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L'intervista

Paola Sanna e la corsa: “Per me è indispensabile, come pranzo e cena”

La passione sportiva non le è mai mancata. Nuoto, palestra e calcio femminile. Poi la svolta: la corsa su lunghi tragitti. La passione per la corsa raccontata dalla campionessa Paola Sanna, 38 anni di Bergamo. Una passione indispensabile alla quale non più rinunciare. E i desideri per futuro, tra traguardi da tagliare e la voglia di diventare mamma.

Una vita tutta di corsa. Eh sì, perché quando non è impegnata a correre, Paola Sanna è infermiera all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – reparto di terapia intensiva cardiochirurgica, mica una passeggiata… – e quando non è al lavoro, indovinate un po’ che fa Paola? Semplice: corre. "Due o tre ore al giorno – ammette – dipende dai turni. A volte vado la mattina, altre la sera. Mi piace andare in Città Alta. Quando infilo scarpette e pantaloncini vado in via Borgo Canale o in via Pascolo dei Tedeschi. Ma anche la Val Brembana non è male".

E quando devi andartene in giro per l’Italia o all’estero, come fai?

"Per quello ci sono i miei colleghi. Anzi, colgo l’occasione per ringraziarli. Spesso si fanno in quattro per accontentarmi e darmi una mano".

E allora, cara Paola, mi sa che l’unica a correre non sei soltanto tu…

Paola Sanna, 38 anni, bergamasca. Specializzata in ultramaratona. Nel tuo Curriculum Vitae c’è pure la vittoria della 100 km più famosa al mondo, il Passatore. Nel 2005 prima e nel 2007 poi. Gli inizi, però, non sono stati dei più semplici…

"E’ merito di papà se ho deciso di intraprendere questa strada. E’ lui che mi ha sempre allenata e invogliata a correre. Prima le avevo provate un po’ tutte: nuoto, palestra, calcio femminile (giocava da centravanti n.d.r.)… Ma anche gli inizi in pista, sui 200 e i 400 metri, non sono stati dei più semplici. La svolta avvenne quando cominciai a gareggiare su percorsi più lunghi, tipo gli 800 metri".

E lì, che successe?

"Le gambe giravano e la stanchezza non era più quella delle gare di velocità. Notai subito la differenza e i risultati, piano piano, cominciarono ad arrivare".

Mica tanto piano piano. Nel 1999 corri la tua prima mezza maratona a Bergamo e sei anni dopo ti classifichi prima alla 100 km del Passatore. Raccontaci un po’ la tua carriera…

"I primi successi sono arrivati nel 2003, quando sono diventata campionessa italiana della 100 km in pista e ho vinto l’argento mondiale assoluto e l’oro a squadre femminile ai mondiali di Taiwan. Poi nel 2004 ho vinto la 50 km di San Remo e l’anno successivo la 100 km del Passatore. Nel 2006 e nel 2007 mi sono laureata campionessa italiana nella 6h su strada e nel 2009 campionessa italiana della 100 km su strada. E poi campionessa italiana della 50 km e della 50 km in salita e due volte campionessa del circuito running più importante d’Italia, The R.U.N. e Gazzetta R.U.N.".

Complimenti, niente male. Tra i tanti, qual’è stato il momento che ricordi con maggior orgoglio ed emozione?

"La vittoria del Passatore nel 2005. Mio padre la considera la gara per eccellenza. Probabilmente è stato il momento più alto della mia carriera, un’emozione unica e irripetibile".

Unica ed irripetibile fino al 2007…

"Sì, anche il bis non è stato niente male, devo ammetterlo".

E dei mondiali di Taiwan, che ci racconti?

"Ricordo tutto di Taiwan. In primis, l’emozione di aver raggiunto un traguardo così importante con i colori della Nazionale. A pochi metri dal traguardo presi la bandiera tricolore e la misi rabbiosamente al collo. Piangevo per la gioia. Avevo battuto la campionessa del mondo dell’anno precedente, la russa Elvira Kolpakova, e ancora non ci credevo. Ma non è tutto oro quel che luccica. Ricordo anche la povertà di quel paese. I bambini per strada, la miseria, la sporcizia… Noi atleti vivevamo in una campana di vetro. Il mondo che ci accolse non era quello che ci circondava. Eravamo dei privilegiati".

Del passato abbiamo parlato, del presente che ci racconti?

"Recentemente ho corso due gare. Una nell’Alto Adige e una a Franciacorta. Nella mezza maratona dell’Alpe di Siusi mi sono piazzata al quarto posto e al primo nella classifica di categoria F35; mentre nella maratona a tappe della Franciacorta ho chiuso al secondo posto alle spalle di Monica Seraghiti. E’ stata una gran bella sfacchinata".

Propositi per il futuro?

"Vorrei continuare a correre, quello sicuro. Mi piacerebbe partecipare a qualche gara, specialmente in Toscana se possibile. E magari avere dei figli".

Cosa significa per te ‘correre’?

"Bella domanda… Non lo so, so solo che fa parte di me. Può essere che un giorno salti un allenamento per cause di forza maggiore, ma è davvero raro. Sarebbe come saltare un pasto o privarsi di qualcosa di assolutamente naturale e necessario. Per quanto mi riguarda, almeno".

Lo sport che pratichi è destinato a rimanere uno sport di nicchia?

"Altra bella domanda… Sì, a malincuore credo proprio di sì. Non ci sono abbastanza soldi, pubblico e interessi attorno a quel che facciamo. Ma del resto, basta guardarsi attorno. Un calciatore come può Totti o Del Piero è conosciuto in ogni angolo del mondo; un corridore che magari abita nella tua stessa città o nel tuo stesso palazzo non sai nemmeno che esista. Ecco perché anche una semplice intervista può essere motivo di grande orgoglio e soddisfazione…

D’accordo Paola, ma se adesso ti riconoscono quando esci a correre per le vie di Città Alta, non dare la colpa a noi!

Fabio Viganò

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