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Chiesa

Castro e Obama al Papa: Sei l’esempio di come il mondo dev’essere

Da L'Avana e da Washington messaggi in Vaticano da Raul Castro e Barack Obama per Papa Francesco: "Grazie per il miglioramento delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti".

di Pier Giuseppe Accornero

Da L’Avana arriva la gratitudine del presidente cubano Raúl Castro: «Voglio ringraziare e riconoscere l’appoggio del Vaticano, e specialmente, di Papa Francesco, che è un esempio di come il mondo dovrebbe essere, per il miglioramento delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti».

Da Washinton arriva la riconoscenza del presidente Barack Obama: «Voglio ringraziare Papa Francesco per il miglioramento delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti».

Il 17 dicembre 2014 è la data della svolta storica nei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. Ammette l’inquilino della Casa Bianca: «Questi 50 anni ci hanno mostrato che l’isolamento di Cuba non ha funzionato. Siamo pronti a iniziare un nuovo capitolo nelle relazioni». Alla fine del discorso – che passerà alla storia come il discorso di «todos somos americanos» – Obama si rivolge direttamente ai cubani in spagnolo: «L’America tende una mano amica perché siamo tutti cittadini delle Americhe» e invita ad archiviare l’eredità «del colonialismo e del comunismo» perché «è tempo per un nuovo approccio verso Cuba. Porremo fine a questo approccio oramai vecchio».

La strada è segnata: «Cominceremo a normalizzare le nostre relazioni con Cuba. Ho dato al segretario di stato John Kerry il mandato di avviare negoziati immediati con Cuba per riavviare il dialogo fermo dal 1961». Obama vuole giungere alla fine dell’embargo contro Cuba entro la fine della sua presidenza nel novembre 2016. E non è esclusa una visita a Cuba.

Jorge Mario Bergoglio è argentino come l’eroe della rivoluzione castrista, iniziata nel 1959 e dilagata nell’America Latina, quel Ernesto Guevara de la Serna, più noto come «Che Guevara» o «el Che» che infiammò generazioni di «apprendisti rivoluzionari» al di qua dell’Atlantico. Nasce a Rosario in Argentina il 14 giugno 1928 e muore in un’imboscata sulle montagne della Bolivia il 9 ottobre 1967. Per decenni il suo inno di battaglia «Hasta la victoria siempre. Patria o muerte. Fino alla vittoria sempre. Patria o morte» è risuonato nei cortei in Europa.

CINQUANTACINQUE ANNI DI TENSIONI

Nel più assoluto riserbo Papa Francesco ha preparato la svolta, dopo 55 anni di tensioni. Non dimenticando che «Pontifex» significa letteralmente «costruttore di ponti» definizione che si adatta benissimo al Papa argentino con solide radici piemontesi. La notizia del ristabilimento delle relazioni è giunta proprio nel giorno del suo 78° compleanno – è nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936 – e quattro giorni dopo il 45° dell’ordinazione sacerdotale nella Compagnia di Gesù a Cordoba il 13 dicembre 1969.

Questo successo diplomatico e politico proietta sempre più la figura del Pontefice argentino alla statura di «leader» di portata globale che, nel segno del dialogo, favorisce soluzioni anche per le controversie più annose e apparentemente inestricabili. Si è saputo adesso che all’inizio dell’estate Papa Francesco ha scritto due lettere separate a Raúl Castro – succeduto nel 2008 al fratello, il «lider maximo» Fidel – e a Barack Obama per esortali a perseguire relazioni più strette tra i due Paesi.

Un anno fa, il 15 dicembre 2013, Castro e Obama si strinsero la mano in Sudafrica ai funerali di Nelson Mandela. Nell’ottobre scorso, nella più assoluta riservatezza, delegazioni di Cuba e degli Stati Uniti si sono incontrare in Vaticano. Cuba, Paese largamente cattolico, ha rapporti diplomatici con la Santa Sede da ottant’anni, dal 1934 con Pio X, mentre gli Stati Uniti solo dal 1979. Quello che era solo un’indiscrezione della stampa americana, ora trova conferma ufficiale, come afferma il comunicato della Segreteria di Stato: «Il Santo Padre Francesco desidera esprimere vivo compiacimento per la storica decisione dei Governi degli Stati Uniti d’America e di Cuba di stabilire relazioni diplomatiche, al fine di superare, nell’interesse dei rispettivi cittadini, le difficoltà che hanno segnato la loro storia recente.

