“Siamo l’unica classe dirigente di questo paese che funziona e che disegna il futuro, siamo gli unici in grado di ridistribuire reddito e ricchezza. Dobbiamo accettare questa sfida”. Alberto Baban, da pochi mesi presidente nazionale della Piccola Industria di Confindustria, per la prima volta a Bergamo, parlando agli imprenditori bergamaschi riuniti per l’assemblea, ha decisamente volato alto, lasciando da parte i numeri e puntando sull’orgoglio, sull’importanza del ruolo e sulla consapevolezza del difficilissimo passaggio che sta vivendo il paese. E non ha certo smorzato i toni. “Siamo i nuovi partigiani – ha insistito – siamo in guerra, dobbiamo reagire, dobbiamo farci rispettare.
Siamo chiamati ad un nuovo rinascimento”. Per l’imprenditore padovano alle eccellenze locali si contrappone l’inefficienza nazionale e lo scollamento è totale.
“Non è concepibile – ha evidenziato – che le risorse europee vengano semplicemente disperse per totale incapacità. Le imprese del nord dal 2007 ad oggi hanno performato meglio della Germania, poi abbiamo per contro la totale incapacità di gestire l’impresa Italia”.
La sfida più importante è per il presidente dei Piccoli mantenere il forte legame con il territorio, con la comunità.
“Solo così – ha precisato – l’impresa è veramente tale, è creatrice di ricchezza. Questo ruolo va compreso e salvaguardato. E’ un ruolo fondamentale, noi siamo il tessuto sociale. In questa ottica alcune imprese non aveva senso che rimanessero, perché non hanno colto questo ruolo, ma altre vanno assolutamente salvaguardate e accompagnate al cambiamento”.
Pur fra mille problemi, anche legati a fattori esterni ma decisivi, fra cui l’euro troppo forte che mina ulteriormente la competitività, non manca la speranza per la crescita d’importanza delle aziende italiane “perché c’è sempre più bisogno di chi sa fare le cose per bene, con creatività, magari mettendosi in rete, perché il mondo non può accettare la dimensione minima”. Assurda è, secondo Baban, anche la polemica su dove indirizzare i tagli fiscali, perché “vuol dire che si confonde il reddito d’impresa, che va ridistribuito, con il reddito dell’imprenditore”.
Infine lancia un vero e proprio appello agli imprenditori “Non dobbiamo farci fregare, non dobbiamo pensare che l’inefficienza sia più forte di noi”.
Rossana Pecchi
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