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La lettera

Papa Giovanni Santo amato in Valle Imagna ma dimenticato dal clero

Una lettera che "non vuole offendere nessuno, ma che è una presa d'atto" spiega Stefano Frosio che da Sant'Omobono Terme scrive una riflessione sulla canonizzazione di Papa Giovanni XXIII, figlio della Valle Imagna.

Una lettera che "non vuole offendere nessuno, ma che è una presa d’atto. Come ha detto il Papa Francesco che ci esorta a stimolare i nostri pastori, io ho preso carta e penna" spiega Stefano Frosio che da Sant’Omobono Terme scrive una riflessione sulla canonizzazione di Papa Giovanni XXIII, figlio della Valle Imagna. E non manca di fare un appunto ai sacerdoti bergamaschi, poco attivi nel celebrare e nel tener viva la memoria di Papa Giovanni XXIII.

 

Egregio Direttore, desidero esprimere un disappunto, che non è peraltro solo personale, ma è molto diffuso in Valle Imagna, per come è stato trascurato, anzi minimizzato un evento storico quale la canonizzazione di Papa Roncalli, che nella nostra terra ha le sue radici. In pratica ci si è limitati a guardare, a fare gli spettatori.

Chi ha potuto, come chi scrive, è andato a Roma ed ha vissuto la gioia e l’entusiasmo per una giornata che rimarrà memorabile. La maggior parte ha dovuto accontentarsi di guardare la splendida cerimonia alla televisione. E questo sta senz’altro bene. Non sta per niente bene invece che gran parte delle nostre autorità, soprattutto quelle religiose, non abbiano sentito il dovere di farsi promotrici in prima istanza di celebrazioni, iniziative, manifestazioni per aderire, condividere, compartecipare ad una data che rimarrà straordinaria e che non si ripeterà.

Papa Giovanni, a distanza di oltre mezzo secolo dalla sua morte, rimarrà nel cuore di tutta l’umanità e non solo dei cristiani, per il vento di primavera, di apertura, di bontà che ha portato nel mondo. Il suo magistero più alto è stata la bontà e tutti lo ricordano come "il Papa Buono", il Papa del sorriso, della carezza ai bambini, delle lacrime da asciugare.

Noi, come Valle Imagna, Valle che ha dato i natali alla famiglia Roncalli – e lo stesso Pontefice ci teneva a ricordare queste sue origini, di cui andava fiero, come della bergamaschità – dovevamo essere in prima linea nel fare festa, nel celebrare con massima letizia un figlio che si è fatto amare e benvolere dall’umanità, che ha segnato la storia, che è arrivato alla gloria degli altari.

E invece ci siamo distinti per non aver fatto niente e la responsabilità di questo stato di cose, di questa ingiustificabile passività non può certamente essere addossata alla gente, che al contrario sente il profumo della grandezza e della santità del "suo" Papa e si sarebbe aspettata qualche sottolineatura speciale nelle nostre chiese, nelle nostre parrocchie, soprattutto in quelle che più di altre sono legate alla famiglia e al casato dei Roncalli, quindi Sant’Omobono, Corna Imagna, e in particolare il santuario della Cornabusa, che è stato il santuario del cuore e nel cuore di Papa Giovanni.

Qui, il futuro Papa, è salito per tutta la vita e ha legato a questo santuario i momenti più alti e significativi della sua vocazione: da seminarista, da giovane prete, da segretario del vescovo Radini Tedeschi, da vescovo, nunzio apostolico, cardinale, patriarca di Venezia.

Fu proprio Papa Giovanni a presiedere i solenni e storici festeggiamenti per i 50 anni dall’incoronazione dell’effige della Cornabusa. Il minimo che ci si potesse attendere, è che non si vivesse di riflesso con una Messa celebrata da un Cardinale che ha voluto di sua iniziativa salire alla Cornabusa per rendere onore al Papa del Concilio, e con un concerto. Era molto, molto di più quello che si poteva e doveva fare per unirci come Valle Imagna a questo grandioso giorno. Peccato non aver saputo cogliere e valorizzare questa eccezionale opportunità che per noi doveva essere un dovere di riconoscenza per il bene che Papa Giovanni ha voluto alla nostra gente e alla sua terra.

Stefano Frosio

Sant’Omobono Terme

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