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Politica

Anche a Bergamo rottura Pd La minoranza abbandona prima del voto in assemblea

Bergamo come Roma. Nonostante l'abissale differenza di peso politico, l'assemblea cittadina del Partito democratico e quella nazionale hanno vissuto, a poche ore di distanza, momenti di tensione. La minoranza – militanti sostenitori della candidatura di Gianfranco Benzoni, battuto da Pedersoli – ha lasciato la sala poco prima di votare la modifica al regolamento per allargare la segreteria da 4 a 5 membri.

Bergamo come Roma. Nonostante l’abissale differenza di peso politico, l’assemblea cittadina del Partito democratico e quella nazionale hanno vissuto, a poche ore di distanza, momenti di tensione. Nella Capitale è toccato al solito Fassina ad accendere gli animi: "Non ti permetto più di fare le caricature di chi la pensa diversamente da te – ha detto rivolto al premier e segretario Matteo Renzi -. E’ inaccettabile. La minoranza non fa diktat: se vuoi andare a elezioni dillo chiaramente e smettila di scaricare la responsabilità sulle spalle di altri".

A Bergamo invece il voto (interno) c’è già stato, con la vittoria di Federico Pedersoli nel congresso cittadino di due settimane fa. La spaccatura definitiva si è consumata sabato durante l’assemblea degli iscritti. La minoranza – militanti sostenitori della candidatura di Gianfranco Benzoni, battuto da Pedersoli – ha lasciato la sala poco prima di votare la modifica al regolamento per allargare la segreteria da 4 a 5 membri, mossa proposta con l’obiettivo di rappresentare anche l’opposizione. I “benzoniani” invece avrebbero voluto (almeno) un membro dei quattro. Ma le trattative non sono andate a buon fine. Prima la minoranza ha votato contro l’elezione di Dino Pusceddu, nuovo presidente dell’assemblea (eletto con 32 voti), poi ha levato le tende in dissenso con il “contentino” dell’allargamento della segreteria.

L’acceso dibattito è continuato sulle bacheche di Facebook: “Offrire al 35% del partito un posto nella schiera dei quattro a disposizione del segretario era un gesto di rispetto e di considerazione – spiega Benzoni -, dare la presidenza della assemblea alla minoranza è un atto democratico di garanzia (mancando l’organo intermedio che era la direzione dove vige un principio proporzionale), di tutto questo non si è tenuto conto ma ci si è ridotti a inventare un posto in più (in un regolamento appena approvato). Come pensate che si sia sentita considerata la parte cosidetta minoranza? Meno di niente, questa è la sensazione che abbiamo avuto e che solo il lucido calcolo o la mancanza di sensibilità politica può non cogliere”.

La risposta del segretario Pedersoli non si fa attendere: “Nessuna invenzione dell’ultimo minuto ma cose dette e ripetute per l’intera fase precongressuale in ogni occasione di confronto e mai contestate. Mai nel confronto mi è’ stato chiesto un posto dei quattro, così come mai si era parlato di presidenza a chi perdeva. Ho visto solo mal di pancia, correzioni in corsa, accuse in assemblea, mai costruttive. Credo che il gesto di abbandonare l’aula sia grave nei confronti dell’assemblea per la quale alla prima convocazione avevo dato tempo di discussione di cinque ore e nella quale si sarebbe potuto alimentare il confronto sui contenuti”.

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