Le imprese dell’alloggio, della ristorazione e del servizio bar in provincia di Bergamo hanno fatto registrare un saldo negativo di 55 unità nel primo trimestre dell’anno: è quanto emerge dall’Osservatorio Confesercenti che ha rilevato 98 iscrizioni e 153 cancellazioni.
Un dato frutto di 48 iscrizioni e 68 cancellazioni nella ristorazione, 43 e 81 nel servizio bar e l’unico saldo positivo dell’alloggio, rispettivamente con 7 e 4 imprese.
“Nel leggere i dati negativi – sottolinea Confesercenti Bergamo – non si può non considerare che il primo trimestre dell’anno è tradizionalmente caratterizzato da un bilancio negativo tra iscrizioni e cessazioni di imprese a causa del concentrarsi di queste ultime, in particolare delle cessazioni d’ufficio”.
Rispetto al marzo di un anno fa, invece, si registra un aumento del numero complessivo delle imprese in tutti i comparti presi in esame: un dato positivo, anche se più che di una vera crescita si tratta sostanzialmente di un ripopolamento. Lo scorso anno, infatti, è stato un anno particolarmente critico per le imprese, segnato da una marcata diminuzione dei numeri in ogni settore.
Il risultato migliore sotto questo punto di vista lo mette a segno la ristorazione, con 99 imprese in più rispetto ad un anno fa, per un totale di 2.803 che significano un aumento del 3,6%. Meno evidente la crescita nel settore Bar, +1,3% con 40 imprese in più a quota 3.120, e in quello Alloggio, +4,4%, con 15 imprese in più per un totale di 350.
“In ogni caso si può essere ottimisti – commenta Confesercenti Bergamo – Si tratta di un segnale di ripartenza, ma è anche effetto del fenomeno food, ormai dilagante anche per via del risalto mediatico dato al settore dagli chef televisivi. Anche l’Expo imprime un’accelerazione”.
La crescita del numero delle imprese, però, non significa che il settore abbia agganciato la ripresa. Le difficoltà rimangono moltissime perché rimanere sul mercato non è semplice: un dato su scala nazionale dice che quasi sei imprese su dieci chiudono entro tre anni.
“E’ l’effetto di quasi un decennio di deregolamentazione che ha aumentato il tasso di competitività ma anche contribuito ad aprire le porte ad un’imprenditoria improvvisata e poco professionale che ha considerato il settore un settore rifugio. Oltre a questo, ristoranti e pubblici esercizi scontano anche l’aumento della pressione fiscale, che tra tasse locali, imposte sugli immobili e tariffe è stata particolarmente pesante per la categoria. Senza una riduzione dell’incidenza del fisco, sarà difficile trasformare questi primi segnali in una ripresa stabile. Tra queste considerazione occorre considerare con attenzione anche il tema delle sagre manifestazioni dietro le quali troppo spesso si nasconde una vera e propria attività economica che non è sottoposta ai controlli e all’imposizione fiscale che gravano sulla nostra categoria. Tutto questo si traduce in concorrenza sleale. Senza contare che in molti casi la qualità enogastronomica non viene affatto tutelata”.
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