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Mondiali che storia

1930, l’Uruguay campione e l’arbitro terrorizzato dal derby sudamericano

Primo appuntamento con la rubrica dedicata alla manifestazione calcistica più amata e importante. Si parte con la prima tappa sudamericana vinta dall'Uruguay di Horacio Suppici. Tante le curiosità, a partire dall'arbitro della finale che pretese un'assicurazione sulla vita per i famigliari prima della gara decisiva.

Parte oggi, con questo primo servizio, la nuova rubrica "Mondiali, che storia" che Bergamonews vuole offrire ai suoi lettori in vista del grande evento brasiliano che si aprirà a San Paolo il prossimo 12 giugno. Una serie di articoli, corredati con foto e video, che serviranno a ripercorrere la splendida storia della manifestazione calcistica più importante che ogni quattro anni raduna in un’unica nazione le rappresentative più forti del mondo. Dal trionfo casalingo del fortissimo Uruguay del 1930 arriveremo a Sudafrica 2010, con la meritatissima vittoria della Spagna. Un cammino ricco di emozioni indimenticabili, gol straordinari, partite storiche e curiosità spesso dimenticate che, ci auguriamo, possa appassionare e divertire tutti i lettori che ne vorrano fare parte, anche quelli che il calcio non lo seguono o hanno smesso di amarlo per colpa degli ultimi tristi fatti di cronaca che, permetteteci di dirlo, col mondo del pallone hanno ben poco da spartire. Buona lettura.

 

di Luca Bassi

L’IDEA – Zurigo, Svizzera. E’ il 1928. Il presidente della Fifa Jules Rimet ha voglia di proporre una novità, qualcosa che possa dare la scossa a un movimento, quello calcistico, che sta attirando su di sé sempre maggiori attenzioni. L’idea geniale di un nuovo torneo che possa riunire tutte le nazionali del pianeta arriva in una sera dell’aprile 1928. Due anni dopo l’intuizione diventa realtà: il primo Campionato del mondo è pronto a prendere il via.

IL PRIMO PAESE ORGANIZZATORE – Il paese scelto per l’organizzazione del grande evento è l’Uruguay che, proprio nel 1930, festeggia il centenario della liberazione dagli spagnoli e della nascita della Costituzione uruguaiana. Rimangono a bocca asciutta l’Italia (che, per rabbia e delusione, decide di non partecipare), la Svezia, i Paesi Bassi, la Spagna e la Svezia, che nei mesi precedenti hanno sognato fino all’ultimo di ottenere la prestigiosa nomina finita invece, con qualche sorpresa, in Sud America.

L’inesperienza e il "martedì nero" del 1929 condizionano pesantemente l’organizzazione, con l’Uruguay che riesce comunque a costruire un terzo stadio capace di ospitare le gare più importanti: il 18 luglio 1930, con cinque soli giorni di ritardo rispetto alla tabella di marcia, la partita tra la Nazionale di casa e il Perù segna l’inaugurazione dell’Estadio Centenario, costruito col tempo record di otto mesi dall’architetto Juan Antonio Scasso che, per l’occasione, si avvale della manodopera di cento operai che per 245 giorni lavorano senza sosta, dandosi il cambio ogni 8 ore di durissimo lavoro.

IL VIAGGIO – Una delle storie più curiose del Mundial 1930 è senza dubbio quella legata al Conte Verde, il piroscafo italiano su cui il 21 giugno 1930 salpano da Genova le nazionali di Romania, Francia e Belgio, assieme al presidente della Fifa Rimet, alla coppa (ben custodita nella cassaforte della nave) e ai tre arbitri europei, i belgi Langenus e Christophe e il francese Balway. A bordo dell’imbarcazione ci sono anche un vastissimo numero di emigranti in cerca di fortuna, di cantanti lirici in viaggio di lavoro e di borghesi in cerca di relax. A fare notizia è proprio la rabbia di quest’ultimi che, vedendo tutti quei giovani che si allenano sui ponti (sparando diversi palloni in mare), si chiedono come sia possibile che una simile manodopera venga sprecata in quel modo.

IL PRIMO GOL – Alle 15 del 13 luglio 1930 prendono il via le prime tre gare del Campionato del mondo: sono Francia-Messico 4-1 e Stati Uniti-Belgio 3-0. Il primo gol mondiale lo firma il francese Lucien Laurent che qualche anno dopo commenterà: "Fummo tutti contenti ma esultammo con estrema moderazione, qualche stretta di mano e via. Nessuno si rese conto che eravamo appena passati alla storia. Non ci fu neanche dato un compenso: eravamo tutti dei dilettanti a tutti gli effetti". Il Mondiale di calcio è diventato una realtà a tutti gli effetti.

