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L'intervista

“I manager bergamaschi pronti a schierarsi con le piccole imprese”

Bambina Colombo, da due anni al vertice di Federmanager Bergamo: “I manager bergamaschi sono pronti a schierarsi a fianco delle PMI del territorio, per aiutarle a migliorare e ad accrescere i rispettivi livelli di competitività e innovazione”.

“I manager bergamaschi sono pronti a schierarsi a fianco delle PMI del territorio, per aiutarle a migliorare e ad accrescere i rispettivi livelli di competitività e innovazione”. Ad annunciare questa volontà è Bambina Colombo, da due anni al vertice di Federmanager Bergamo – organizzazione che riunisce circa 1500 (1495, a fine 2014 ndr) dirigenti bergamaschi – in questa intervista a BergamoNews, rilasciata nel giorno della 70a Assemblea provinciale, in programma per giovedì 11 giugno, dalle 17.30 alle 20, al Centro Congressi Hotel Settecento di Presezzo.

“Per favorire il raggiungimento dell’ambizioso obiettivo – anticipa la Presidente Colombo – durante i lavori annunceremo due importanti progetti, che partiranno in autunno”.

“Due iniziative – aggiunge la leader dei manager bergamaschi, senza però riferire ulteriori dettagli – su cui abbiamo riflettuto a lungo e che sono state pensate espressamente per imprese di piccole e medie dimensioni operanti nella nostra provincia. Che, come è stato recentemente ‘certificato’ anche dall’Ocse, fanno di Bergamo una delle aree dell’Unione europea a più elevata concentrazione di PMI”.

Insomma, sembra di capire che si tratti di una proposta finalizzata a creare sinergie tra attori diversi. E’ così?

"Esatto. Siamo infatti convinti che, in un momento di particolare difficoltà come l’attuale, sia fondamentale creare una  visione comune fra realtà diverse. Ed è proprio in questa direzione che s’inserisce anche il tema della tavola rotonda che seguirà la parte più istituzionale della nostra assemblea".

Il tema che avete scelto per quest’anno è “Quali managerialità e quali manager per affrontare (e vincere) le sfide del pianeta 2.0?”. Un tema di prospettiva.

"Senza dubbio. L’obiettivo che ci siamo dati è, infatti, quello di ‘guardare oltre’, ma coi piedi ben piantati per terra. Provando a delineare, cioè, l’identikit ideale dei manager del prossimo futuro. Da qui al 2020, per intendersi; di più, francamente, sarebbe un azzardo".

Un panel davvero interessante quello che avete messo a punto per cimentarsi in questa non semplice prova.

"Decisamente sì. Ci saranno Emilio Bellingardi, neo Direttore generale di Sacbo, Michele Bertola, da quasi un anno Direttore generale del Comune di Bergamo oltre che presidente Andigel, l’Associazione nazionale dei Direttori generali negli Enti locali, Delphine Rivat, Italy Business Finance Manager di Schneider Electric e Sergio Tosato, Amministratore delegato di Tenaris Dalmine. Sono assolutamente convinta che è dallo scambio di esperienze, oltre che dall’ascolto dei consigli di chi quotidianamente è alle prese con nuovi problemi e altrettante soluzioni da individuare e adottare, che potranno nascere nuovi spunti e idee per ampliare anche il nostro raggio d’azione. Avviando così collaborazioni finalizzate alla crescita e allo sviluppo del nostro territorio".

Da più parti arrivano segnali che parrebbero indicare che la crisi, scoppiata nel 2008, avrebbe toccato il fondo. Anche i manager bergamaschi stanno avvertendo il vento della ripresa?

"Negli ultimi sette anni, come noto, anche in provincia di Bergamo abbiamo registrato, purtroppo, numerose perdite di posti di lavoro. In misura ridotta, per fortuna, rispetto ad altre grandi città. E questo vale, in proporzione, anche per i dirigenti, che stanno ora guardando al futuro pronti a cogliere le opportunità della timida ripresa e a contribuire allo sviluppo dell’intero sistema imprenditoriale, forti delle loro competenze e sostenuti dai valori della cultura manageriale. Cioè: integrità e responsabilità, risposta al cambiamento e raggiungimento del risultato, autorevolezza e autonomia, impegno e passione con attenzione al sociale, inclusione, motivazione delle persone e lavoro di gruppo, innovazione".

Quale contributo può dare, in concreto, la categoria dei manager allo sviluppo economico nazionale?

"Impegnandosi in un’azione proattiva su temi importanti, a partire dalla definizione delle Politiche industriali del nostro Paese. Vogliamo inoltre riposizionarci all’interno del Sistema Italia, essere co-protagonisti, oltre che incisivi, sulle scelte istituzionali e di Governo del Paese. Queste, almeno, sono le linee guida emerse, lo scorso marzo, al termine della ‘Conferenza consultivo-programmatica’ convocata dalla Federazione nazionale, e alla quale hanno preso parte circa 200 manager che hanno animato i venti tavoli di lavoro".

Accennava, poco fa, al fatto che la crisi ha avuto effetti negativi anche sulla categoria dei dirigenti industriali. Quale tipo di aiuto offre Federmanager Bergamo ai propri iscritti che si trovano in difficoltà?

"Innanzitutto organizzando e promuovendo occasioni di formazione, prestando particolare attenzione all’aggiornamento professionale. Dal 2013, Federmanager Bergamo ha messo in campo numerose iniziative, molte delle quali finanziate da Fondirigenti, il fondo interprofessionale che Federmananger co-gestisce con Confindustria. Lo scorso anno, in particolare, sono state realizzate due  edizioni di corsi di aggiornamento e ri-qualificazione professionale, seguiti da una trentina di manager in cerca di nuova occupazione. A corsi conclusi, circa la metà di loro si è ricollocata, accettando anche re-inserimenti in ruoli inferiori rispetto a quelli occupati nel precedente incarico".

Per molti manager italiani, il ri-collocamento in Paesi stranieri sembra essere una soluzione sempre più diffusa. I suoi colleghi bergamaschi sono propensi a prendere in considerazione l’ipotesi trasferimento, pur di lavorare?

"Notiamo atteggiamenti diversi, legati soprattutto all’età. Per chi ha più di 50 anni è più difficile accettare trasferimenti all’estero, soprattutto perché – nella maggior parte dei casi – implicano anche lo spostamento di tutta la famiglia. Tuttavia, l’incremento di aziende multinazionali e la necessità di  lavorare spingono i colleghi ad accettare incarichi esteri. Diverso, invece, l’approccio al tema da parte dei giovani dirigenti, quelli con meno di 44 anni. Per loro, andare a lavorare all’estero rappresenta una grande opportunità di crescita, da cogliere: sia professionale sia personale".  

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