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Bergamo

Il destino feroce e tragico di John Gabriel Borkman sul palco del Donizetti

John Gabriel Borkman. Torna la prosa a teatro Donizetti da martedì 11 a domenica 16 marzo. Grandi ambizioni muovono il protagonista di questo testo di Ibsen: un’analisi lucida, filosofica e poetica, ma anche concretamente feroce.

Massimo Popolizio, Lucrezia Lante Della Rovere da martedì 11 a domenica 16 marzo sono sul palco del Donizetti con un grande classico di Henrik Ibsen: John Gabriel Borkman.

Un’analisi lucida, filosofica e poetica, ma anche concretamente feroce e tragicomica del destino che fa di ognuno un prevaricatore, un umiliato e offeso, che fa di ogni affermazione vitale anche un gesto di violenza.

John Gabriel Borkman di Henrik Ibsen con la traduzione Claudio Magris e la regia Piero Maccarinelli. Insieme a Massimo Popolizio e Lucrezia Lante Della Rovere, Manuela Mandracchia, Mauro Avogadro, Alex Cendron, Ilaria Genatiempo e Camilla Diana.

Scritto da Ibsen nel 1896, questo dramma in quattro atti mette il protagonista a fuoco fin dal titolo, pur venendo questi in scena soltanto nel secondo atto. Ma è l’attesa della sua presenza, il racconto di lui, delle sue azioni, della sua detenzione conseguente a un manovra economica azzardata, da parte della moglie e dalla sorella gemella della donna, venuta in visita nella casa dove Borkman si è auto-recluso da quando è uscito di prigione, a rendere già fuori scena l’uomo protagonista e dominatore del dramma. 

Grandi ambizioni muovono il protagonista di questo testo di Ibsen. Come nelle sue ultime opere, il centro di interesse è la creazione di un percorso di vita: grandi uomini con grandi progetti che si scontrano con il senso ultimo del loro operare, rispetto a sé e rispetto alla vita.

Borkman, nel suo percorso di creazione, ha avuto un lungo stop, poiché è stato condannato ad otto anni di prigione. Brillante banchiere incorso in un fallimento finanziario di grandi dimensioni, da genio della finanza si ritrova ad essere un fallito. Toccato dal disonore, dissolta la stima degli altri nei suoi confronti, non sembra però disposto a considerarsi un vinto e continua a non avere dubbi sul valore demiurgico di quella che lui considera la sua missione. Si sente un creatore finanziario, quasi un artista della finanza, per la potenza visionaria del suo intendere.

Con lui, il suo solo amico, Foldal, suo ex collaboratore, autore di un testo mai pubblicato, creatore quindi a sua volta di qualcosa che non vedrà mai completamente la luce.

La depressione collegata alla creazione sembra affacciarsi fra le pagine del testo, che incrocia la vicenda del finanziere a quella delle due sorelle Rentheim – la moglie e l’ex amante consumata dalla malattia. Due sorelle che hanno avuto lo stesso uomo, John Gabriel, senza tuttavia averlo mai completamente posseduto.

Ecco un altro confronto a tutto campo: la vita. Il confronto è sulla vita, chi dà la vita e chi la rende appetibile, piena, degna di essere vissuta; e chi, invece, non ha potuto avere la gioia di dare la vita.

E poi l’altra generazione, i figli ventenni con molte meno speranze creative, consci della limitatezza del loro agire nel mondo. Si crea, ma non per l’eternità. Si deve soprattutto bruciare la vita, aggredirla a morsi e viverla non nell’attesa del compimento di un progetto, ma nella certezza della sua violenza e brevità. Gli ideali grandi di Borkman e delle sorelle Rentheim non valgono né per Frida Foldal, né per il giovane Borkman.

Piero Maccarinelli, il regista, così scrive: «Credo che tutto questo sia un materiale violentemente contemporaneo, con un plusvalore, se ad interpretare questo grande testo è una generazione di attori che ha potuto sfiorare le utopie da un lato e che ne ha visto la devastazione dall’altro. Un Borkman della mia generazione, dunque, dove l’attrazione erotica, l’eros ed il thanatos siano generazionalmente percorribili.

Ed ecco la scelta di Massimo Popolizio, Manuela Mandracchia e Lucrezia Lante Della Rovere nei tre ruoli principali.

Un Borkman per provare a comunicare ai nostri contemporanei le geniali parole di Ibsen, in un’ambientazione volutamente essenziale e più vicina a noi».

Scene da un’idea di Carlo De Marino, costumi Gianluca Sbicca, luci Umile Vainieri, musiche Antonio Di Pofi, produzione Artisti Riuniti, in collaborazione con Teatro Eliseo.

Biglietti, da euro 11 a euro 30.80, in vendita presso la Biglietteria del Teatro Donizetti, aperta da lunedì a sabato dalle ore 13 alle ore 20.

www.teatrodonzetti.it

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