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L'inchiesta

Omicidio Cantamessa: gli indagati, il caporalato e l’insalata made in Bg

La sera dell'8 settembre 2013 sulla strada provinciale di Chiuduno si consuma un duplice omicidio: Vicky Vicky, indiano al volante della sua auto investe il fratello Baldev Kumar, 31 anni, che è ferito a terra dopo una rissa mentre viene soccorso da Eleonora Cantamessa, ginecologa di 44 anni di Trescore Balneario. Un anno dopo dalle indagini emerge un dettaglio non indifferente: tra i 17 indagati molti sono dipendenti di Agronomia, un colosso delle insalate in busta. A scatenare quella maxi rissa era una faida di caporalato per lavorare nelle serre del gruppo di San Paolo d'Argon.

Un anno fa, la sera di domenica 8 settembre, al termine di una maxi rissa tra bande rivali di indiani sulla provinciale a Chiuduno morirono Eleonora Cantamessa, ginecologa 44enne di Trescore Balnerario che si era fermata a prestare soccorso a Baldev Kumar, 31 anni.

Entrambi furono investiti dall’auto lanciata a tutta velocità, una Volkswagen Golf, guidata dal fratello di Kumar, il 25enne Vicky Vicky. Un gesto folle. Che cosa ha spinto Vicky Vicky ad ammazzare il fratello e la dottoressa?

Si parlò di tifo estremo per il cricket, ma dalle carte dell’inchiesta condotta dal pubblico ministero Fabio Pelosi c’è un dettaglio che non può passare inosservato. Molti degli indagati, tutti di nazionalità indiana, lavorano per Agronomia, una società ha che sede a San Paolo d’Argon e che detiene il primato italiano per la coltivazione e vendita delle insalate in busta.

Oltre a Vicky Vicky, accusato di omicidio volontario, nel registro degli indagati ci sarebbero altri sei appartenenti al gruppo familiare di Kumar, che fa riferimento ad un vecchio caseggiato a Borgo di Terzo. Altre dieci persone risultano formalmente indagate, quasi tutte per rissa aggravata. Questo secondo gruppo apparterebbe al clan dei Ram di Vigano San Martino, da anni protagonisti di scontri proprio con i Kumar.

I carabinieri della zona contano diverse denunce e segnalazioni per aggressioni a mani nude, accoltellamenti, anche sotto casa di Baldev Kumar a Gorlago. Quella notte nella concitazione tutti gli indiani fermati indicavano in Baldev “il capo”.

Le indagini portano a battere la pista del caporalato, tra le due bande c’era una rivalità che si sarebbe inasprita a causa di problemi sul lavoro nelle serre di insalata.

Il mattino seguente i primi sei indagati erano tutti nelle serre di Agronomia, una società nata nel 2005, che ha sede a San Paolo d’Argon e che è un vero e proprio colosso. Nessuno lo direbbe mai, ma in terra bergamasca si produce l’80% delle confezioni di insalata fresca dell’intera Penisola: rucola, radicchio e indivia che le grandi catene come Esselunga, Conad, Billa, Iperal e Tesco acquistano dal gruppo Agronomia.

La figura chiave di questa società è Guglielmo Alessio, 55 anni, già leader della Compagnia delle Opere di Bergamo, amministratore delegato del gruppo composto da due società: Agronomia Srl e Jentù.

Agronomia ha subito una trasformazione la scorsa primavera quando è approdata a Piazza Affari per quotarsi al mercato delle piccole imprese. In Borsa ha racimolato 7 milioni di euro e ora si appresta alla conquista del mercato tedesco con l’apertura di un sito di imbustamento alle porte di Monaco di Baviera con l’obiettivo di fornire ai tedeschi 5 mila tonnellate l’anno. In Jentù, l’altra società agricola che ha base a Guagnano, in provincia di Lecce, c’è un socio di Alessio che è un nome noto al mondo economico bergamasco: Antonio Percassi, immobiliarista e patron del’Atalanta.

Una realtà di successo che però ha alle spalle qualche contenzioso sindacale.

Francesca Seghezzi, Cgil, la racconta così: "Agronomia, che in Bergamasca conta circa 120 dipendenti, è una società che rifiuta le deleghe sindacali e noi come sindacalisti non possiamo entrare in azienda". Qui lavorano soprattutto indiani e pakistani: "Cinque donne – prosegue Seghezzi – un anno fa sono state licenziate: sono bergamasche e avevano vecchi contratti a tempo indeterminato. Negli anni scorsi tutti i dipendenti, indiani e pakistani, sono stati licenziati e poi assunti con un contratto a tempo determinato agricolo avventizio. Un contratto che permette ai titolari di far lavorare i propri dipendenti per 179 giorni all’anno, gli altri 180 restano in carico all’Inps come disoccupazione". Un contratto "che si trasforma in un vero e proprio ricatto per i dipendenti, se solamente osano opporsi rischiano di essere lasciati a casa senza lavoro”.

La sindacalista della Cgil ricorda benissimo l’investimento e la morte a Chiuduno della dottoressa Eleonora Cantamessa e di Baldev Kumar. “Si è scoperto che i colleghi chiamavano l’indiano ucciso ‘capo’ e lui li minacciava. Gli inquirenti ci hanno confermato che la lite che costò la vita al medico e anche a un indiano, era per motivi di lavoro, ma nel senso che era legata al mondo del caporalato”.

Perché gli indiani non denunciano questa situazione di caporalato? Sono ricattabili? “La Legge li tutelerebbe in caso di denuncia, ma rischiano l’espulsione dall’Italia perché scadrebbe il loro permesso di soggiorno, e potrebbero rientrare in Italia solo dopo sette o otto mesi – aggiunge Seghezzi –. Un rischio che nessuno dei lavoratori immigrati, che ha famiglia da mantenere, può permettersi di affrontare. Una denuncia in Italia rischierebbe di avere conseguenze sui familiari che stanno in India”.

Chissà se la verità emergerà nell’udienza, fissata per il prossimo10 ottobre, quando Vicky Vicky, difeso dall’avvocato Benedetto Maria Bonomo, comparirà in tribunale per rispondere del duplici omicidio del fratello Baldev Kumar e della dottoressa Eleonora Cantamessa.

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