Le proteste dei sindaci sono servite: l’Imu sui terreni agricoli di montagna sarà rinviata. La tassa era stata introdotta settimana scorsa con una circolare inviata dal ministero delle Finanze. Anche per i Comuni sotto i 600 metri sul livello del mare sarebbe stato obbligatorio riscuotere l’Imu su boschi e terreni di montagna. Impossibile per gli uffici comunali provvedere ad ottenere i soldi entro il 16 dicembre, data fissata per la scadenza fiscale. Di fronte alle proteste degli amministratori (in Bergamasca si sono subito schierati contro Lenna e Albino) il governo ha deciso di fare un passo indietro. La decisione politica è stata presa e sarà confermata giovedì mattina dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta in risposta al question time al Senato.
Il rinvio servirà anche per decidere criteri più condivisi per definire le esenzioni. L’Imu sui terreni montani sarà compresa nella nuova tassa locale unica che il governo Renzi ha promesso di varare nel 2015. Il decreto aveva diviso i Comuni in tre fasce, sulla base dell’«altitudine al centro», misurata cioè nel punto in cui si trova il municipio: l’esenzione totale sarebbe stata limitata ai Comuni con altitudine superiore a 600 metri, mentre fra 281 e 600 metri l’Imu avrebbe evitato solo i terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali e nei Comuni fino a 280 metri avrebbe invece coinvolto tutti.
Con qualche in mese in più di tempo potranno essere definite meglio tutte le fasce. Un vantaggio non solo per Comuni e contribuenti, ma anche per lo Stato. Solo con una migliore definizione della tassa infatti potranno essere trovati i 350 milioni che servono. Le prime stime delle amministrazioni locali, sul piede di guerra, non davano conforto ai calcoli fatti dal ministero delle Finanze.
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