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Fantasy, Il Trono di Spade ha vinto la scommessa Serie che crea dipendenza

In onda su Sky Atlantic l'ultima puntata della quarta stagione di “Game of Thrones – Il Trono di Spade”, la serie televisiva creata da David Benioff e Daniel B. Weiss e prodotta dal canale via cavo HBO: una scommessa sul genere fantasy vinta su tutti i fronti.

di Ivan Leoni

Negli stessi giorni in cui a farla da padrone è il calendario serrato dei mondiali di calcio è andata in onda su Sky Atlantic l'ultima puntata della quarta stagione di “Game of Thrones – Il Trono di Spade”, la riuscitissima serie televisiva creata da David Benioff e Daniel B. Weiss. Per la precisione l’episodio finale “I figli della foresta” è stato trasmesso poco dopo la sfida fra la Nazionale azzurra e la non certo irresistibile selezione del Costarica, causando probabilmente una fuga del pubblico televisivo, per noia prima che per delusione.

Si tratta dell'ennesimo successo del canale via cavo HBO che nell'ultimo decennio ha sfornato successi seriali quali "I soprano", "Sex and the city", "The newsroom" e il freschissimo "True detective".

Il trono di Spade è l'adattamento televisivo della serie di romanzi fantasy scritti da George R. R. Martin (Cronache del ghiaccio e del fuoco), il cui primo libro fu pubblicato negli States nel 1996. Magia nera, draghi, battaglie, intrighi di palazzo, tradimenti, assassini, fughe, vendette: lo scrittore non si è lasciato mancare nulla, scovando un filone narrativo fortunato – ma soprattutto prolifico – che ha trovato trasposizione in fumetti, giochi di ruolo, giochi da tavolo e carte collezionabili. Oltre che naturalmente nella serialità televisiva che ha fatto incetta di telespettatori sia in Italia che oltreoceano. Un esito che non era affatto scontato perché il genere heroic fantasy applicato alla serialità non garantisce affatto la certezza del risultato: del resto non è facile maneggiare elementi estranei alla comune realtà, come la magia, il soprannaturale o le tecnologie immaginarie, senza cadere nell'incoerenza o in eccessi di inverosimiglianza che giustificano qualsiasi colpo di teatro.

Autori, registi, attori e persino i costumisti devono calarsi nel genere sapendo perfettamente che il rischio della deriva soprannaturale è dietro l'angolo e il flop è sempre in agguato. Per dirla con le parole di Cersei Lannister, personaggio della serie che definire controverso è un eufemismo, "al gioco del trono, o si vince o si muore" e giunti alla quarta stagione, l’impressione è che la HBO abbia vinto la scommessa.

Il punto di forza principale di questa narrazione va identificato nella capacità degli autori di mantenere costante la tensione etica e morale dei personaggi, facendoli agire in un quadro di realtà immaginario di chiara ispirazione medioevale/mitologico ma che si richiama apertamente all’interrogativo sulla natura del potere. I sontuosi dialoghi che vengono attribuiti a ciascuno dei personaggi alludono continuamente all’impossibilità di distinguere stabilmente ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, tra bene e male, tra verità e menzogna. Il gioco del potere, che si esprime attraverso la guerra e la diplomazia, acquisisce dunque una profondità umana che rende possibile e plausibile anche le più terribili vendette, perché frutto di conflitti interiori nei quali lo spettatore può riconoscersi e specchiarsi facilmente.

Qua e là qualche sbavatura è stata commessa, in particolare durante la seconda stagione che sembra sfidare apertamente la pazienza anche del fan più fedele, intrecciando vorticosamente personaggi e storie di cui è facilissimo perdere il filo. Così come troppo spesso si cerca di solleticare il voyeurismo degli spettatori con frequenti nudi e pruriginose scene di sesso. Tuttavia, la visione d’insieme è davvero entusiasmante, anzi, una volta superato lo scoglio della seconda stagione, seguire le vicende di Tyrion, Jaime e Cersei Lannister, di Sansa, Arya e Robb Stark, di Khal Drogo e Daenerys Targaryen diventa un richiamo fortissimo verso il divano; insomma, il rischio dipendenza è sempre dietro l’angolo, soprattutto dopo lo shock dell’eliminazione dal Mondiale che priverà tutti noi di serate fra amici in salotto o in piazza davanti ai maxischermo.

Forse ci si potrà terapeuticamente consolare proprio con le epiche vicende del Trono di Spade che ci ricordano continuamente l’essenza della condizione umana: anche di fronte alla peggiore sconfitta, anche quando il futuro ci appare cupo, non ci resta che resistere e combattere a testa alta, con la dignità e la consapevolezza che, prima o poi, tutto finisce.

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