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Arte

La mostra

Dal bozzetto all’opera La genesi dell’arte negli scatti di Mangili

Si inaugura sabato 4 ottobre alle 20.30 nella chiesa vecchia di Almè una mostra che definire fotografica è riduttivo. L'esposizione, che mette in fila una sessantina di scatti in bianco e nero e a colori del fotografo Francesco Mangili.

Si inaugura sabato 4 ottobre alle 20.30 nella chiesa vecchia di Almè una mostra che definire fotografica è riduttivo. L’esposizione, che mette in fila una sessantina di scatti in bianco e nero e a colori del fotografo Francesco Mangili realizzati tra il 1988 e ’89, evidenzia quanto fecondo può essere l’incontro tra diverse arti visive.

"La tecnica che genera la vita" è una selezione di immagini di medio­grande formato che raccontano il processo di creazione, dal bozzetto alla fusione, della statua di Giovanni XXIII opera dello scultore Alessandro Verdi, che si trova nel Duomo di Bergamo Alta. La fotografia cattura la materia e ripercorre con intelligenza e suggestione le tappe di fattura dell’opera in bronzo.

Scatto dopo scatto prende forma la figura del Papa buono, dal modello originario allo scheletro in alluminio alla statua finale.

E’ la magia del metallo fuso e della cera a conquistare, a catturare l’attenzione nel gioco dei controluce e dei primi piani, nel dialogo tra la fatica dell’uomo e la resistenza dei materiali, tra la sapienza della tecnica e il fascino dell’intuizione artistica. La statua di Papa Giovanni fu realizzata dallo scultore Alessandro Verdi che vinse il concorso per la grande opera da collocare nella Cattedrale in occasione del trentesimo anniversario dell’elezione di Angelo Roncalli al soglio pontificio. Si trattò di un lavoro consistente, che impegnò l’artista e le maestranze della fonderia Baldis di Gorle nell’arco di nove mesi e che fu seguito con dedizione e passione da Francesco Mangili. Il fotografo, esperto e sensibile cultore delle arti e storico amico di artisti e pittori lombardi tra i migliori del secondo Novecento, ha interpretato al meglio in questo ciclo iconografico il proprio ruolo di reporter d’arte.

Mentre nelle foto di ricerca lo sguardo di Mangili ha dato prova negli anni di perseguire un’impostazione di grande originalità, libera da vincoli figurali a vantaggio di una visione lirica fatta di risonanze interiori e di astrazioni dal dato reale, qui l’obiettivo del fotografo si è messo al servizio della forma e della tecnica. Ed è la tecnica in effetti ­ il gesto e la fatica del fare ­ al centro della riflessione in queste fotografie.

Troppo spesso nelle arti plastiche del processo di lavoro non si sa nulla e non ci sfiora l’idea di quanto tempo e quanti stadi siano necessari al risultato finale. Un lavoro immane, nel caso di grandi opere in bronzo, condotto con grande passione e col coinvolgimento di molte persone, un’impresa di cui tutti si sentono fieramente parte, oggi come nel Rinascimento o al tempo dei Greci – giacché la fusione a cera persa, soprattutto nella monumentalistica, attraverso i secoli non ha subito sostenziali modifiche.

Francesco Mangili prova a restiturci il senso e l’incanto di quest’arte, qui declinata al servizio di un messaggio di pace e di vita. La serie di fotografie è integrata da vari scatti realizzati dall’autore in occasione della prima mostra inaugurale, a Valbrembo, sulla documentazione del percorso creativo di Verdi, dall’idea prima, ai disegni originali, al bozzetto, alla scultura in gesso a scala reale. Dopo l’inaugurazione, seguirà il concerto del coro Penne Nere di Almè. La mostra sarà aperta fino al 12 ottobre.

Stefania Burnelli

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