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Alla manifestazione

Gli studenti di Bergamo contro la Buona Scuola: ecco le 7 priorità

Anche una sessantina di studenti bergamaschi ha partecipato alla manifestazione di protesta contro la Buona Scuola martedì 5 maggio a Milano. L'Unione degli studenti racconta la giornata, le richieste, le critiche

Anche una sessantina di studenti bergamaschi ha partecipato alla manifestazione di protesta contro la Buona Scuola martedì 5 maggio a Milano.

Così l’Unione degli studenti racconta la giornata, le richieste, le critiche:

"Siamo andati a Milano a far sentire la nostra voce. Insieme a quella di altri 5000 studenti e 30.000 tra docenti, personale ATA, dirigenti scolastici e cittadini a cui sta a cuore la scuola e il futuro di questo paese.

Dopo mesi e mesi di proteste e proposte alternative il Governo si appresta ad approvare la riforma della scuola entro metà maggio. La Buona Scuola in realtà di buono ha poco o nulla.

Giorno dopo giorno crollano le promesse principali, dalle assunzioni dei precari, sino all’anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica.

Al contempo non si ascoltano le tante voci che hanno provato in questi ultimi mesi a porre le vere priorità della scuola.

Non ci limitiamo a rivendicare il blocco della riforma, ma opponiamo delle valide alternative.

Vogliamo un’Altra Scuola giusta che riparta da sette priorità:

– La piena gratuità dell’istruzione

– Un’alternanza scuola-lavoro finanziata e qualificata  

– Finanziamenti per il rilancio della scuola pubblica  

– Una riforma della valutazione in chiave democratica

– Investimenti sostanziosi sull’edilizia scolastica

– Un ripensamento radicale dell’autonomia scolastica

– Una riforma dei cicli scolastici, dei programmi e della didattica.

Ora il Parlamento è sotto scacco, vittima di una forzatura democratica senza pari dell’uomo solo al comando.

Purtroppo per loro, non ci arrenderemo. Non ci siamo tirati indietro nel corso di tutto questo anno scolastico, impedendo che il Governo raggiungesse il suo obiettivo di far seguire alla Buona Scuola un iter silente e lontano dai riflettori dell’opinione pubblica.

Evidentemente, ci è bastato mettere in luce il progetto per suscitare delle reazioni che nel nostro paese non si vedevano da diversi anni.

Dopo intensi mesi di mobilitazioni, assemblee e occupazioni è finalmente stato proclamato lo sciopero generale dei lavoratori da parte dei sindacati per la giornata di oggi del 5 maggio. 

Questo martedì, i lavoratori hanno chiuso molte scuole, raccogliendo un’adesione senza pari alla protesta quanto mai necessaria e noi studenti ci siamo fatti sentire al loro fianco.

La riforma del Governo non può passare perché va contro i veri bisogni del Paese.

Una riforma le cui parole chiave sono merito, competizione, ci ricorda un modello di scuola che in Lombardia conosciamo molto bene: quella di Valentina Aprea, quella di Formigoni prima e di Maroni poi, quella che favorisce l’abbandono scolastico, quella che tutto vuol essere fuorché un ascensore sociale.

Se la scuola non è più un ascensore sociale perde la sua funzione primaria.

Questo significa che la scuola deve essere in grado di prendere i cittadini che vivono ai margini della società e dargli la possibilità di elevarli. Per fare ciò, non solo non dev’esserci alcun tipo di ostacolo allo studio ma deve esserci un forte incentivo da parte dello stato alla formazione della propria cittadinanza.

Ebbene, in Lombardia, i soldi che dovrebbero essere utilizzati per svolgere questa pubblica funzione, quelli destinati al diritto allo studio, vengono ripartiti per l’80% alle scuole paritarie e solo per il restante 20% alle scuole pubbliche, quelle che l’art.33 della Carta Costituzionale prevede ricevano la totalità.

Tutto ciò, viene fatto in una regione in cui i trasporti, i materiali didattici, la cultura, e tutto ciò che è necessario ad una formazione ottimale sono inaccessibili a chi fa parte delle fasce meno abbienti della popolazione, poi ci stupiamo che la “regione virtuosa” abbia una percentuale di abbandono scolastico superiore al 15%.

Si deve investire in conoscenza, ricerca e innovazione invece di immaginare scuole a servizio dell’azienda della porta accanto, sul diritto allo studio, sul reddito ed in generale sul sistema d’istruzione pubblico per abbattere le disuguaglianze invece di legittimarle tramite lo school bonus, il 5 per 1000 e l’apertura alle sponsorizzazioni dei privati.

Vogliamo una scuola aperta, inclusiva e democratica, invece di consegnare tutti i poteri in mano ad un Dirigente manager.

Non vogliamo lasciare che vinca un modello di scuola autoritario, succube dei privati, di una valutazione punitiva e fucina di precarietà, ma vogliamo una scuola palestra di cittadinanza, democrazia e cooperazione. La scuola dev’essere nelle nostre mani, come la democrazia, come il lavoro. Vogliamo che sia nelle nostre mani e non in quelle fameliche di Confindustria e delle lobby che tengono sotto scacco il nostro Paese.

Le nostre mani, l’emblema della partecipazione; le mani che ogni giorno si stringono per la rabbia, la frustrazione, le ingiustizie; le mani di chi vive la scuola odierna piena di distorsioni, che ne conosce le potenzialità e che sa come cambiarla; le mani giovani di chi ha ancora il coraggio di sognare un’autodeterminazione non legata al reddito dei genitori; le mani che ogni giorno si tendono per costruire una scuola, una città, un luogo di lavoro aperto e inclusivo; le mani che si stringeranno l’una all’altra per non lasciar passare una riforma calata dall’alto, contro i bisogni e i desideri di chi ogni giorno vive il basso.

Il 5 maggio abbiamo costruito a Milano un grande spezzone studentesco ‘La scuola e la democrazia sono [l:#nellenostremani]]’, affianco a quello dei sindacati, perché crediamo che solo unendo a coro tutte le voci che fanno la scuola potremo realmente difenderla da qualsiasi attacco che mira alla sua distruzione". 

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