“Afterlife” della giovane (30 anni) ungherese Virag Zomboracz, è stata una boccata di aria fresca dopo i temi impegnativi affrontati dai primi film. Nelle parole della regista “Afterlife è una commedia di formazione che invece di affrontare i conflitti sociali guarda principalmente all’individuo e alle istanze della psiche umana. I temi centrali sono il rapporto padre – figlio e la famiglia, la mutazione dei valori tradizionali e la possibilità di comunicazione".
Temi non facili, ma la scelta di trattarli con il registro della commedia, l’ottima sceneggiatura e interpretazione degli attori, rendono la visione gradevolissima, in sala si sorride e alla fine l’applauso del pubblico è convinto e prolungato.
E’ la storia di Mozes, un ventenne studioso di teologia, afflitto da un disturbo neurologico compulsivo e figlio di un autoritario pastore protestante. Il film si apre con il padre che va a prendere Mozes in ospedale dopo un periodo di ricovero e dalle prime battute è chiara la difficoltà del rapporto.
Nel giro di poco tempo il padre muore improvvisamente, ma il suo fantasma inizia a palesarsi al figlio (solo a lui) e a seguirlo nella quotidianità creando momenti inaspettatamente spassosi.
Allucinazione o spettro inquieto da traghettare verso l’aldilà? Mozes ne parla senza successo con il medico e finisce per seguire i consigli di un esperto, il meccanico del paese (!), sia per liberarsi da questa ingombrante presenza sia per aiutarlo, dal momento che il fantasma del padre sembra disorientato e infelice. La bizzarra situazione diviene l’opportunità per Mozes, pur attraverso una serie di fiaschi, di prendere in mano la propria vita e risolvere i propri problemi di relazione.
Soprattutto con il padre che arriverà ad accettarlo per quello che è.
Paola Suardi
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