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Intervista a un profugo

“Sono arrivato dall’Africa solo con una Bibbia Cosa voglio? Libertà”

Scappare dalla Nigeria, arrivare in Libia, attraversare il Mediterraneo di notte sopra una bagnarola, cambiare pianeta. E ritrovarsi in cima a un monte di una città sconosciuta senza potersi muovere. Mark (nome di fantasia) è uno dei 24 immigrati ospiti della Cà matta, a Ponteranica, sulla Maresana. "Dall'Italia ci aspettiamo sostegno. Vorrei avere libertà di muovermi, libertà di parola, libertà di lavorare”.

Scappare dalla Nigeria, arrivare in Libia, attraversare il Mediterraneo di notte sopra una bagnarola, cambiare pianeta. E ritrovarsi in cima a un monte di una città sconosciuta senza potersi muovere. Mark (nome di fantasia) è uno dei 24 immigrati ospiti della Cà matta, a Ponteranica, sulla Maresana. Ha 44 anni, parla l’inglese piuttosto bene. Al suo fianco i compagni di viaggio ascoltano attenti, ridono e scostano lo sguardo dalle macchine fotografiche. “Io sono nigeriano. Molti scappano dal mio paese perché è oppresso politicamente e per motivi religiosi. Oppure dalla povertà. C’è molta insicurezza, anche a causa di persone che hanno potere e sono aggressive. Terroristi: non rispettano la legge, fanno ammazzare la gente. Noi vogliamo avere una nuova possibilità. Dall’Italia ci aspettiamo sostegno. Vorrei avere libertà di muovermi, libertà di parola, libertà di lavorare. L’unica cosa che mi sono portato è una Bibbia tascabile. Quando siamo arrivati in Libia ci sono state date indicazioni per l’imbarco. E’ successo tutto in pochissimo tempo. Ho seguito la folla e sono salito su una barca. Non potevamo portare niente di ingombrante: non ho nulla”.

La barca, se così si può chiamare, è salpata alle 22. “Un viaggio molto pericoloso. Abbiamo pregato molto. Il mare era brutto, non c’erano appigli e rischiavamo di cadere. Siamo arrivati alle 4 di notte. Ora rimaniamo qui due settimane, poi non so dove ci manderanno”.

A poche centinaia di metri continua il presidio dei Giovani padani. Non c’è dialogo. Ai profughi è stato raccomandato di ignorare i manifestanti, che rivolgono provocazioni verbali agli operatori sociali dell’accoglienza. “Sappiamo che non vogliono che noi stiamo qui – continua Mark -. Non voglio rispondere, anche perché noi non abbiamo problemi con nessuno”. Da pochi giorni in Italia, ma la speranza è di tornare in Africa: “Quando cambieranno le cose e ci sarà meno violenza tornerò”.

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