Tempi duri per i commercianti bergamaschi. E non solo bergamaschi. L’indagine di Confesercenti traccia un quadro desolante, segno inequivocabile della gravità di una crisi non ancora finita: a Bergamo infatti i negozi sfitti sono 19,4% in più rispetto al 2012. La trattativa si è conclusa a lieto fine, ma la vicenda Balzer è solo la punta dell’iceberg: il bar storico del centro piacentiniano non chiuderà solo dopo un lungo tira e molla in cui l’amministrazione ha giocato un ruolo chiave. Altri esercizi non sono così fortunati.
Man mano che le saracinesche si abbassano non c’è nessuno pronto a subentrare o a tentare l’avventura in una professione che in passato ha regalato tante soddisfazioni. I negozi messi in vendita sono invece il 6,3% in più sempre rispetto al 2012. Tasse, poco credito dalle banche, concorrenza dei centri commerciali e zero sicurezze sono i principali motivi delle difficoltà che sta attraversando il settore.
A livello nazionale il saldo negativo tra iscrizioni e cancellazioni è addirittura di 56 mila e 562 attività. Come riporta Il Sole 24 Ore, nel dettaglio, le vetrine che hanno dovuto chiudere i battenti sono state più di 124 mila a fronte di 67 mila e 400 nuove. A soffrire maggiormente è il segmento non alimentare. La crisi si riflette anche sulle quotazioni: nelle princoaòli vie dello shopping i canoni di locazione sono scesi mediamente dell’11% e i prezzi di vendita del 14,2%.
A Bergamo il canone medio annuo al metro quadro è di 414 euro. In alcuni centri urbani la flessione è stata contenuta, in particolare dove i proprietari più rigidi hanno preferito lasciare lo spazio sfitto in attesa di condizioni di mercato migliore.
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