La più prestigiosa, la più sognata, la più rappresentativa: la maglia numero 10 è tornata prepotentemente alla ribalta nel Mondiale brasiliano, nella terra dei “diez” per eccellenza, da Pelè a Ronaldinho, passando per Zico e Rivaldo.
Ora la “dieci” verdeoro è sulle spalle di Neymar, la vera speranza brasiliana nella strada che porta alla coppa: a soli 22 anni la responsabilità è tutta, o quasi, nei piedi della stella del Barcellona, idolo indiscusso dei più giovani, che ne imitano movenze, esultanze e capigliatura.
Per ora, con quattro gol in altrettante partite, Neymar non sta deludendo ma, nel Mondiale dei “Diez”, non è l’unico a fare la differenza e a vendere magliette.
Dopo una stagione in ombra al Barcellona, Lionel Messi è rinato al Mondiale, deciso forse a scrollarsi di dosso per sempre il paragone con Maradona e il suo essere decisivo nelle partite che contano: il 10, nonché capitano, dell’Albiceleste ha letteralmente trascinato i suoi nella fase a gironi, mettendo a segno quattro gol decisivi nelle tre partite con Bosnia, Iran e Nigeria.
Il protagonista che non ti aspetti, ma fino a un certo punto, è James Rodriguez, la punta di diamante di una Colombia spettacolare arrivata al Mondiale orfana di Falcao: strappato dal Monaco al Porto per 45 milioni, con 5 gol in 4 partite ha trascinato i Cafeteros per la prima volta nella storia ai quarti di finale di un Mondiale.
In ombra per tutta la fase a gironi, negli ottavi contro il Messico (del 10 Dos Santos) si è rifatto vivo Wesley Sneijder che, con un siluro di destro, ha cambiato verso all’inerzia della gara. Il Costa Rica ci ha eliminati con un gol di Ruiz, protagonista anche nell’ottavo contro la Grecia. La Francia ha in Benzema il suo punto di riferimento e la sua bocca da fuoco; la Germania ha messo un 10 fittizio sulle spalle di Podolski, affidando quello reale ad uno strepitoso Müller; il Belgio aspetta segnali più convincenti da Hazard mentre gli Stati Uniti, escluso Donovan, presentano il semisconosciuto Mikkel Diskerud.
Il fallimento di altri numeri 10, come Cassano, Fabregas, Modric, Rooney, Dzagoev e Kagawa, è stato sinonimo di eliminazione per le rispettive selezioni: Italia, Spagna, Croazia, Inghilterra, Russia e Giappone hanno pagato l’assenza di un uomo capace di spaccare le partite, quello a cui daresti il pallone per l’ultimo, decisivo possesso.
Nel bene e nel male, dunque, il Mondiale è stato, e sarà, questione di numeri 10: e dove, se non in Brasile?
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