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La lettera

“Ebola, un grave problema da non sottovalutare: ecco cosa dovremmo fare”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un lettore, che ama definirsi "cittadino del mondo", circa il grande allarme che in queste ultime settimane sta spaventando un po' tutto il mondo e non solo i Paesi più in difficoltà.

Allarme Ebola, anche in Italia. Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un lettore, che ama definirsi "cittadino del mondo", circa il grande allarme che in queste ultime settimane sta spaventando un po’ tutto il mondo e non solo i Paesi più in difficoltà. Secodno il nsotro lettore, oggi come non mai, bisognerebbe che la politica mondiale si muovesse, tutta assieme, per prevenire una malattia che, qualora dovesse disgraziatamente prendere campo, potrebbe creare gravissimi problemi a tutti: "Meglio l’allarmismo oggi che l’impotenza domani".

Ecco la lettera in forma integrale.

 

Gentile redazione,

chi vi scrive è un cittadino della Bergamasca che ha trascorso tanti anni in uno dei paesi del WestAfrica dove l’Ebola sta seminando morte ad una velocità di moltiplicazione impressionante. Vi scrivo perchè i media italiani fino ad oggi su questo tema stanno solo facendo la cronaca e a volte la prosopopea su un vacino italiano (oh, che bello il made in Italy). Ben venga che elaborino un vacino e in tanti ormai lo stanno facendo ma prima che ce ne sia uno affidabile l’Ebola potrebbe accellerare il suo cammino anche al di fuori dei confini delle nazioni africane attualmente colpite, come già successo in Spagna.

Un vacino normalmente prima di essere efficace sulla massa del mondo impiegano dai 5 ai 10 anni per elaborarlo (affari delle multinazionali farmaceutiche permettendo). Nessuno sta invece ponendo l’accento sul come sia urgente ora arrestare la diffusione del virus laddove è scoppiata l’epidemia che se continua con l’attuale accellerazione addirittura ci sono previsioni che a dicembre, dalle attuali 3500 morti accertate e 8000 casi accertati, si passi a numeri triplicati se non quadruplicati (conoscendo le condizioni e le possibilità di presidio sanitario di quei Paesi le cifre sono sicuramente sottostimate).

La realtà è che per fermare il diffondersi dell’ebola è necessario: 1- intercettarte tempestivamente chiunque abbia contratto il virus nella fase iniziale della sintomatologia (quando arriva alla fase emoragica dove ormai sono compromessi diversi organi interni diventa difficile se non improbabile salvare la vittima che muore dopo 3-7 giorni dall’insorgere dei primi sintomi); 2- curarlo lì sul posto senza trasportarlo fuori da quelle nazioni anche per chi è occidentale, onde evitare ciò che sta succedendo in Spagna; 3- mettere in condizioni la popolazione di poter sopravvivere alle conseguenze di blocco/rallentamento di circolazione di derrate alimentari e quant’altro serve per i bisogni primari.

Per fare questo è necessario che ci sia un’azione coordinata dalle Nazioni Unite e che coinvolga tutta la comunità internazionale. Perché? 1- Per insediare capillarmente presidi sanitari equipaggiati e laboratori specifici evitando gli ospedali esistenti in luogo, perchè diventerebbero infrequentabili per pazienti colpiti da altre patologie (ospedali da campo o altre postazioni mobili attrezzate); 2- Inviare personale sanitario preparato ed equipaggiato massicciamente (autoambulanze e anche elicotteri) per la gestione dei presidi e del trasporto dei contaggiati (Cuba, ad esempio, ha inviato 260 tra infermieri e medici opportunamente preparati ed equipaggiati, ma non sono nulla rispetto alla velocità di diffusione del virus); 3- Inviare massicciamente militari per la gestione logistica e di presidio dei territori. Stiamo parlando di un’area che comprende circa 15 milioni di abitanti e che ha infrastrutture stardali e di trasporto che vi lascio immaginare.

Potrei dilungarmi oltre, ma mi fermo qui. E’ ovvio che quanto sopra sia possibile solo se la comunità tutta prenda velocemente consapevolezza della situazione e che quindi ci sia la volontà politica di inervenire seriamente e velocemente tanto quanto, ahime, succede quando si tratta di combattere l’Isis o di inviare truppe per le famose "guerre preventive". Ricordo a tutti che in quei Paesi molte società occidentali e dell’est stanno facendo fortune con le risorse energetiche e minerarie di quelle terre, quindi intervenire al più presto è doveroso oltre che di buon senso e questo vale anche per l’Italia. Forse sarà eccessivamente allarmistico ciò che ho scritto ma meglio essere allarmisti oggi che impotenti domani.

Un cittadino del mondo

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