QUATTRO GIRONI – Le tredici squadre partecipanti sono raggruppate in quattro gironi (tre da tre, uno da quattro): se i primati di Argentina e Uruguay non sono delle sorprese, lo stesso non si può dire per la Jugoslavia che piega tra lo stupore generale il quotato Brasile. Il quarto gruppo vede trionfare gli Stati Uniti. Tutto facile anche in semifinale per le due superpotenze che si sbarazzano delle rispettive avversarie con un identico 6-1: la finalissima è Uruguay-Argentina, la rivincita della finale olimpica del 1928 vinta, allora, 2-1 dalla Celeste e considerata da molti "la partita più bella della storia".

TENSIONI PRE-FINALE – L’ultimo atto della manifestazione è avvolto nella tensione più totale. I calciatori di entrambe le compagini subiscono minacce di morte e, in particolare, agli argentini viene "vietato" di dormire nella notte della vigilia: un grande gruppo di tifosi uruguaiani si piazza all’esterno dell’hotel che ospita i rivali e inizia a intonare cori e canzoni per ore ed ore, sostenuto dalle guardie locali che non fanno molto per impedire gli schiamazzi. Il clima caldissimo incute timore a tutti, arbitro compreso (il belga Langenus) che, prima di accettare la direzione della finalissima, pretende un’assicurazione sulla vita per tutti i familiari e – udite udite – una nave pronta a portarlo in Europa entro un’ora dal fischio finale qualora le cose si fossero messe male.

LA FINALE – Montevideo, 30 luglio 1930. Sulla capitale uruguaiana cade una fitta neve. Più di 93mila spettatori si stanno radunando nel monumentale Stadio Centenario. Le disavventure del direttore di gara non sono finite dal momento che il fischietto belga viene arrestato – e subito rilasciato – all’ingresso dello stadio, un’ora prima del fischio d’inizio, accusato di essere un mitomane: già 13 persone, prima di lui, si sono presentate come "l’arbitro della finale" e la confusione la fa da padrona.

La tensione si taglia a fette e c’è chi come Anselmo, fuoriclasse dell’Uruguay, non regge e poche ore prima della partita decisiva decide clamorosamente di non scendere in campo. 

Alle 15.30 la finalissima del primo Mondiale di calcio sembra pronta per prendere il via ma negli spogliatoi scoppia una lite tra le due squadre: quale pallone utilizzare per il match? Quello portato dagli ospiti o quello dei padroni di casa? A stemperare gli animi ci pensano i vertici della Fifa: nel primo tempo palla argentina, nella ripresa palla uruguaiana.

Spinto da un caloroso pubblico l’Uruguay passa in vantaggio al 12′ con Dorado. L’Argentina risponde al 21′ con il gol del pareggio di Peucelle, al quel fa seguito al 45′ la rete del sorpasso firmata Stabile. Nell’intervallo esplode la rabbia del leader della Celeste Andrade: "In casa nostra con l’Argentina dobbiamo vincere a tutti i costi". La scossa porta i suoi frutti: al 12′ Cea pareggia e al 22′ Iriarte riporta i padroni di casa avanti. Gli argentini cercano il pari in tutti i modi ma al 44′ una prodezza di Hector Castro (detto El Mondo per via di un incidente che a 13 anni gli ha fatto perdere la mano destra) regala la vittoria ai padroni di casa. L’Uruguay è campione del mondo.

URUGUAY SUL TETTO DEL MONDO – Nel Paese dei campioni scoppia la festa: la gente si riversa per strada, i calciatori della Celeste vengono portati in trionfo, il governo dichiara due settimane (sì, due) di festa nazionale. In Argentina, al contrario, scoppia il finimondo col consolato uruguaiano preso a sassate per più giorni e i giocatori sconfitti in finale insultati in tutti i modi e definiti a più riprese "codardes".

Restano così la prima coppa Rimet nella bacheca dell’Uruguay e una manifestazione che, nonostante i tantissimi problemi riscontrati, ha entusiasmato tutti. L’esperimento, se così si può ancora chiamare, è riuscito. E va ripetuto al massimo tra 4 anni.

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