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Il processo

“Il Bocia ad Alzano non ha fatto nulla” Ultrà a difesa del capo

Sono molto simili tra loro le versioni fornite in aula dagli ultrà indagati nel maxi processo che si sta svolgendo a Bergamo nei loro confronti. Sfogo del pm Pugliese: "Mi viene da pensare che quelle auto hanno preso fuoco per autocombustione"

"Quando abbiamo capito che non ci avrebbero fatti entrare alla Berghem fest, siamo tornati indietro e siamo tornati a casa. E con noi c’era anche Claudio Galimberti. Non sappiamo chi sia stato a bruciare le auto".

Sono molto simili tra loro le versioni fornite in aula dagli ultrà indagati nel maxi processo che si sta svolgendo a Bergamo nei loro confronti. Giovedì 29 gennaio erano attesi in dieci davanti al giudice Maria Luisa Mazzola, ma si sono presentati solo in cinque: Stefano Alborghetti, 24enne di Ghisalba, Marika Caccavalle, 26enne di Bergamo, Oscar Agazzi, 39enne di Brembate Sopra, Piero Berbenni, 30enne di Serina e Andrea Carrara, 26enne di Nembro.

Tutti con una linea compatta e coesa, per smontare le gravi accuse e scagionare il loro leader Claudio Galimberti (atteso in aula lunedì 9 febbraio con un’udienza a lui riservata) indicato dal pubblico ministero Carmen Pugliese come ideatore e organizzatore degli episodi incriminati.

A partire dall’assalto alla Berghem fest di Alzano Lombardo il 25 agosto 2010, in cui furono bruciate quattro auto, cinque moto e ferito un agente di polizia. "Volevamo protestare contro la tessera del tifoso, ideata dal ministro Maroni, che era presente quella sera – il racconto degli imputati in aula – . La manifestazione era stata organizzata qualche sera prima al nostro covo. Era stata decisa tutti insieme. Doveva essere un’iniziativa rumorosa ma pacifica. Avevamo deciso di distribuire anche alcuni fischietti, per farci sentire".

"Quella sera ci trovammo verso le 20 davanti al Grattacielo di Alzano – prosegue la ricostruzione – . Eravamo in tanti, più di quanti pensavamo. Almeno in 500, tra cui anche famiglie con bambini. Intorno alle 21 ci incamminammo verso la festa, ma arrivati a 500 metri dal cancello d’ingresso la polizia ci fermò. Il Bocia e altri parlarono con gli agenti, e quando capimmo che il ministro era disposto ad accogliere solo una delegazione di noi, scegliemmo di lasciar perdere. Tornammo verso le nostre macchine e motorini, e con noi c’era ache Claudio Galimberti. In quel momento sentimmo diverse esplosioni in lontananza, ma senza vedere fiamme. Scoprimmo solo dai giornali quello che era successo. Nessuno trovò i colpevoli di quel gesto di ignoranza che rovinò la nostra iniziativa. Se avessimo saputo chi era stato, si sarebbe beccato anche quattro ceffoni".

Versioni praticamente identiche tra i diversi imputati, che hanno provocato la reazione del pm Pugliese, la quale si è rifiutata di ascoltare l’ultimo imputato, Andrea Carrara. "Un copione tutto uguale, inutile proseguire con questi interrogatori. Mi viene da pensare che quelle auto hanno preso fuoco per autocombustione", lo sfogo polemico della Pugliese in aula.  

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