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La lettera

“Amici tifosi atalantini, svegliamoci: basta inganni da dirigenza e ultrà”

Dopo la sentenza per il processo agli ultrà atalantini e le polemiche per il ritiro della querela uno storico tifoso atalantino non ci sta e alza la voce con una lettera inviata al nostro giornale: "Questi ultimi eventi mi lasciano sbigottito. Riprendiamoci la nostra passione. Siamo la maggioranza silenziosa. Uno stadio di gente perbene non è un'utopia"

 Dopo la sentenza per il processo agli ultrà atalantini e le polemiche per il ritiro della querela sull’invasione di Zingonia da parte della dirigenza di Antonio Percassi, uno storico tifoso atalantino non ci sta e alza la voce con una lettera inviata al nostro giornale. Ecco lo sfogo di V.V., molto attivo e conosciuto sui social network, e che per questo preferisce rimanere anonimo:

Egregia redazione,

mi aiuti a capire perché io, francamente, non ci riesco, anzi questi ultimi eventi mi lasciano sbigottito. Che tra Società e Ultras ci fosse un feeling particolare era noto da tempo, dal caso dei biglietti "riservati" l’anno della B ai baci e abbracci sul palco della Festa della Dea.

E’ evidente il drastico cambio nel modo di porsi da parte della Curva nei confronti della dirigenza: Ruggeri era il "nemico", quello che osteggiava pubblicamente i violenti, quello che si dichiarava parte civile; Percassi è invece l’interlocutore accondiscendente, non rompe le scatole e, quando può, dà un mano.

I cattivi da riprendere sono i pacifici tifosi della Creberg, che pagano il biglietto ma non dovrebbero fischiare, mentre si sorvola o quasi su fatti ben più gravi accaduti fuori dallo stadio.

Tutto questo mentre il nostro direttore generale solidarizza con Pallotta, uno che con i violenti sta dimostrando di avere gli attributi, non solo nel cognome.

Probabilmente l’errore di fondo sta nel pensare di poter ragionare con questi ultras. Gente che divide il mondo in "tesserati" e "non tesserati" o "lamaioli" e "a mani nude". Per loro creare disordini, bruciare automobili e ferire agenti si chiama mentalità.

I giornalisti che fanno cronaca li definiscono "vermi" o "infami", salvo poi dichiarare pubblicamente (è sufficiente aprire Youtube) che lo scontro sia la loro droga, confermando in pratica quello che gli "infami" scrivono da anni. Se ne facciano una ragione, scontrarsi consiste reato, come rubare. Ci troviamo di fronte a elementi plurirecidivi che, mentre recitano la parte delle vittime del sistema, la stanno facendo franca da anni.

Se si vuole essere dalla parte della legalità bisogna farlo sempre. Se l’irruzione fosse avvenuta nel giardino di uno di questi ultrà, loro sarebbero così garantisti? Se le uova marce fossero state lanciate contro la loro abitazione, se lo zerbino incendiato (o peggio una delle auto date alle fiamme ad Alzano) fosse stato quello della propria casa, cosa direbbero?

Bisogna stare sempre dalla parte della legalità, non solo quando fa comodo. Vendere quantità industriale di merchandising senza registratore di cassa all’interno dello stadio non è legale, così come stampare da oltre 10 anni un giornalino in forma del tutto anonima che, spesso, è stato usato per diffamare a destra e a manca, se non addirittura per lanciare velate minacce. Anche io utilizzerò l’arma dell’anonimato, sono finiti i tempi per porgere l’altra guancia.

Amici tifosi, atalantini veri, svegliamoci. Riprendiamoci la nostra passione. Siamo la maggioranza silenziosa, ricordiamoci di quando i possessori del voucher, ingiustamente tutti penalizzati (è doveroso dirlo) invitavano a disertare la Nord: la Curva era tutt’altro che deserta. Uno stadio di gente perbene non è un’utopia".

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