Negli ultimi mesi Francesco ha scritto ai presidenti Raúl Castro e Barack H. Obama per invitarli a risolvere questioni umanitarie d’interesse comune, tra le quali la situazione di alcuni detenuti, al fine di avviare una nuova fase nei rapporti tra le due parti. La Santa Sede, accogliendo in ottobre le delegazioni dei due Paesi, ha inteso offrire i suoi buoni offici per favorire un dialogo costruttivo. La Santa Sede continuerà ad assicurare il proprio appoggio alle iniziative che le due Nazioni intraprenderanno per incrementare le relazioni bilaterali e favorire il benessere dei rispettivi cittadini». Papa Francesco, nell’immaginario popolare, richiama la dolce e tonda figura di Giovanni XXIII, proclamato santo da Papa Bergoglio il 27 aprile scorso. Papa Roncalli oltre cinquant’anni fa ha collaborato a salvare il mondo dall’«olocausto nucleare». «Supplichiamo i governanti a non restare sordi al grido dell’umanità». Il desiderio roncalliano di «riassumere le voci del mondo» fu messo a dura prova pochi giorni dopo l’apertura del Concilio Vaticano II, quando il mondo minacciò di sprofondare nella guerra nucleare.

Nella notte del 13 agosto 1961 le truppe sovietiche costruiscono il Muro di Berlino che spacca la città in due. Il Muro sarà abbattuto 28 anni dopo, nel 1989.

Nel 1961 il segretario del Partito comunista sovietico Nikita Krusciov annuncia la ripresa degli esperimenti nucleari, il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy replica con analoga decisione: test atomici nel sottosuolo e in laboratorio. Nell’ottobre 1962 la crisi dei missili sovietici a Cuba porta l’umanità sul baratro.

Il braccio di ferro inizia il 16 ottobre quando la Cia segnala a Kennedy l’installazione a Cuba di testate sovietiche in grado di colpire gli Stati Uniti. Il presidente raduna un’unità di crisi. Il Pentagono preme per il bombardamento delle basi e per lo sbarco sull’isola. Ma il presidente opta per una misura meno drastica. Il 22 ottobre Kennedy denuncia la dislocazione di missili, aerei e basi nell’isola e ordina il blocco aeronavale di Cuba.

Il 25 l’ambasciatore americano all’Onu Adlai Stevenson, in una drammatica riunione del Consiglio di sicurezza, inchioda l’ambasciatore sovietico Valerian Zorin: «Lei nega che l’Urss abbia collocato e stia collocando missili a Cuba? Sì o no? Non aspetti la traduzione. Lei nega l’esistenza di queste rampe? Sono pronto ad aspettare la sua risposta finché l’inferno si sarà congelato e sono pronto a presentare le prove». Compaiono le foto riprese dai satelliti americani delle rampe missilistiche e delle navi in rotta verso l’isola: sui ponti i missili sono nascosti da teloni. Krusciov invia a Kennedy due lettere. Nella prima si dice pronto al ritiro delle testate se gli Usa si impegnano a garantire l’integrità territoriale dell’isola.

Nella seconda subordina la rimozione delle basi ad analoga decisione americana: chiudere le basi Nato in Turchia. Il mondo è col fiato sospeso. Grazie a un fitto lavorìo Papa Giovanni riceve assicurazioni da Washington e da Mosca che un suo intervento non è sgradito. Mons. Nella notte tra il 23 e il 24, con il sostituto della Segreteria di Stato mons. Angelo Dell’acqua, il Papa stende un messaggio ai Grandi.

Ogni tanto si alza e va in cappella a pregare: «La mano sulla coscienza, coloro che portano la responsabilità del potere ascoltino il grido di angoscia che, da tutti i punti della Terra, dai fanciulli innocenti ai vecchi, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: pace! pace! Rinnoviamo questo solenne invito. Noi supplichiamo tutti i governanti di non restare sordi a questo grido dell’umanità. Facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace. Eviteranno così al mondo gli orrori di una guerra di cui non è possibile prevedere le terribili conseguenze». 

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