrice per questa scelta sofferta e dolorosa. Ciò che è avvenuto è profondamente ingiusto; eppure, solo il comprenderlo può consentire di non perdere la speranza. Il perdono di Dio a chiunque è pentito non può essere negato. Anche per questo motivo ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario, di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono».

Il procurato aborto prevede la scomunica «latae sententiae», cioè immediata. Sancisce il canone 1398: «Chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica “latae sententiae”» cioè la donna, chi la induce ad abortire, chi pratica l’aborto, chi coopera all’aborto. Costoro di norma non possono essere assolti da tutti i confessori, ma solo dal vescovo o da alcuni sacerdoti da lui delegati.

In talune circostanze alcuni vescovi estendono a tutti i sacerdoti questa facoltà. A Torino è accaduto nelle ultime quattro ostensioni della Sindone: 1998, 2000, 2010, 2015. Con la sua decisione, Francesco apre una dimensione universale. La stessa decisione fu presa da Giovanni Paolo II nel Giubileo del Duemila. La seconda – È evidente la particolare attenzione di Bergoglio ai detenuti. «Il mio pensiero va ai carcerati che sperimentano la limitazione della loro libertà.

Il Giubileo ha sempre costituito l’opportunità di una grande amnistia, destinata a coinvolgere tante persone che hanno preso coscienza dell’ingiustizia compiuta e desiderano sinceramente inserirsi nella società portando il loro contributo onesto. A tutti costoro giunga la misericordia del Padre che vuole stare vicino a chi ha più bisogno del suo perdono. Nelle cappelle delle carceri potranno ottenere l’indulgenza, e ogni volta che passeranno per la porta della loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre, possa questo gesto significare per loro il passaggio della Porta Santa, perché la misericordia di Dio è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà». La terza – Le assoluzioni sacramentali amministrate dai lefebvriani saranno pienamente valide, anche se i sacerdoti che le impartiscono non hanno la facoltà per farlo legittimamente. Marcel Lefebvre, fondatore della Fraternità, fu scomunicato da Giovanni Paolo II il 30 giugno 1988 insieme ai quattro vescovi che, disobbedendo al Papa, aveva consacrato. Spiega Francesco: «Un’ultima considerazione è rivolta a quei fedeli che per diversi motivi si sentono di frequentare le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità San Pio X. L’Anno della misericordia non esclude nessuno.

Da diverse parti, alcuni confratelli vescovi mi hanno riferito della loro buona fede e pratica sacramentale, unita al disagio di vivere una condizione difficile. Confido che nel prossimo futuro si possano trovare le soluzioni per recuperare la piena comunione con i sacerdoti e i superiori della Fraternità.

Nel frattempo, mosso dall’esigenza di corrispondere al bene di questi fedeli, per mia propria disposizione stabilisco che quanti durante l’Anno della misericordia celebreranno il Sacramento della riconciliazione presso i sacerdoti della Fraternità, riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei peccati».

Quello di Francesco è un gesto di misericordia e una mano tesa ai tradizionalisti. La scomunica ai quattro vescovi per essersi fatti ordinare senza il mandato di Roma è stata ritirata da Benedetto XVI il 10 marzo 2009 che disse: «Spero di contribuire in questo modo alla pace nella Chiesa».

La lettera papale ribadisce le condizioni per ottenere l’indulgenza: la visita alla cattedrale o al santuario dove è stata aperta una «porta santa», la confessione e la Messa, la professione di fede, la preghiera per il Papa e per le sue intenzioni. Gli ammalati e i disabili impossibilitati a muoversi ottengono l’indulgenza pregando e assistendo a una celebrazione attraverso i media.

L’indulgenza può essere ottenuta per i defunti e con le opere di misericordia corporale e spirituale: «Ogni volta che un fedele viva personalmente una o più di queste opere, otterrà l’indulgenza giubilare». La Fraternità lefebvriana ha appreso dalla stampa le disposizioni di Francesco «ed esprime riconoscenza al Pontefice per questo gesto paterno». Merita ricordare che per i lefebvriani Francesco è come Papa Giovanni, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI. Il capo dei lefebvriani Bernard Fallay, in una conferenza a Kansas City negli Stati Uniti, lo ha definito «un vero modernista» che sta rendendo la Chiesa «diecimila volte peggio».

Pier Giuseppe Accornero

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