Studenti, lavoratori precari e persone che stanno vivendo il dramma degli sfratti: nelle strade del centro a Bergamo sono scesi in piazza per lo sciopero generale. L’iniziativa – uno “sciopero sociale” – è stata indetta contro le politiche del governo Renzi, ma anche quelle degli ultimi vent’anni, e per chiedere soluzioni ai problemi di lavoro, un futuro per i giovani, casa e cultura. (Guarda le foto cliccando QUI).
“Noi la crisi non la paghiamo”, “Lo studente non ha paura”, “Non ci rappresenta nessuno” e “La nostra cultura vi fa paura” sono gli slogan che animano la protesta. In modo particolare, al centro delle rivendicazioni il problema del precariato, che nega un futuro ai giovani, e la casa come diritto per tutti, chiedendo di fermare gli sfratti.
Nel mirino delle critiche il jobs act e, più in generale, il capitalismo e la finanziarizzazione dell’economia che – urlano gli speaker – “si inseriscono nelle scuole e vogliono influenzare l’apprendimento degli studenti, e pagano le campagne elettorali, condizionando le politiche dei governi”. Il corteo sul finire della manifestazione si è portatoa sorpresa davanti alla sede della Cgil dove ha "criticato" apertamente il sindacato con tanto di lancio di uova.
Accanto alle proteste, dalla piazza non mancano proposte alternative. Più precisamente, si chiede maggior sostegno alla cultura e alle biblioteche, citando le difficoltà in cui si trovano i sistemi bibliotecari. Su questo fronte, non mancano riferimenti anche al sindaco di Bergamo Giorgio Gori: “Bisogna investire di più sulle biblioteche per promuovere la cultura, dalla Caversazzi alle altre biblioteche della città” – scandisce lo speaker.
Andrea, uno studente manifestante afferma: "Servono politiche diverse, attente ai giovani. Siamo pronti a rivendicarle e a far sentire la nostra voce. Lo sciopero generale non si ferma oggi e proseguirà con ulteriori iniziative. Invitiamo anche gli altri ragazzi, che ci guardano dalle finestre delle scuole, a unirsi a noi per chiedere tutti insieme un futuro per i giovani".
Paolo Ghisleni
© Riproduzione riservata
commenta